Glossario

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SHANKHYA

 
(San.) - Sistema ortodosso di filosofia fondato dal Rishi Kapila; è una delle sei Darsana, o scuole di filosofia indù. Si tratta di un sistema analitico-metafisico, basato sugli aforismi di Kapila, che alcuni considerano associato allo Yoga, ma non certo alla sua forma classica, dal momento che il Shankhya Karika è molto più tardo. (Vedi anche "Sankhya"). Shankhya e Yoga hanno uno sfondo dottrinale comune: il primo non ammette l'esistenza di Dio, il secondo la postula. L'esposizione più antica del Shankhya si trova negli scritti di Isvara-krishna (IV sec. d.C.), un'opera molto concisa di 72 versi che, a causa proprio dell'estrema sintesi, provocò un gran numero di commentari. Shankhya e Yoga ammettono due sostanze opposte ed eterne: purusha (le anime infinite e semplici) e prakriti (la natura naturante). Quest'ultima, secondo il Shankhya, è formata da tre guna (forme o modi di essere): sattva (bene, intelligenza), rajas (passione ed energia), tamas (tenebra, resistenza, fondamento). L'Ahamkara (principio di individuazione) si evolve su tre direttrici diverse, a seconda del guna predominante. Manas è il sesto senso, quello che raccoglie il contenuto degli altri cinque e ad essi reagisce. Vedere in proposito la Tabella di Evoluzione della Prakriti. Il coinvolgimento di purusha in prakriti provoca dolore, l'anima è trascinata nel ciclo samsarico ed i cicli di reincarnazione continuano. Il ciclo individuale si interrompe quando l'essere prende coscienza della diversità esistente fra purusha e prakriti, fra purusha e buddhi (la psiche). Cessata la ignoranza, si spezza il legame fra l'anima e la materia, e l'anima può tornare alla sua purezza ed alla sua origine.

SUFISMO

 
(Gr.) - Scuola ascetico-mistica araba che deriva il suo nome dalla radice di Sophia, "Saggezza", mentre alcuni pensano derivi da suf, la veste di lana indossata dai primi asceti musulmani. Essa è del tutto estranea allo spirito genuino dell'Islam primitivo, ed è caratterizzata da un grande senso dell'amore per la divinità. Il suo più grande rappresentante è al-Ghazzali; suoi grandi nemici sono gli hanbaliti, gli sciiti e gli ibaditi. Questa setta mistica della Persia è in qualche modo simile ai Vedantini; sebbene molto numerosi, solo uomini intelligenti si unirono a loro. Reclamano, giustamente, di essere i possessori della dottrina e della filosofia esoterica vera di Maometto. La dottrina Sufi (o Sofi) va molto d'accordo con la Teosofia, soprattutto quando predica un credo universale ed esprime rispetto e tolleranza per ogni fede popolare exoterica. Ed ha anche punti di contatto con la Massoneria. I Sufi hanno quattro gradi e quattro stadi di iniziazione: (1) murid (aspirante), probatorio, con una stretta osservanza esteriore dei riti Musulmani, mentre vengono spiegati al candidato i significati nascosti di ogni cerimonia e dei dogma; (2) salik (progrediente), stadio dell'addestramento metafisico; (3) wasil (arrivato), il grado della "Saggezza", quando il candidato viene iniziato alla più intima natura delle cose; (4) la Verità finale, quando l'Adepto ottiene i divini poteri e la completa unione con la Divinità Unica Universale nell'estasi o nel Samadhi. Due i sentimenti fondamentali: pentimento di ogni minima colpa, perenne soddisfazione per quanto avviene di bene o di male. Indispensabile è la guida di un maestro che guida i discepoli verso gli stati mistici, facendoli conseguire non come risultato di sforzi, ma come elargizione di Dio.

TAINE Hippolyte Adolphe

 
(Fr.) - Vouziers 1828, Parigi 1893. Storico, critico e filosofo francese, studiò alla Ecole Normale e dopo un periodo di insegnamento in provincia, cercò fortuna a Parigi dove si laureò con un saggio su La Fontaine, che lo rese famoso. Ebbe la cattedra di Estetica e di Storia alla Scuola delle Belle Arti di Parigi, compì viaggi in Italia ed in Inghilterra di cui lasciò ampie relazioni. Sorpreso in Germania dallo scoppio della guerra franco-prussiana, sentì risvegliarsi in lui l'amor di patria e si diede alla ricerca dei mali che affliggevano la Francia scrivendo la sua monumentale opera storica "Le Origini della Francia contemporanea". Allo spiritualismo eclettico che dominava l'ambiente accademico della Francia dell'epoca, Taine oppose una critica pungente e circostanziata che, esaminando criticamente le dottrine psicologiche, tentava la sintesi di tre diverse correnti: l'idealismo hegeliano, il fenomenismo di Mill ed il positivismo evoluzionistico di Spencer. Egli voleva ridurre la filosofia a psicologia, tentando la dissoluzione del sostanzialismo spiritualistico e del dogmatismo metafisico relativo all'anima ed al mondo esterno. Molto importanti sono anche le sue tesi nel campo dell'estetica dove tentò di stabilire dei criteri per disporre le opere d'arte in una ideale scala di valore.

TEODICEA

 
- "Diritto divino", cioè il privilegio di un Dio, del tutto misericordioso e giusto, di far soffrire l'innocente, dannare i predestinati, rimanendo tuttavia una Divinità d'amore e di giustizia : teologicamente, un mistero. Leibniz la intende come "giustificazione di Dio rispetto al problema del male nel mondo e del libero arbitrio umano"; Kant la definisce "difesa della suprema saggezza dell'autore del mondo contro chi lo accusa in nome di quanto in esso appare di negativo". Ma si tratta di inutili tentativi, poiché il problema della condizione umana rispetto a Dio, creatore ed ordinatore del mondo è tuttora irrisolto. L'esigenza di una giustificazione della divinità e del suo operato sorge soprattutto nelle religioni che hanno un concetto etico della divinità, oltre che religioso. Già i popoli primitivi vedevano nell'Essere Supremo un datore di bene e di male, e miti successivi hanno preteso di introdurre il male non come opera di Dio, ma come turbamento dell'ordine iniziale. In qualche caso tale turbamento diventa un peccato originale da cui scaturisce una trasformazione dell'essere divino in umano, con conseguente tormento esistenziale e morte. Presso certi popoli si sviluppa un dualismo nel quale l'Essere Supremo lotta contro un eroe che intralcia la sua opera; I Greci la bontà è degli Dei, la cattiveria degli uomini; nelle religioni sorte da esigenze etiche, il dualismo è radicale: Ormadz ed Arimane, ad esempio; in India il male è identificato con la stessa esistenza umana per cui, prima ce se ne libera meglio è. Gli antichi Ebrei attribuivano il male esclusivamente agli uomini, ma le sofferenze di Giobbe, uomo timorato e giusto, non potevano essere spiegate ed allora ecco la soluzione: "la finitezza dell'intelletto umano non può comprendere l'incommensurabilità del pensiero divino". Si inventa l'escatologia: il male dei cattivi sarà punito, il male dei buoni è necessario per dare loro la beatitudine eterna. Il cristianesimo risolve il problema del male e del peccato con la figura di Gesù Cristo, il Salvatore, che con la sua incarnazione porta la grazia al genere umano. Per S.Agostino, il male è un "non-ente" (forse per quanti stanno a guardare) ed è estraneo alla Natura (come dire che quanti subiscono il male vengono trasferiti temporaneamente in altra dimensione). A facilitare la comprensione, il male viene suddiviso in fisico, morale e metafisico: il primo è fonte di beatitudine, il secondo spiana la strada verso l'inferno, il terzo è misterium magnum. Crediamo di concludere con un ragionamento semplice: se Dio è l'Assoluto ed autore di tutte le cose, il male è una sua creazione. Quanto poi a capire perchè lo abbia creato, questa è altra cosa, a tutti ignota, sulla quale ciascuno può pronunciarsi come meglio crede.

UNIVERSO

 
(Eso.) - L'Universo nasce dalla Madre ( 0 ) e dallo Spirito ( 1 ), dall'Essenza che sempre procrea e dall'Intelligenza che la dirige. Aether e Chaos, Mente e Materia, i due principi primordiali, di cui il primo è intellettuale e tutto vivifica, mentre l'altro è passivo, senza forma nè ragione. In quasi tutte le mitologie, il principio materiale è acqueo, mentre quello spirituale è aereo; acqua ed aria, beninteso, non vanno considerati come gli elementi a noi noti. Lo Spazio è il contenitore ed il corpo dell'universo, ed è composto da sette elementi. La Parola creatrice è considerata il principio seminale dell'universo e di ciò che vi è in esso, mentre Mercurio è il Principio umido, l'Acqua primitiva o elementare, contenente il seme dell'universo, fecondato dal Fuoco solare. L'Universo, e tutte le cose che contiene, sono messi in moto dal Soffio del Potere sempre sconosciuto; per tale motivo vengono talvolta simbolizzati dalla svastika, o dalla croce astronomica dentro al cerchio, o dal globo con due ali degli Egizi. Per gli Gnostici, l'Universo, sia fisico che metafisico, era contenuto nelle cifre del numero 10, la decade pitagorica, e poteva essere espresso mediante queste cifre: La decade rappresenta l'Universo e la sua evoluzione dal Silenzio e dall'Abisso sconosciuto dell'Anima Spirituale, o Anima Mundi. Secondo la filosofia indù, l'universo è un immenso aggregato di vari stati di coscienza impermanenti; la sola condizione permanente è lo stato di perfetta incoscienza, o non-coscienza, il semplice cidakasham. Tutte le forme che esistono nell'universo debbono avere la loro forma astrale, il loro prototipo o archetipo, come ogni opera umana deve avere un modella nella mente perchè possa essere realizzata. Gli Egizi rappresentavano l'universo con due cerchi, uno sopra l'altro, attraversati da un serpente con il capo da sparviero. Per i Greci era Argo, il cui capo raffigura il cielo, gli occhi le stelle, i capelli la vegetazione, il corpo la terra, le ossa i metalli e le pietre. Ma anche Pan era talvolta inteso come la rappresentazione dell'universo: la sua faccia rossa significava l'aria, le due corna il sole e la luna, la pelle di pantera era la varietà delle stelle, la parte inferiore, pelosa, era la vegetazione, i piedi di capra dimostravano la solidità e la stabilità della terra, la zampogna dalle sette canne era l'armonia settenaria del cielo, il bastone ritorto era l'anno che in sè stesso ritorna. E Pan è il "tutto" !

THORAH

 
(Eb.) - "Legge", compilata dalla trasposizione delle lettere dell'alfabeto Ebraico, un termine biblico che designa la dottrina impartita dai genitori ai figli, dai saggi agli stolti, dal sacerdote al popolo, e da Dio agli uomini mediante i profeti. Per antonomasia, si chiama Thorah la dottrina religiosa che la Bibbia espone come impartita da Mosè al popolo di Israele e che si raccoglie nel Pentateuco. Della "Thorah segreta" si dice che Attee-kah ("L'Antico degli Antichi"), prima di predisporsi in arti (o membra) per prepararsi alla manifestazione, volle creare una Thorah; questa ultima, prima di essere prodotta, si rivolse a Lui con le seguenti parole: "Chi desidera approntare e predisporre altre cose, dovrebbe prima di tutto predisporre Sè Stesso nelle Sue Forme appropriate". In altre parole, Thorah, la Legge ebraica, dogmatica ed intransigente, secondo quanto detto, che è interpolazione di qualche Talmudista posteriore, umiliò il suo Creatore fin dal momento della sua nascita. Quando crebbe e si sviluppò, la mistica Legge del Cabalista primitivo fu trasformata dai Rabbini e resa tale da rimpiazzare nella sua lettera morta ogni concetto metafisico; e così la legge Rabbinica a Talmudista rende asserviti a sè Ain-Soph ed ogni Principio divino, e volta le spalle alle vere interpretazioni esoteriche. I Cabalisti antichi consideravano la Thorah il prodotto unico della rivelazione divina, ed anche l'unico oggetto che poteva essere conosciuto dall'uomo nel suo stato assoluto, in un mondo dove tutte le altre cose erano relative. Essa conteneva la parola diretta di Dio e pertanto divenne oggetto di un originale modo mistico di meditazione. Il libro "Shimmushei Thorah" descrive gli usi magici della Thorah; la lettura della Thorah "secondo i nomi" ha un significato esoterico che permette di scoprire la concentrazioni del potere divino in varie combinazioni delle lettere dei sacri Nomi di Dio. Nella Thorah Dio espresse il suo Essere nella misura in cui tale Essere era pertinente alla Creazione e nella misura in cui poteva manifestarsi tramite la Creazione. La creazione della Thorah fu la ricapitolazione del processo mediante il quale le Sephirot e gli aspetti individuali dei Nomi Divini emanarono dalla sostanza di Ein-Soph. Dice il Midrash Tehillim : "Se i capitoli della Thorah fossero stati dati nel loro ordine esatto, chiunque li leggesse sarebbe in grado di resuscitare i morti e di operare miracoli". Ma la Thorah è anche un tessuto vivente, un corpo vivo, secondo la formulazione di Azriel di Gerona. Come un uomo è fatto di diversi organi con varie funzioni, così la Thorah è composta di capitoli ciascuno con il proprio significato, legati assieme da un unico schema organico. Ad essa non si può sottrarre una sola lettera senza ledere l'intero corpo. Essa può essere paragonata al corpo umano, ma anche all'Albero della Vita. Filone sostiene che questa concezione della Thorah ispirò la setta dei Terapeuti; essa ha un significato infinito, e molte luci si irradiano da ogni parola e da ogni lettera: ha 70 facce. La sua lettura è possibile attraverso quattro categorie convenzionali di interpretazione: Peshat (letterale), Remez (allegorica), Derash (ermeneutica od omiletica), Sod (mistica); le iniziali, integrate dai segni masoretici, formano la parola Pardes (giardino), da cui Paradiso.

VACCA

 
(Eso.) - In India, l'adorazione della vacca e del toro si basa sul fatto che la prima personifica la potenza produttiva (Surabhi, la Vacca dell'Abbondanza), ed il secondo il potere generativo della Natura. La Vacca è anche il simbolo animale della Luna e talora aveva come contrassegno la falce di Luna crescente. Ciò è solo una piccola parte del significato di questo simbolo, essendo esso uno dei più grandiosi e filosofici. Esotericamente lo troviamo fra i simboli che circondano Ardhanari, a rappresentare la quinta razza, quella Ariana. Secondo l'Aitareya Brahmana, Vach, la Vacca Melodiosa del Rig Veda dalla quale discende l'umanità, fu inseguita dal padre Brahma, in preda ad incestuosa voluttà. Per sfuggire a tale minaccia, essa fu mutata in cerco. Essa è Iside, Venere, la madre del Logos, che per Egizi ed Indù diventa il Toro. Nella filosofia esoterica, la vacca è la natura creatrice, il toro lo spirito che vivifica. L'idea di un "culto della vacca" è quanto mai errata e ingiusta. Nessun Egiziano adorava la vacca, nè qualche Indù adora oggi questo animale, anche se è vero che la vacca e il toro erano sacri in passato quanto oggigiorno, ma solo come il simbolo fisico di un ideale metafisico; proprio come una chiesa fatta di mattoni e malta è per il Cristiano civilizzato sacra in ragione delle sue associazioni e non per le sue mura. La vacca era sacra a Iside, la Madre Universale, la Natura, e ad Hathor, il principio femminile in Natura, le due dee essendo legate sia al sole che alla luna, come provano il disco e le corna (crescenti) della vacca. (Vedi "Hathor" e "Iside"). Nei Veda, l'Alba della Creazione è rappresentata come una vacca. Questa alba è Hathor, e il giorno che segue, o la Natura già formata, è Iside, poiché entrambe sono una, tranne che riguardo al tempo. La più antica Hathor è la "sacerdotessa delle sette vacche mistiche" e Iside, la "Divina Madre" è la "vacca con le corna", la vacca dell'abbondanza (o Natura, Terra) e, come madre di Horus (il mondo fisico), è la "madre di tutto ciò che vive". L'outa era l'occhio simbolico di Horus, il destro era il sole, e il sinistro la luna. L'occhio "destro" di Horus era chiamato "la vacca di Hator", ed era usato come un potente amuleto, come la colomba in un fascio di raggi, o di gloria, con o senza la croce, è un talismano per i Cristiani, i Latini e i Greci. Il Toro e il Leone che troviamo spesso in compagnia di Luca e Marco nel frontespizio dei loro rispettivi Vangeli nei testi Latini e Greci, sono spiegati come simboli - come è in realtà. Perchè non ammettere la stessa cosa nel caso dei Tori, delle Vacche, dei Montoni e degli Uccelli sacri degli Egiziani?

TIPHERET

 
(Eb.) - Nell'Albero della Vita, l'azione del quarto e del quinto sephirot si conciliano nella generazione di Tipheret che è Bellezza ed Armonia. Esso è al centro di tutto il sistema sephirotico, come il Sole lo è del suo sistema planetario. Non a caso ad esso è associato Ra, dio solare egiziano rappresentato con la testa di falco, oppure con un disco solare munito di ali sulla testa; ed in Grecia troviamo Apollo, Dio solare, l'aspetto più luminoso della mente ellenica. Nell'Idra Zuta, Tipheret è detto "la manifestazione più elevata della vita etica, la somma di tutte le virtù: l'Ideale". Ed anche Apollo era la forma spirituale dei raggi solari, della luce interiore ed intellettuale. A Tipheret si può accostare l'indù Hari, ovvero Krishna, l'avatar divino; ma anche Adone, Iacco, Rama, Asar sono provvisti di naturale bellezza e di alta coscienza spirituale. Altra grande figura per bellezza e dono spirituale è Dioniso, l'Iniziatore nei Misteri Eleusini, trasformato in leone: il Sole trova la sua più grande esaltazione nella costellazione del Leone ! Nel Pantheon scandinavo è Baldur il Dio favorito dalla Natura, il figlio di Odino e Frigg, il migliore degli Dei. Piante sacre a Tipheret sono l'Acacia, simbolo massonico della Resurrezione, e la Vite. Il suo profumo è la Resina dello Olibano, il suo colore è il Giallo, il coloro del Sole. Tipheret è associato al Vau del Tetragrammaton, e pertanto è il Figlio; per tale motivo, nei Tarocchi lo troviamo: negli Arcani Maggiori quale figura degli Amanti, mentre in quelli Minori corrisponde ai quattro Principi (o Cavalieri, o Fanti), oltre che ai quattro sei per la sua sesta posizione nell'Albero della Vita. Attorno a Tipheret si raggruppa un esagramma di sephirot che lo Zohar chiama "Microprosopo", o Volto Minore. Nelle gerarchie angeliche corrisponde alle Potestà ed a Malachim, mentre si colloca nella sfera universale archetipica della conoscenza intuitiva. Con Chesed e Geburah, rappresenta la triade mediana, l'Anima universale, l'intermediario fra l'oggettivo ed il soggettivo. Tipheret esprime Bellezza, che è ordine, euritmia, sacrificio, perchè si dona affinchè le "tenebre possano risplendere". È dominato dal Sole e rappresenta la prima Iniziazione maggiore; l'occhio di Tipheret permette di vedere l'universo-vita in termini di armonia, accordo, ordine, comprensione. Esso è il Cristo-amore cosmico, il Maestro di Vita, il Cuore centrale; è il figlio di Kether, come Cristo è il figlio del Padre. Dicevamo che Tipheret corrisponde alla lettera Vau dell'alfabeto sacro ebraico. Essa esprime la potenza congiuntiva e creativa, la relazione che unisce i principi opposti, l'equilibrio fra il Cielo e la Terra. A Tipheret corrisponde il segno zodiacale del Toro, l'influenza planetaria di Venere, l'elemento terra. Ed anche il numero sei, il numero perfetto in sè, 3+3, 1+2+3, il simbolo del Cristo, natura umana e divina, unione ed equilibrio delle due nature. Tipheret si trova al centro del Pilastro dell'Equilibrio dell'Albero della Vita ed ha i seguenti altri nomi: Zohar Anpin, Melekh, il Re, Adamo, il Figlio, l'Uomo. È collegato all'arcangelo Raphael, ha come chakra mondano Shemesh, come virtù la devozione alla Grande Opera, come vizio l'orgoglio, come simboli: il Lamen, la Croce rosata, la Croce del Calvario, la piramide tronca, il cubo. Nell'uomo corrisponde al petto. Tipheret è il limite massimo della religione esoterica ed in essa Dio è reso manifesto attraverso la forma, e risiede fra noi, ossia nel campo della nostra consapevolezza. Per questo motivo, il Redentore si manifesta in Tipheret, mentre rimangono molto al di sopra i Misteri della creazione. Su questo punto è focalizzata tutta la religione cristiana, mentre quelle greca ed egizia si focalizzano in Yesod, e quella indù tende a Kether. Non bisogna dimenticare, però, che al di là di quel poco che si offre ai fedeli, in altra sede, più qualificata, la religione cristiana ha il suo aspetto mistico incentrato in Kether e quello magico incentrato in Yesod. Kether è metafisico, Tipheret è mistico, Yesod è psichico: questi tre punti del pilastro centrale dell'Albero della Vita sono il grande segreto sul quale si arrampica l'Iniziato.

VISIONE

 
(Occ.) - Come funzione sensoria è l'atto del vedere attraverso gli occhi, ma il termine viene usato prevalentemente come vista, o apparizione, di cose soprannaturali, in sogno o in momenti di grande astrazione della mente. Visioni eccezionali si sono avute in tutte le civiltà ed in tutte le tradizioni religiose; in proposito vi è un'ampia letteratura detta, appunto "visionistica". Le visioni si presentano al soggetto come relative ad una realtà sovrasensibile, inaccessibile ai modi usuali di conoscenza, e l'esposizione delle circostanze all'interno delle quali si attuano, comprende per il protagonista una sospensione dello stato di coscienza vigile; può trattarsi di sogno, di catalessi, di estasi, o di altro. Nel mondo primitivo, gli stati onirici o le condizioni estatiche sono istituzionalizzati e rappresentano una funzione normale del sapere e dell'agire; nella nostra società tutto ciò non è possibile, ed allora ecco che il contatto con "l'al di là" è solo ciarlataneria, fatto metafisico inaccessibile alla normale esperienza. Tralasciamo le infinite visioni che la letteratura antica ci ha tramandato: Platone, Cicerone, ed altri autorevoli personaggi, sono considerati credibili quando i loro scritti sono in linea con la scienza ufficiale, in tutti gli altri casi sono solo dei creduloni ! Uno strano modo, davvero, di leggere la storia ed i suoi protagonisti. Le visioni possono essere spontanee o indotte. Le prime sono concepite come inviate da esseri soprannaturali (Dio, le Divinità, gli antenati, ecc.) che si servono di esse per comunicare o rivelare qualcosa al soggetto umano. Queste visioni hanno avuto una parte considerevole nel fenomeno delle conversioni, non solo di tipo religioso, ma anche di costumi di vita. Paolo diventa cristiano per una visione sulla via di Damasco, un individuo diviene sciamano da un giorno all'altro, un essere umano diventa profeta, ecc. Importante, infatti, nella visione spontanea è lo aspetto divinatorio, quale regalo soprannaturale. Le visioni indotte, invece, vengono ottenute mediante tecniche estatiche che variano dalla meditazione all'uso di allucinogeni. Stregoni, sciamani, iniziati in stato di incubazione, ecc. vivono in condizioni come di sogno durante le quali hanno visioni di ogni genere. La religione cattolica non è immune da questi fenomeni (che, ovviamente condanna negli altri); quando la visione capita ad un cattolico, allora si tratta di cognizione di Dio e delle cose divine, di illuminazione soprannaturale, di vita beatifica che il beato vive in unione con Dio. Amen !

TRIKAYA

 
(San.) - Letteralmente, tre corpi o forme, come enunciato nella dottrina del Buddhismo Mahayana; essi vengono chiamati: Dharmakaya, Sambhogakaya e Nirmanakaya. È un insegnamento molto astruso che, comunque, una volta compreso, spiega il mistero di ogni triade o trinità, ed è un'autentica chiave per ogni simbolo metafisico triplice. La sua forma più semplice e comprensibile la si trova nell'Entità umana, con la sua triplice divisione in spirito, anima e corpo, ed anche nell'universo panteisticamente considerato come una unità composta da un Principio Deifico puramente spirituale, da Esseri Superni - suoi raggi diretti - e dall'Umanità. L'origine di ciò si trova negli insegnamenti dell'arcaica Religione-Saggezza o Filosofia Esoterica. Il grande ideale Panteistico dell'Essenza sconosciuta ed inconoscibile, trasformata in materia soggettiva, e poi in oggettiva, è alla radice di tutti questi tripli e triadi. Così troviamo nella filosofia del Buddhismo Settentrionale: (1) Adi-Buddha (o la Saggezza Universale Primordiale); (2) i Dhyani Buddha (o Bodhisattva); (3) i Manushi Buddha (o Buddha umani). Nelle concezioni Europee troviamo l'identica cosa: Dio, Angeli ed Umanità, teologicamente simbolizzati nell'Uomo-Dio. La Trimurti Brahmanica ed anche il triplice corpo di Shiva, nello Shivaismo, sono stati entrambi concepiti sulla stessa base, se non sulla scia delle linee degli Insegnamenti Esoterici. Quindi, non dobbiamo meravigliarci se questa concezione del triplice corpo - o i vestimenti del Nirmanakaya, del Sambhogakaya e del Dharmakaya, le più grandi dottrine della Filosofia Esoterica - è stata accettata, in forma più o meno travisata, da ogni setta religiosa, e spiegata del tutto erroneamente dagli Orientalisti. Così, nella sua applicazione generale, il triplice corpo simbolizza la statua del Buddha, i suoi insegnamenti, i suoi stupa; nelle sue concezioni ecclesiastiche, ai applica alla professione di fede Buddhista chiamata la Triratna, che è la formula di "prendere rifugio in Buddha, in Dharma ed in Sangha". La fantasia popolare attribuisce a Buddha l'ubiquità, mettendolo quindi alla pari di un dio antropomorfo ed abbassandolo al livello di una divinità tribale; il risultato è si cade in piatte contraddizioni, come nel Tibet ed in Cina. Ed allora la dottrina esoterica sembra insegnare che il Buddha mentre è nel suo corpo Nirmanakaico (passato attraverso 100.000 koti di trasformazione sulla terra), allo stesso tempo è un Lochana (un Dhyani-Bodhisattva celestiale) nel suo "rivestimento di assoluta completezza" Sambhogakaya, e in Dhyana, uno stato che dovrebbe tagliarlo fuori dal mondo e da tutti i collegamenti con esso; ed infine, per ultimo, oltre ad essere un Nirmanakaya ed un Sambhogakaya, egli è anche un Dharmakaya "di purezza assoluta", un Vairotchana o Dhyani-Buddha in pieno Nirvana! (Vedi Sanskrit Chinese Dictionary di Eitel). Questo è il guazzabuglio di contraddizioni, impossibili da riconciliare, che viene fornito dai missionari e da certi Orientalisti, circa i dogma filosofici del Buddhismo Settentrionale. Se non si tratta di intenzionale confusione di fronte ad una filosofia temuta dai sostenitori di una religione basata su inestricabili contraddizioni e su "misteri" protetti, allora è certo il prodotto dell'ignoranza. Come il Trailokya, il Trikaya ed il Triratna siano tre aspetti degli stessi concetti e debbono essere, per così dire, fusi in uno, è argomento ulteriormente spiegato in ciascuno di questi termini. (Vedi anche, in relazione a ciò, il termine "Trisharana").
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