Glossario

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ARJUNA

 
(San.) - Letteralmente, il 'bianco'. Il terzo dei cinque Fratelli Pandu o i ritenuti Figli di Indra (come Orfeo dal punto di vista esoterico). Un discepolo di Krishna, che lo visitò e sposò Subhadra, sua sorella, oltre molte altre mogli secondo l'allegoria. Durante la guerra fratricida fra i Kauvara e i Pandava. Krishna lo istruì nella più alta filosofia, mentre lo assisteva come auriga (Vedi Bhagavad Gita). Si dice sia disceso da Patala (l'America, dove abitavano i Naga, grandi Iniziati), gli antipodi, ed abbia sposato Ulupi, una Naga, figlia di Kauravya, Re dei Naga, o Nagi.

ARK

 
(Eg.) - Il cappio a forma di alfa greca, portato sulla fronte dalla più antica genitrice, Tifone dell'Orsa Maggiore, quale ideogramma di un periodo, una fine, un tempo, usato per indicare una rivoluzione. Astronomicamente è il percorso che nel cielo descrive l'Orsa Maggiore nei suoi spostamenti annuali.

ARKA

 
(San.) - Il Sole.

ARKITI

 
- Gli antichi sacerdoti che erano addetti all'Arca, sia a quella di Iside che all'Argua Hindù, e che erano sette di numero, come i sacerdoti del Tat Egiziano o di ogni altro simbolo cruciforme del tre e del quattro, la combinazione dei quali dà un numero maschile-femminile. L'Argha (o arca) era il quadruplice principio femminile, e la fiamma che brucia su di essa era il triplice lingham.

ARMAITA SPENTA

 
(Per.) - Lo Spirito della Terra o della materialità. In un certo senso è lo stesso che Arimane come Angra Mainyu.

ARMINIO

 
(Ger.) - Figlio di Segimero, re dei Cherusci, bellicoso popolo della Germania, servì da giovane nell'esercito romano ed ebbe da Augusto la dignità di cavaliere. Tornato in Germania, avendo sterminato nelle selve di Teutoburgo l'esercito di Varo, fu dai Germani considerato loro dio tutelare.

ARNOBIO

 
(Afr.) - Se ne conoscono due : il Vecchio ed il Giovane, entrambi scrittori. Il primo visse sotto Diocleziano, era Retore di Sicca, in Numidia, e maestro di Lattanzio. Scrisse 'Adversus nationes', una apologia del cristianesimo. Visse nel III secolo a.C. Il secondo era monaco e visse a Roma nel V secolo d.C., sotto il pontificato dei papi Sisto III e Leone Magno. Scrisse di esegesi con accenni mistici.

AROUERIS

 
(Eg.) - Il dio Harsiesi, o Arueri o Haroeri, che era il più antico Horus. Egli ebbe un tempio ad Ambos. Se teniamo presente la definizione dei principali dei Egiziani data da Plutarco, questi miti diverranno sempre più comprensibili; come egli giustamente dice: 'Osiride rappresenta l'inizio e il principio; Iside quella che riceve; e Horus l'unione di entrambi. Horus è generato tra loro, non è eterno nè incorruttibile, ma essendo sempre in generazione si adopera mediante le vicissitudini delle imitazioni e mediante periodiche passioni (risveglio annuale alla vita) a perdurare costantemente giovane come se mai dovesse morire'. Così, dal momento che Horus è il mondo fisico personificato, Aroueris, o 'Horus il vecchio', è l'Universo ideale; e questo dimostra il detto che 'egli fu generato da Osiride ed Iside quando essi erano ancora nel grembo della loro madre' - lo Spazio. Vi è invero un notevole alone di mistero riguardo a questo dio, ma il significato del simbolo diviene chiaro una volta che si è trovata la chiave di esso. Era un personaggio favoloso, lo stesso che Apollo per i Greci. Apparteneva agli Dei del terzo ordine, i quali venivano considerati forme o trasformazioni divine, venute a contatto con il mondo fisico per via dell'incarnazione. Era rappresentato con corpo umano, seduto su un trono, con testa di sparviero, e lo pschent, simbolo del potere che esso esercitava sia nelle regioni superiori che in quelle inferiori. Teneva in mano il Tau, simbolo della vita divina, e lo scettro con la testa di cucufa, sua insegna ordinaria.

ARPOCRATE

 
(Eg.) - Figlio di Iside ed Osiride, era venerato in Egitto come Dio del Silenzio. I Greci lo chiamavano Sigalion e gli antichi lo dipingevano sotto forma di un giovane poco vestito che reggeva con la mano sinistra una cornucopia, mentre con l'indice della mano destra sulle labbra raccomandava il silenzio. Accanto a lui era collocata una civetta, simbolo della notte, durante la quale tutto il mondo tace. Gli era consacrato il pesco le cui foglie, secondo Plutarco, più delle altre assomigliano alle labbra umane. La statua che lo simboleggiava era collocata sulla porta dei templi consacrati agli dei, per avvertire gli uomini che l'imperfetta conoscenza che essi avevano del divino non permetteva loro di tenere discorsi temerari in proposito. I Romani avevano fatto del silenzio una dea alla quale avevano imposto il nome di Muta e Tacita.

ARRIANO Flavio

 
(Gr.) - Nicomedia circa 95 d.C., Atene 172/180. Storico greco, studiò dapprima ad Atene, poi a Nicopoli sotto Epitteto di cui elaborò gli appunti pubblicati poi con il titolo 'Diatribe di Epitteto ed Enkeiridion di Epitteto'. Recatosi a Roma, entrò nella carriera politica e militare; fu inviato da Adriano a governare la Cappadocia. Si ritirò ad Atene dove, nel 147, divenne arconte eponimo (il governatore per antonomasia, quello cui spetta l'onore di dare il nome all'anno). Rivestì il sacerdozio a vita di Demetra e Core.
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