Glossario

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SCETTRO

 
(Occ.) - All'origine ha il significato di "bastone per appoggiarsi", poi, specialmente in oriente, diventa un lungo bastone armato d'oro e d'argento, portato da persone d'alto grado (giudici, sacerdoti, araldi), sia in segno di distinzione che come arma di difesa. Gli antichi attribuivano lo scettro a Giove, a Giunone, a Re e Principi. È solo in un secondo momento che diventa insegna e simbolo dell'autorità regia. Lo scettro è intimamente legato alla bacchetta del mago, di cui si parla altrove. I re etruschi avevano lo scettro eburneo, i Romani avevano lo scettro imperiale o trionfale, mentre gli Egizi simboleggiavano il re con uno scettro sormontato da un occhio, detto occhio del Sole; questo scettro veniva messo in mano al Sole, come emblema della visione di tutto l'universo e del suo giusto governo. Il Tau è anche detto scettro ad ansa, mentre l'Anukè è lo scettro a fiore di loto.

SHIVA

 
(San.) - Una delle divinità della Trinità indù, la Trimurti, composta da: Brahma (il Creatore), Vishnu (il Conservatore), Shiva (il Distruttore). Quest'ultimo ha anche altri nomi: quando presiede alla distruzione del mondo, passeggiando fra i cadaveri e cingendosi di tenebre, nella sua trasfigurazione prende il nome di Budra; quando svolge il ruolo di produttore gli è conferito il nome di Mahadeva. Egli, infatti, in ossequio alla filosofia indù che vede la produzione come seguito naturale della distruzione, è colui che, sotto forma mutata, fa risorgere ciò che ha distrutto. Shiva è exotericamente il distruttore delle forme umane; esotericamente è il riproduttore di queste forme, il principio fecondatore, il potere generatore che pervade l'universo. Per spiegare il processo distruzione-creazione, si fa l'esempio del seme che muore sotto terra per dare origine ad una nuova pianta. Per poter vivere come entità cosciente nell'Eternità, bisogna che le passioni ed i sensi muoiano prima del corpo umano. Vivere è morire, morire è vivere. La Trimurti rappresenta la più potente energia del Dio assoluto, Brahman. L'occhio di Shiva è il terzo occhio, quello centrale (fisicamente è la ghiandola pineale), l'occhio della vista spirituale; esso deve essere conquistato dall'Asceta prima che diventi un Adepto. Shiva è evoluzione e progresso perchè distrugge le cose sotto una forma per richiamarle alla vita sotto un'altra più perfetta. Egli eternamente distrugge e rimodella, fino alla grande svolta manvantarica. I Kumara sono detti sue incarnazioni, mentre come distruttore è chiamato Vamadeva, colui che rinasce ad ogni Kalpa in quattro giovani: quattro bianchi, quattro gialli, quattro rossi e quattro scuri. Shiva è un Asceta, il patrono degli Yoghi e degli Adepti. Egli è lo spirito stesso della Saggezza divina e del casto Ascetismo che si incarna in questi Eletti. Infatti, Rudra divenne Shiva dopo essersi sposato ed essere stato strappato dagli Dei ad una terribile vita ascetica. Shiva è Shankara, o viceversa, che nei Veda appare come Rudra, e tiene in mano il Pasha, simbolo del lingam e dello yoni, simile al nodo Ank egizio. Ed è anche Panchanana, colui che ha cinque facce, il cui culto è fin troppo filosofico per essere abbassato a livello fallico. Shiva è il principio del Fuoco e viene rappresentato dal triangolo con il vertice in alto, equivalente alla triplice fiamma che egli porta in mano. Karttikeya è suo figlio, nato dal suo seme e generato nel fuoco. Nel Tantrismo, Shiva è il primo Logos ovvero la volontà divina che si manifesta nell'unione creativa con Shakti. È considerato uno dei due grandi Dei della bhakti; la sua funzione di catalizzatore di impurità nel sacrificio vedico (con il nome di Rudra) ha provocato il suo legame con le forme di rinuncia che più si allontanano dall'ortodossia. Il termine shiva in sanscrito significa "il placido", è la calma propria al "quarto stato". è il nome apotropaico dell'antico Rudra e delle undici sue ipostasi, detto anche Hara (colui che porta via), Ishana (il Signoreggiante), Shambu (colui che fa prosperare), Maheshvara (il Grande Signore), ecc. Shiva è per eccellenza il Dio degli Asceti, forma individuata del Brahman-atman, oggetto di meditazione nel centro del cuore. La sua menzione appare in forma crescente nelle Upanishad medie, procedendo verso quelle recenti. Le sue varie ipostasi, allusive alle funzioni che egli esercita, sono nominate nella Maitri. Poiché rappresenta l'aspetto terrificante della realtà, appare accompagnato dalle sue altrettanto terribili shakti: Uma, Durga, Kali, ecc. Nelle Upanishad medie, pur venendo ripetutamente citato con i suoi vari nomi, non viene nominato come protagonista dei suoi numerosi miti. Shiva viene spesso rappresentato anche come Avatara; otto di queste incarnazioni sono chiamate Bhairava ed hanno i nomi speciali di: Asitanga, Rura, Caindra, Crodha, Unmata, Cupati, Bhisciana e Sanhara, tutti alludenti a terribili qualità della mente e del corpo. Talvolta è rappresentato con due mani, altre con quattro, otto o dieci; il pasha gli serve per estrarre l'anima dal corpo degli uomini quando è giunta l'ora. Qualche volta è rappresentato come Ardha-Nari, metà corpo di uomo, metà di donna. Quando è rappresentato come Dio della giustizia egli cavalca un toro bianco, simbolo della giustizia divina e porta in mano una scure ed una corda sacra. Come Nilacanta (collo azzurro) è rappresentato strofinato di cenere e con il collo azzurro; il soprannome gli fu dato in commemorazione di aver egli bevuto il veleno che nacque dal mare e minacciava di distruggere il genere umano.

SIMBOLO

 
(Eso.) - Dal greco "sun-ballo", ha il significato letterale di "mettere assieme" ed è il contrario di "dia-ballo", che significa "separare" e che la cristianità ha tradotto con Diavolo. I Greci lo usarono come mezzo di riconoscimento: un oggetto veniva spezzato in due parti e consegnato a due persone; il segno di riconoscimento consisteva nel coincidere delle due parti. Ma presto esso assunse l'altro significato, quello più noto: qualsiasi cosa (segno, gesto, oggetto, persona) la cui percezione valga a suscitare nella mente un'idea diversa da quello che è il suo immediato aspetto sensibile. Il simbolo è qualcosa di solenne che rinvia ad una realtà più importante e remota; nella considerazione dei fenomeni religiosi, il simbolo è fondamentale nella funzione rituale e serve a suscitare nel fedele l'idea dell'arcano del mistero, del divino. Nelle religioni misteriche veniva usato come segno di riconoscimento fra gli Iniziati. L'uso più esteso del simbolo si ha nelle religioni. Dapprima aveva un collegamento diretto (un cantaro stava per Dioniso, un lingam per Shiva, ecc.) poi assunse un valore allusivo, una espressione cifrata di un qualcosa che non si poteva esprimere direttamente. Simbolo ed allegoria divennero sinonimi, anche se il primo rimase prevalentemente legato ai misteri. Il triangolo con l'occhio al centro è il simbolo di Dio uno e trino, la spiga matura è il simbolo di Demetra, ecc. L'ultimo sviluppo nell'impiego del simbolo si ha con gli archetipi dello psicologismo storico-religioso. Vestire pelli di animali durante il rito non significa rappresentare gli animali, quanto diventare animali e vivere la loro realtà; riaccendere i fuochi non è un simbolo per l'anno nuovo, ma l'inizio dell'anno nuovo; la svastica, la croce, la mezzaluna, hanno una serie indefinita di significati, che si legano di volta in volta all'argomento che viene trattato. Simboli sono tutti i segni usati in astrologia (corpi celesti, configurazioni planetarie, segni dello zodiaco, ecc.), ed anche i segni musicali (note, durata, abbreviazione, ecc.). Esistono poi i simboli religiosi veri e propri: il simbolo apostolico dei cristiani, il simbolo atanasiano, il simbolo niceno-costantinopolitano, ecc. Gran parte dei simboli, poi, sono tratti da uomini celebri, come modelli da imitare: Abele=innocenza, Beniamino=figlio prediletto, Caino=odio fraterno, Cesare=grandezza, Cicerone=eloquenza, Creso=ricchezza, Diogene=cinismo, Giobbe=pazienza, Matusalemme=longevità, Mecenate=protezione delle arti, Pandora=curiosità, Penelope=fedeltà coniugale, Salomone=saggezza, Sansone=forza, e tanti altri noti alla saggezza popolare. Ma il simbolo può essere rappresentato anche da un gesto. Presso i Romani, la stretta di mano era un contratto, un sasso lanciato contro un muro significava una costruzione illegale, scoccare le dita significa accesso all'eredità, la rottura di un ramoscello interrompeva la prescrizione, lo schiaffo del padre al figlio era segno di emancipazione, ecc. Anche gli animali vengono spesso usati come simboli: il cane lo è della fedeltà, la colomba dell'ingenuità, la volpe della astuzia, il gatto della furbizia, ecc. Nella mitologia indù, il simbolo è un certo orizzonte silenzioso che sta al di sopra della parola e delle sue possibili interpretazioni; esso non dischiude una via interpretativa, ma l'esperienza dell'anima che visualizza la propria immagine nel Tutto. Nell'età primitiva il simbolo è strettamente legato alla carica magica attribuita a qualsiasi raffigurazione e si esprime soprattutto sotto forma di figure geometriche. Spesso è connesso con immagini di fertilità, di fecondità, e con idee cosmologiche. Nell'arte egiziana ideogrammi e personificazioni erano caricati di valore simbolico ed esprimevano l'ideologia del potere del Faraone, oltre che concetti cosmologici e religiosi. In Oriente li troviamo largamente impiegati nello Zoroastrismo e nel culto di Mitra; furono scarsamente adoperati da Greci e Romani. I simboli tornarono di attualità con Giudei e Cristiani, nelle Sacre Scritture, nei Vangeli e nei vari dogma. Anche il Medioevo farà largo uso di simboli, come bellezza visibile che aiuta lo Spirito ad innalzarsi alla contemplazione della bellezza invisibile. Simbolo e Verità formano un binomio assolutamente inscindibile. Il simbolo, infatti, è qualcosa in cui si cela una verità che non è facilmente individuabile da parte di chi non abbia la conoscenza per farlo; la Verità, a sua volta, non esiste come tale, ma si cela di volta in volta in simboli che vanno interpretati e resi comprensibili. La verità è sempre a portata di mano di colui che la cerca con serietà ed impegno, ma ciascuno è in grado di coglierla al livello delle proprie capacità. È come se un uomo si ponesse davanti ad un alto scaffale ripieno di libri: può prenderne fino al punto in cui la sua altezza glielo permette. La verità non può mai scendere al livello di chi la cerca, viceversa spetta la cercatore elevarsi per coglierla al livello in cui si trova. Un vero simbolo è il modo più conciso in cui una verità può essere riposta, anche perchè non tutte le verità si possono trasformare in parole: la verità esisteva prima ancora che nascesse la facoltà della parola. La via migliore per trasmettere una verità è un tipo di comunicazione che trascende la parola: è la comprensione intuitiva.

SOKHIT

 
(Eg.) - Detta anche Pasht, o Basht, era una divinità alla quale era consacrato il gatto e veniva rappresentata con la testa di gatto. Ciò, ovviamente, aveva solo valore di simbolo, ed indicava che la divinità era collegata alla Luna, era l'Occhio di Osiride, o del Sole, durante la notte (perchè il gatto vede particolarmente bene al buio). Inoltre, in considerazione del fatto che il gatto è dotato di un fluido particolare, alla divinità si riconoscevano poteri occulti e magnetici. Infine, come la Luna è il riflesso del Sole, così il gatto è lo specchio del potere della Dea. Occorre dire che gli Egizi non confondevano gli Dei con gli animali, ed il camuffamento, lungi dall'essere considerato una maschera o un insulto, rispondeva ad un principio esatto di identità. Il volto umano, che rassomiglia sempre a qualche animale, è una successione di espressioni che rendono oltremodo variabile e non uniforme. L'animale, invece, ha una espressione propria che può essere assunta come permanente nel tempo; da notare che gli animali non ridono e non piangono e la loro espressione è fissa e determinata. Questa maschera, poi, in quanto tale, possedeva per gli Egizi il peso e la profondità della dimensione spirituale umana, perchè accomunava l'espressione animale a certe regioni dello spirito umano.

STELLA A 5 PUNTE

 
(Eso.) - Figura geometrica composta da tre triangoli isosceli incrociati, inscritta in un pentagono che, con la punta in alto rappresenta le cinque estremità dell'uomo, con la punta in basso rappresenta il "contrario". Essa si collega al 5 ed ai significati mistici ed esoterici che a questo numero sono associati. Detta anche pentagramma, esprime il dominio dello spirito sugli elementi; con questo segno, secondo Eliphas Levi, si incatenano i demoni dell'aria, gli spiriti del fuoco, gli spettri dell'acqua, i fantasmi della terra. Armato di questo segno, l'uomo preparato, attraverso l'occhio dell'anima, può farsi servire dalle legioni degli angeli e dalle schiere dei demoni. Il pentagramma è uno dei più potenti simboli magici e, pertanto non è permesso di re su di esso molte cose. Ricordiamo solo che Levi, Paracelso ed altri iniziati, per mezzo di questo simbolo, compirono prodigi strabilianti. Dal punto di vista cabalistico, questa figura è importante per la costruzione del pentacolo delle 50 porte della scienza. Levi ne descrive accuratamente il metodo di costruzione e fornisce le istruzioni per l'accesso alle varie porte. Ciò fatto, non rimane che operare secondo la famosa regola: sapere, volere, osare, tacere.

SURYA

 
(San.) - Il Sole, padre di Vaivasvata Manu, maestro di Asuramaya, adorato dai Maga e nei Veda. La progenie di Aditi (lo Spazio), la madre di tutti gli dei, il marito di Sanjna, la coscienza spirituale. Il grande dio figlio adottivo di Visvakarman, il Potere Creatore, il Grande Architetto del Mondo, detto anche Deva-Vardika, il Costruttore degli Dei, suo fratello-nella-legge, il creatore degli dei e degli uomini, e il loro "carpentiere"; questi lo crocifigge su di un tornio e, tagliando la ottava parte dei suoi raggi, priva la sua testa del suo fulgore creando attorno ad essa un'aureola scura. Sotto certi aspetti, Surya corrisponde ad Agni ed a Vishnu. Esotericamente, Surya rappresenta un mistero dell'ultima iniziazione, ed una sua raffigurazione allegorica. Nel Pantheon vedico, Surya è il Sole concepito direttamente come divinità. Il nome deriva dal sanscrito sul, poi elios in greco, ed infine sol in latino, il solus del cielo. Il termine è associato ad "occhio", ed infatti il Sole è chiamato l'occhio del Cielo, l'organo visivo del Dio Supremo celeste. Il momento saliente della presenza di Surya è il sorgere, quando nel mondo porta a compimento l'instaurazione del regime luminoso, che ha inizio per opera di Usas, sua sorella, l'Aurora. La solarità mitico-religiosa di Surya, che tuttavia ha un posto di scarso rilievo nella gerarchia religiosa exoterica, è simile a quella di Agni e di Mitra, ed anche di Savitar, che del Sole è una figura complementare. Shankara, il restauratore dell'ortodossia vedico-brahmanica, colloca Surya con Vishnu, Shiva, Durga e Ganesha a formare le cinque divinità oggetto di devozione quotidiana. Il carro di Surya, con il quale attraversa la volta celeste, nella leggenda popolare, è trascinato da sette cavalle, ciascuna a rappresentare un giorno della settimana. Il Dio Sole (che si fa derivare anche da svar che significa "luce, cielo") è il simbolo per eccellenza dell'intelligenza luminosa, che apre il varco al mondo superiore e "copre il volto del Vero". È figlio di Prajapati ed in quanto sintesi di energia creatrice, calorica e luminosa, ipostasi del brahman, centro occulto della persona umana, esso è nel cielo l'occhio degli altri due Aditya, Mitra e Varuna, come il senso dell'IO è al centro della coscienza umana. Nelle Upanishad, Surya è il simbolo dell'energia vitale dell'universo, il prana, che gli è generalmente ragguagliato, che si individua quale principio immortale dell'esistenza, di là del samsara. I Veda lo rappresentano come un giovane che passa per il cielo, in un carro trainato da quattro cavalli (le quattro direzioni geografiche) baj, oppure come un'aquila dorata, o una ruota fiammeggiante o un disco infuocato (chakra).

TAGLIONE

 
(Ger.) - Termine derivato da "talis" inteso come "pena altrettale". Esso designa una pena antichissima, comune a quasi tutti i popoli antichi, consistente nell'infliggere all'autore di una lesione personale una uguale lesione. Già conosciuta nel Codice di Hammurabi (XVIII sec. a.C.), ed in precedenti raccolte di leggi sumero-accadiche, è ripetutamente formulata nella Bibbia (occhio per occhio, dente per dente). L'applicazione del taglione era affidata alla vittima stessa che poteva delegare un parente. Il taglione poteva essere evitato mediante una composizione pecuniaria. Nell'antico diritto germanico era una pena di larga applicazione, ma sotto i Romani perdette vigore, anche se non fu mai ufficialmente abrogata. La troviamo ancora negli istituti italiani fino al XVIII secolo.

TIPHERET

 
(Eb.) - Nell'Albero della Vita, l'azione del quarto e del quinto sephirot si conciliano nella generazione di Tipheret che è Bellezza ed Armonia. Esso è al centro di tutto il sistema sephirotico, come il Sole lo è del suo sistema planetario. Non a caso ad esso è associato Ra, dio solare egiziano rappresentato con la testa di falco, oppure con un disco solare munito di ali sulla testa; ed in Grecia troviamo Apollo, Dio solare, l'aspetto più luminoso della mente ellenica. Nell'Idra Zuta, Tipheret è detto "la manifestazione più elevata della vita etica, la somma di tutte le virtù: l'Ideale". Ed anche Apollo era la forma spirituale dei raggi solari, della luce interiore ed intellettuale. A Tipheret si può accostare l'indù Hari, ovvero Krishna, l'avatar divino; ma anche Adone, Iacco, Rama, Asar sono provvisti di naturale bellezza e di alta coscienza spirituale. Altra grande figura per bellezza e dono spirituale è Dioniso, l'Iniziatore nei Misteri Eleusini, trasformato in leone: il Sole trova la sua più grande esaltazione nella costellazione del Leone ! Nel Pantheon scandinavo è Baldur il Dio favorito dalla Natura, il figlio di Odino e Frigg, il migliore degli Dei. Piante sacre a Tipheret sono l'Acacia, simbolo massonico della Resurrezione, e la Vite. Il suo profumo è la Resina dello Olibano, il suo colore è il Giallo, il coloro del Sole. Tipheret è associato al Vau del Tetragrammaton, e pertanto è il Figlio; per tale motivo, nei Tarocchi lo troviamo: negli Arcani Maggiori quale figura degli Amanti, mentre in quelli Minori corrisponde ai quattro Principi (o Cavalieri, o Fanti), oltre che ai quattro sei per la sua sesta posizione nell'Albero della Vita. Attorno a Tipheret si raggruppa un esagramma di sephirot che lo Zohar chiama "Microprosopo", o Volto Minore. Nelle gerarchie angeliche corrisponde alle Potestà ed a Malachim, mentre si colloca nella sfera universale archetipica della conoscenza intuitiva. Con Chesed e Geburah, rappresenta la triade mediana, l'Anima universale, l'intermediario fra l'oggettivo ed il soggettivo. Tipheret esprime Bellezza, che è ordine, euritmia, sacrificio, perchè si dona affinchè le "tenebre possano risplendere". È dominato dal Sole e rappresenta la prima Iniziazione maggiore; l'occhio di Tipheret permette di vedere l'universo-vita in termini di armonia, accordo, ordine, comprensione. Esso è il Cristo-amore cosmico, il Maestro di Vita, il Cuore centrale; è il figlio di Kether, come Cristo è il figlio del Padre. Dicevamo che Tipheret corrisponde alla lettera Vau dell'alfabeto sacro ebraico. Essa esprime la potenza congiuntiva e creativa, la relazione che unisce i principi opposti, l'equilibrio fra il Cielo e la Terra. A Tipheret corrisponde il segno zodiacale del Toro, l'influenza planetaria di Venere, l'elemento terra. Ed anche il numero sei, il numero perfetto in sè, 3+3, 1+2+3, il simbolo del Cristo, natura umana e divina, unione ed equilibrio delle due nature. Tipheret si trova al centro del Pilastro dell'Equilibrio dell'Albero della Vita ed ha i seguenti altri nomi: Zohar Anpin, Melekh, il Re, Adamo, il Figlio, l'Uomo. È collegato all'arcangelo Raphael, ha come chakra mondano Shemesh, come virtù la devozione alla Grande Opera, come vizio l'orgoglio, come simboli: il Lamen, la Croce rosata, la Croce del Calvario, la piramide tronca, il cubo. Nell'uomo corrisponde al petto. Tipheret è il limite massimo della religione esoterica ed in essa Dio è reso manifesto attraverso la forma, e risiede fra noi, ossia nel campo della nostra consapevolezza. Per questo motivo, il Redentore si manifesta in Tipheret, mentre rimangono molto al di sopra i Misteri della creazione. Su questo punto è focalizzata tutta la religione cristiana, mentre quelle greca ed egizia si focalizzano in Yesod, e quella indù tende a Kether. Non bisogna dimenticare, però, che al di là di quel poco che si offre ai fedeli, in altra sede, più qualificata, la religione cristiana ha il suo aspetto mistico incentrato in Kether e quello magico incentrato in Yesod. Kether è metafisico, Tipheret è mistico, Yesod è psichico: questi tre punti del pilastro centrale dell'Albero della Vita sono il grande segreto sul quale si arrampica l'Iniziato.

THOTH

 
(Eg.) - Dio egizio con centro di culto ad Ermopoli, dove era considerato il Dio supremo, che aveva creato con la parola un gruppo di otto Dei paredri, la Ogdoade. Era rappresentato sotto varie forme: uomo con testa di ibis, uomo con testa di montone, ibis, babbuino. Nel mito di Oro, Osiride e Seth, occupa un posto rilevante; nella redazione arcaica è l'alleato di Seth, in quella più recente è arbitro delle lotte; Nel mito solare funge da visir di Ra. È venerato come Dio della scrittura, delle formule divine e magiche, della giustizia e dell'aldilà, dove pesa le anime dei morti nel giudizio cui esse debbono sottostare. Nel rituale, diventa il sostituto di Seth quando questi diventa una divinità maligna. I Greci lo identificavano con Hermes e con questo nome passò quale autore di vari libri di carattere esoterico, legati alla tradizione platonica religiosa dell'età ellenistica. Questi scritti presero il nome di Corpus Hermeticum. Il più misterioso ed il meno compreso degli dei, la cui caratteristica personale è completamente diversa da tutte le altre antiche divinità. Mentre le permutazioni di Osiride, Iside, Horo e degli altri sono così numerose che la loro individualità è completamente perduta, Thoth rimane immutabile dalla prima all'ultima Dinastia. Egli è il dio della saggezza ed ha autorità su tutti gli altri dei. È l'archivista ed il giudice. La sua testa di ibis, la penna e la tavoletta dello scriba celeste che registra i pensieri, le parole e le azioni degli uomini e li pesa sulla bilancia, lo accomunano al tipico Lipika esoterico. Il suo nome è uno dei primi ad apparire sui monumenti più antichi. È il dio lunare delle prime dinastie, il padrone di Cinocefalo, la scimmia dalla testa di cane che, in Egitto, era il simbolo vivente e la memoria della Terza Razza Radice. Egli è il "Signore di Hermopoli" - Giano, Hermes e Mercurio assieme. È incoronato con un "atef" e con un disco lunare, e porta "l'Occhio di Horus", il "terzo occhio", nella sua mano. È l'Hermes Greco, il dio del sapere ed Hermes "Trismegistus", l'"Ermete Tre volte Grande", il patrono delle scienze fisiche e il patrono e l'anima della conoscenza occulta esoterica. Come molto espressivamente dice di lui J.Bonwick, "Thoth ... ha un effetto potente sull'immaginazione .. in questa intricata ma bella fantasmagoria del pensiero e del sentimento morale di quel passato nebuloso. Invano ci chiediamo come mai l'uomo, nella infanzia di questo mondo di umanità, nella grossolanità della supposta incipiente civiltà, possa avere sognato un essere divino tale qual'era Thoth. Le linee sono così delicatamente tracciate, così intimamente e raffinatamente intessute, che sembra guardare un disegno delineato dal genio di Milton e portato a termine dall'abilità di un Raffaello". Realmente, c'era qualche verità nel vecchio detto "La Saggezza degli Egiziani" ... "Quando si mostra che la moglie di Cephren, il costruttore della seconda Piramide, era una sacerdotessa di Thoth, vediamo che le idee racchiuse in lui furono fissate 6000 anni fa". Secondo Platone, Thoth-Hermes era lo scopritore e l'inventore dei numeri, della geometria, dell'astronomia e delle lettere". Proclo, il discepolo di Plotino, parlando di questa divinità misteriosa, dice: "Egli presiede su ogni specie di condizione portandoci ad un'essenza intelligibile di questa dimora mortale, governando le differenti greggi di anime". In altre parola, Thoth come Archivista e Cancelliere di Osiride nell'Amenti, l'Aula del Giudizio dei Morti, era una divinità psicopompica; mentre Giamblico dice che "la croce con impugnatura (il thau o tau) che Thoth regge nella mano, non era altro che il monogramma del suo nome". Oltre al Tau, come prototipo di Mercurio, Thoth porta la verga-serpente, emblema di Saggezza, la verga che divenne il Caduceo. Mr. Bonwick dice: "Hermes era il serpente stesso in senso mistico. Egli scivola come quella creatura, silenziosamente, senza sforzo apparente, lungo il corso delle ere. Egli è ... un rappresentante dei cieli stellati. Ma è il terrore del serpente cattivo, poiché l'ibis divora i serpenti d'Egitto". Per gli Egizi, quindi, Thoth era il Dio del Mistero e della Sapienza, lo Scriba sacro dell'Amenti, che porta come copricapo il disco solare, ha testa di toro e corpo umano, siede su un loto sbocciato. Talvolta veniva identificato con la Luna, per cui Thoth-Lunus e equivale a Budha-Soma indù ed a Mercurio-Luna dei Greci. Nella Luna si cela Thoth-Ermete, il rappresentante della Sapienza Segreta. Per gli Gnostici, Thoth, o Hermes, è il capo dei Sette: Adonai, Tao, Eloi, Sabaoth, Orai, Astafai e Ildabaoth. Secondo la Stele di Rosetta, Thoth Ermete è l'Intelligenza direttrice dello Universo, mentre Thoth è la Sapienza, la cui incarnazione terrestre è Trismegisto. Secondo il prof. Crookes. Thoth Hermes non è un nome proprio, bensì un nome generico sotto il quale si celano diversi adepti vissuti in epoche varie; lo stesso di Enoch, Nebo, Zarathustra ed altri. Abul Feda, nella sua Historia, conta almeno cinque Hermes, ed afferma che Thoth era il nome che si dava agli Iniziati. Essi sono gli inventori delle lettere, nessuno di loro muore, vivono sempre come fondatori dei Misteri e primi Iniziatori. Nella cosmogonia egizia, Thoth regola la lotta fra Horus e Seth, con Horus che provoca a Seth la stessa mutilazione che Crono fece ad Urano. Sotto l'aspetto della saggezza e della prudenza a Thoth si addice il Caduceo, come anche a Mercurio e ad altre divinità equivalenti; evidente, anche, il collegamento con il serpente. A Thoth è consacrato il mercoledì; non mancano versioni che vedono in questo Dio un personaggio vissuto realmente, un Re che regnò per più secoli, il prototipo sul quale il popolo di Israele dipinse il suo presunto progenitore: Set. Nella più antica trinità degli Egizi, il Sole era il Padre, la Luna la Madre, e Thoth il Figlio; per certi aspetti, Thoth si ricollega al tebano Khonsu, dal momento che entrambi vengono spesso associati alla Luna: Thoth-Lunus è colui che porta la salvezza. Egli è considerato l'inventore delle arti, delle scienze, della scrittura (o delle lettere), della musica e della astronomia. Thoth porta sulla testa il disco solare a sette raggi viaggia sul battello solare e salta fuori un giorno ogni quattro anni (anno bisestile). Thoth-Lunus, invece, è il Dio settenario dei sette giorni, ovvero della settimana. In Egitto, Teh, Seth, Thoth, Tat, Sat(an), Ermete, sono tutti la stessa persona. Il pianeta corrispondente a Thoth è Mercurio. Thoth è il Dio dell'insegnamento segreto, le sue lettere iniziali e finali (Tau) sono l'Alfa e l'Omega delle Sapienza Divina e Segreta. Nella cosmologia egizia troviamo anche un Thoth-Hapi, detto il Signore dell'orizzonte, colui che separa l'acqua (il mare) dal cielo.

TOMMASO D'AQUINO

 
(Ita.) - Roccasecca 1221, Fossanova 1274. Filosofo, teologo e santo italiano, la cui vita leggendaria va di molto riveduta, nacque da nobile famiglia, padre longobardo e madre normanna, e ricevette la prima educazione a Montecassino, come oblato formatosi intellettualmente all'università di Napoli, dove studiò grammatica e logica, passò allo studio della filosofia ed entrò poi, contro la volontà dei genitori, nei frati domenicani. I parenti, contrariati, lo rapirono e lo rinchiusero ne castello di Roccasecca, dove era nato; qui si immerse nello studio della Sacra Scrittura e della logica aristotelica. Riacquistata la libertà, studiò teologia con Alberto Magno a Parigi, soggiornò quattro anni a Colonia e nel 1252 tornò a Parigi dove intraprese la carriera universitaria. Prima baccelliere lettore, poi maestro reggente di teologia, cominciò a scrivere le sue opere: De ente ed essentia, Sentenze, De Trinitate, De Hebdomadibus, De divinis nominibus. Già in queste opere Tommaso lascia intravedere una propria personale posizione in tema di teologia, con un occhio di riguardo alle nuove problematiche culturali che si stanno elaborando in ambiente europeo. Dopo il 1259, Tommaso gira in lungo ed in largo l'Italia, prima come professore, poi come teologo. Scrive alcuni commentari alle opere aristoteliche, usando la grande parafrasi di Alberto Magno; lo studio attento e dettagliato dei padri della chiesa e dei maestri di scuola peripatetica lo spinge a progettare una nuova sintesi del pensiero cristiano che cerchi di contemperare la millenaria tradizione teologica con il metodo di indagine proprio della speculazione aristotelica. Nascono così i sue due capolavori: Summa contra gentiles e Summa theologiae. Alla teologia Tommaso rivendica il carattere di scienza, subalternata però alla scienza divina; essa, infatti, ha per oggetto il rivelabile e possiede un'unità intrinseca perchè considera tutto in rapporto a Dio, principio e fine dell'universo. Teologia e filosofia sono due vie d'accesso all'unica verità, il loro punto di incontro è la teologia razionale. Circa la dimostrazione dell'esistenza di Dio, egli respinge la prova ontologica di Anselmo di Aosta, basata sulla deduzione, e sostiene la dimostrazione a posteriori: (1^ via) il divenire dell'universo sensibile risale verso Dio, suo motore immobile; (2^ via) Dio è la causa efficiente ed incausata; (3^ via) Dio è l'Essere necessario; (4^ via) Dio è l'Essere perfettissimo; (5^ via) Dio è il supremo ordinatore dell'universo. Dio è l'Essere sussistente, una sintesi fra il biblico "Io sono" ed il concetto di sussistenza. Ad una attenta osservazione si scopre che i concetti espressi da Tommaso erano già presenti nella filosofia indù, persiana, egizia, greca ed araba : nihil sub sole novum ! In antropologia, Tommaso concepisce l'uomo alla maniera aristotelica: sinolo di materia (corpo) e di forma (anima). L'anima è autonoma rispetto al corpo, conosce l'universale ed ha autocoscienza; essa, pertanto, non muore quando il corpo si corrompe. Tommaso nega l'intelletto unico e sostiene il mondo della conoscenza individuale costruita attraverso i concetti. In cosmologia, egli sostiene il geocentrismo aristotelico: il movimento delle sfere celesti, la regolazione spirituale della materia eterea (quintessenza), la distribuzione dei corpi sublunari. La struttura gerarchizzata dell'universo fisico trova corrispondenza con quella, altrettanto gerarchizzata, dell'universo spirituale, al vertice del quale vi è Dio. Secondo Tommaso, lo uomo è il punto di incontro fra il naturalismo aristotelico e lo spiritualismo cristiano. Tommaso morì mentre si recava al Concilio di Lione al quale doveva prendere parte come membro effettivo. Le sue spoglie furono portate a Tolosa e nel 1323 fu fatto santo. Nel 1567 fu nominato Dottore della Chiesa. Tommaso riconobbe che gli astri esercitano un'influenza sul mondo sublunare, attraverso gli agenti materiali, ma non hanno alcun potere diretto sull'anima razionale, e quindi sulla libera volontà dell'uomo. Egli precisa: "L'influenza dei corpi celesti può giungere direttamente ed accidentalmente all'intelletto ed alla volontà per qual tanto che essi possono trarre dalle potenze inferiori, legate ad organi corporei". Un linguaggio non poi tanto ermetico che fece arricciare il naso a molte "potenze superiori" della gerarchia ecclesiastica.
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