Glossario
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UZZA
(Eb.) - Il nome dell'angelo che, insieme ad Azrael, si oppose, come insegna lo Zohar, alla creazione dell'uomo da parte degli Elohim, per cui questi ultimi li annientarono entrambi. Al-Huzza (detta Uzza) è una divinità femminile dell'Arabia pagana che, con Al-Lat e Manat forma una triade molto venerata, soprattutto alla Mecca, in epoca preislamica. Il Profeta stesso, nei primordi dell'Islam, ebbe per un istante il pensiero di riconoscere alle tre Dee patrie una esistenza subordinata a quella di Allah.
PORFIRO
- O Porfirio. Un Neoplatonico molto famoso, secondo solo a Plotino come istruttore e filosofo. Nacque nel 233 o 234 d.C. a Tiro o a Batanea, per tale motivo egli si definiva un Tiriano, e si pensa provenisse da una famiglia Ebrea. Prima del 249 incontrò Origene ad Atene; ebbe come maestro Cassio Longino ed a Roma, nel 263, fu discepolo di Plotino. Sebbene fosse completamente ellenizzato e pagano, il suo nome, Melek (un re) o Malco, sembra indicare che abbia avuto sangue Semitico nelle vene. D'altra parte, lo stesso nome sembra derivi dalla porpora che gli apparteneva. Alcuni laici moderni lo considerano molto giustamente il più esperto ed il più equilibrato di tutti i filosofi Neoplatonici. Il suo pensiero e la sua opera oscillano fra la prevalente adesione al mitologismo ed alla teurgia orientale del periodo ateniese ed una maggiore aderenza alla tradizione ellenica del periodo plotiniano; alla fine accetta un compromesso fra i due indirizzi e, sulla scia di Celso, si ritrova imbarcato nella polemica anticristiana. In campo propriamente speculativo, egli sviluppò le tendenze etico-religiose del pensiero neoplatonico, accentuando il dualismo plotiniano di anima e corpo, e conferendo un maggior rilievo all'esperienza mistica ed alle pratiche ascetiche mediante la introduzione di elementi magico-misterici di origine orientale. Scrittore rinomato, era particolarmente famoso per la sua controversia con Giamblico riguardo ai mali derivanti dalla pratica della Teurgia. Comunque, alla fine accettò i punti di vista del suo oppositore. Mistico naturale nato, seguì, come aveva già fatto il suo maestro Plotino, l'allenamento del puro Raja-Yoga Indiano, che porta all'unione dell'Anima con la Super-Anima, il Sè Superiore (Buddhi-Manas). Egli lamenta, comunque, che nonostante tutti i suoi sforzi, non raggiunse lo stato di estasi prima dei sessant'anni, cosa di cui fu capace Plotino. Ciò avvenne, probabilmente, perchè il suo istruttore disdegnava del tutto la vita fisica ed il corpo, limitando la ricerca filosofica a quella regione in cui la vita ed il pensiero diventano eterni e divini; mentre Porfirio dedicò tutto il suo tempo a pensare come portare la filosofia nella vita pratica. "Lo scopo della filosofia è per lui la moralità", dice un biografo, "o, piuttosto, la santità" - la guarigione dalle infermità dell'uomo, infondendogli una vita più pura e vigorosa. La semplice conoscenza, anche se vera, non è di per sè sufficiente; la conoscenza ha per scopo la vita in accordo con il Nous - "la ragione", traduce il biografo. Però, come lo interpretiamo noi, il Nous non è la ragione, bensì la mente (Manas), l'Ego divino ed eterno nell'uomo; dobbiamo, quindi, tradurre l'idea in modo esoterico e poter leggere: "La conoscenza occulta o segreta ha per scopo la vita terrestre in accordo con il Nous, il nostro Ego che eternamente si reincarna" - il che sarebbe più consono all'idea di Porfirio, in quanto coincide con la filosofia esoterica. (Vedi De Abstinentia di Porfirio, I, 29). Di tutti i Neoplatonici, Porfirio è quello che più si avvicinò alla vera Teosofia, così come ora è insegnata nella scuola segreta dell'Oriente. Ciò è evidenziato da tutti i nostri critici moderni e dagli scrittori che parlano della scuola Alessandrina, poiché "egli riteneva che l'Anima dovrebbe liberarsi dai ceppi della materia il più presto possibile ed essere pronta ad eliminare l'intero corpo" (Ad Marcellam, 34). Raccomandò la pratica dell'astinenza, dicendo che "saremmo come gli dei, se potessimo astenerci dai cibi vegetali ed animali". Egli accetta con riluttanza la teurgia e l'incantesimo mistico, in quanto sono "privi di potere per purificare il principio noetico (manasico) dell'anima": la teurgia può solo "ripulire la parte inferiore, o psichica, e renderla atta a percepire gli esseri inferiori come spiriti, angeli e dei" (Agostino, De Civitate Dei, X, 9), proprio come insegna la Teosofia. "Non profanare la divinità" egli aggiunge, "con le vuote immagini degli uomini; non devi ingiuriare ciò che è per sempre benedetto (Buddhi-Manas), o resterai cieco alla percezione delle verità più grandi e vitali" (Ad Marcellam, 18). "Se vogliamo essere liberi dagli assalti degli spiriti malvagi, dobbiamo mantenere noi stessi sgombri di quelle cose sulle quali gli spiriti malvagi hanno potere; poiché essi non attaccano l'anima pura che non ha alcuna affinità con loro" (De Abstin. II, 43). Questo è anche il nostro insegnamento. I Padri della Chiesa consideravano Porfirio il peggiore dei nemici, il più irriducibile alla Cristianità. Infine, e ancora una volta come nella Teosofia moderna, Porfirio - come tutti i Neoplatonici, secondo Sant'Agostino - "Glorificò Cristo mentre essi discreditavano la Cristianità"; lo stesso Gesù, essi affermavano, come lo affermiamo noi, "non disse nulla contro le divinità pagane, ma operò prodigi con il loro aiuto. Essi non potevano chiamarlo come fecero i suoi discepoli, Dio, ma lo adorarono come uno degli uomini migliori e più saggi" (De Civ. Dei, XIX, 23). Tuttavia, "anche nella tempesta della controversia, sembra che non sia stata pronunciata nemmeno una parola contro la vita privata di Porfirio. Il suo sistema prescriveva la purezza ... ed egli la praticò " (Vedi A Dict. of Christian Biografy, Vol. IV, "Porfirio"). Celebre il suo schema detto "Albero di Porfirio", dove la coordinazione di genere e specie è considerata dall'alto verso il basso, cioè deduttivamente, dal genere sommo della sostanza all'individuo singolare. In etica egli drammatizza la necessità dell'ascesi, per il raggiungimento della contemplazione intuitiva ed unitiva con l'Essere Supremo.
LIMBO
(Rel.) - Nella concezione teologica della Chiesa cattolica, il limbo è il luogo e lo stato in cui si trovano dopo la vita coloro che sono morti con il solo debito del peccato originale. La parola è ignota in senso escatologico, manca nella dottrina patristica e compare nel XIII secolo a designare un luogo in cui la anime godono di beni naturali, senza però fruire della visione beatifica. Vi si trovano santi, patriarchi e profeti vissuti prima di Cristo, i bambini morti prima del battesimo, gli spiriti magni dell'antichità, i virtuosi, eroi e sovrani, vissuti in epoche remote.
PUROHITA
(San.) - Famiglia di sacerdoti; Brahmani. Equivalente del latino "praepositus", era il cappellano dei re. Fra gli Dei, questa funzione era svolta da Briaspati, il Signore della Parola, progenitore dei Brahmana, allorché assunse la forma di sukra. In India, il purohita è il sacerdote di famiglia, o cappellano domestico, assolutamente necessario ove si tenga conto delle molteplici osservanze religiose e delle numerose pratiche giornaliere, o periodiche, richieste dal sentimento religioso indù. Già ricordato nei Veda, è una figura che non manca mai nella casa dei ricchi. Nelle case principesche, il purohita gode di una specie di primato fra coloro che stanno ad immediato contatto con il re.
PROMETEO
(Gr.) - Figlio di Giapete e di Climene, il suo nome significa "colui che prevede". Pare che a seguito di un suo scherzo a Giove, questi abbia sottratto il fuoco agli uomini. Prometeo, allora, si preoccupò di riportarlo sulla terra, destando l'ira di Giove che lo legò ad una roccia del Caucaso, dove un'aquila gli mangia quotidianamente il fegato. Un'altra leggenda racconta che Prometeo era un Titano, un Dio mortale, che salvò il genere umano dalla distruzione decisa da Giove, e gli fornì i primi insegnamenti. Per tale motivo fu condannato al supplizio eterno. E vi sono altri racconti che legano exotericamente Prometeo al genere umano, addirittura quale fattore del primo uomo. Prometeo è il Logos greco, colui che, portando sulla terra il fuoco divino (intelligenza e coscienza) dotò gli uomini di ragione e di mente. Prometeo è il tipo Ellenico dei nostri Kumara o Ego, coloro che, incarnandosi negli uomini, li resero Dei latenti invece che animali. Gli Dei (o Elohim) erano contrari a che gli uomini diventassero "come uno di noi" (Genesi, III, 22) e conoscessero "il bene ed il male". Per questo vediamo in ogni leggenda religiosa questi dei che puniscono l'uomo per il suo desiderio di conoscere. Prometeo è "colui che vede davanti a sè" ed è associato alla classe dei Deva coinvolti con la formazione dell'uomo spirituale, essendo colui che porta il Fuoco sulla Terra. Sotto un altro aspetto, l'allegoria del fuoco di Prometeo può essere letta come altra versione della ribellione dell'orgoglioso Lucifero, precipitato nell'Abisso senza fondo (Prometeo è stato precipitato sulla Terra), per vivere come uomo, crocifisso nel corpo fisico (Prometeo è crocifisso sul Monte Kajbee, il Caucaso nevoso). Prometeo ruba il fuoco divino per consentire agli uomini di progredire coscientemente sul Sentiero dell'Evoluzione Spirituale trasformando in tal modo il più perfetto degli animali sulla Terra in un Dio potenziale, rendendolo libero di "impadronirsi con la violenza del regno dei cieli". La maledizione di Zeus a Prometeo è lo stesso che la maledizione di Dio a Satana. Egli, come Titano, si ribellò al padre Zeus, e Lucifero, come diavolo, si ribellò a Dio; Prometeo è il "figlio irrispettoso", l'Uomo Celeste che, come lo scandinavo Loki, viene incatenato ad una dura roccia. Tutti questi ribelli divini, che tradiscono il Cielo per aiutare la Terra, sono esseri benefici, generosi e potenti, principi degli Dei e non del male. Sono le Entità benigne che portarono la luce al mondo e dotarono l'umanità di intelletto e ragione. In ogni teogonia essi sono i Sacri Fuochi Divini. Sotto certi aspetti, Prometeo è un Salvatore, poiché, per fare del bene all'umanità, paga la sua colpa con la miseria e l'infelicità. Egli, comunque, non va confuso con alcuno dei Salvatori ciclici apparsi periodicamente un pò dovunque, poiché è legato all'ultimo mistero delle trasformazioni cicliche, quello in cui l'umanità passò dallo stato etereo a quello fisico-solido, e dalla procreazione spirituale si passò a quella fisiologica. Qualche orientalista collega Prometeo al Pramantha indù; il paragone non regge del tutto, anche se uno dei significati di pramantha è "furto" e Prometeo "rubò" il fuoco al cielo. Prometeo è l'Anima divina, l'aspetto divino di Manas, proteso e fuso con Buddhi. In lui non vi può essere il male, dal momento che egli si pone prima che appaia il male fisico, alle soglie della vita fisica umana. Nel suo mito si può leggere Giove come Legione dei Progenitori primordiali, mentre egli, come Titano, rappresenta i Creatori Spirituali, quelli che posseggono il Fuoco intellettuale e spirituale. Prometeo, Foroneo, ed altri "portatori di fuoco", sono corrispondenti all'indù Agni Abhimanin, ai suoi tre figli ed ai loro 45 figli (1+3+45=49=7x7). Prometeo rappresenta l'umanità attiva ed industriosa, intelligente ed ambiziosa, che mira a raggiungere i poteri divini e per questo motivo viene punita dagli Dei. Egli è crocifisso sulla Croce dell'Amore, sulla roccia delle passioni umane.
PROTILE
(Sc.) - Sostanza indifferenziata, nata dalla protomateria primordiale, che poi si differenzia negli Elementi. Il protile, recentemente accettato dalla chimica, è simile all'etere della scienza, all'Ilo di Beroso, ed è il materiale grezzo con il quale i Costruttori formarono i Sistemi dell'Universo. Per Crookes, il protile è sinonimo di protoplasma, materia prima originaria, esistente prima dell'evoluzione degli elementi chimici. Il protile è materia (non come la si intende oggi) ed energia congiunte; successivamente esso si suddivide in atomi fisici e nelle varie forme di energia. L'atomo-protile non è stato nè assottigliato, nè diviso per creare i vari elementi; la varietà di attributi e di proprietà ad esso pertinenti ha dato la nascita a vari elementi chimici. Il protile del prof. Crookes non va considerato come la sostanza primordiale con la quale i Dhyan Chohan, seguendo le leggi immutabili della Natura, hanno intessuto il nostro sistema solare. Questo protile non può nemmeno essere la "prima materia" di Kant, il quale affermò che era servita per la formazione dei mondi, e che perciò non esiste più allo stato diffuso. Il protile è una fase intermedia nella differenziazione progressiva della sostanza cosmica, dal suo stato normale indifferenziato. È dunque l'aspetto assunto dalla materia a metà del passaggio verso la piena obiettività. Occorre aggiungere che oggi non esiste ancora una definizione ultima di "elemento", ma essi vengono differenziati solo mediante la limitazione delle capacità umane di indagarli e differenziarli in sede ultima. Il protile si trova al di là della diade cosmica, la sostanza androgina, esso è il layam dell'esoterismo; la forma più prossima al protile è l'idrogeno, la struttura chimica più vicina alla struttura primordiale. Il protile è il Padre ed il Generatore (Upadhi) dell'Aria e dell'Acqua, e poiché partecipa anche al Fuoco, è UNO sotto TRE aspetti: la trinità chimica ed alchemica. Ci cono diversi protili in Natura, corrispondenti ai vari piani della materia. Essi equivalgono alle Sette Prakriti, o alle Sette Nature degli antichi Ariani: uno per ogni piano di differenziazione. I due regni elementari prefisici, il piano della mente (Manas), o materia del quinto stato, come anche quello della psiche (Buddhi), o del sesto stato, sono tutti evoluti, ciascuno da uno dei sei protili che costituiscono la base dell'universo oggettivo. I tre stati della materia (solido, liquido, gassoso) sono solo dei sottostati.
RIPRODUZIONE
(Ant.) - Secondo i dettami della moderna biologia, esistono due soli modi di riproduzione degli esseri viventi: sessuale (o gamica) ed asessuale (agamica o monogonica). Questa ultima si suddivide in tre tipi: scissione (o emitomia), gemmazione e politomia. Per quanto concerne l'uomo, la Teosofia insegna che i modi di riproduzione sono cinque: scissione, gemmazione, spore, ermafrodito intermedio, unione sessuale. Tali modalità si sono succedute nel tempo nell'ordine in cui sono elencate. L'albero genealogico dell'Occultismo spiega in modo completo l'evoluzione di tutte le forme, dall'inizio fino ad oggi. La teoria evoluzionistica di Darwin, invece, manca di parecchi anelli, per cui si presentano molti salti inesplicabili.
PSICHE
(Gr.) - Giovane principessa, di rara bellezza, amata da Amore che la fece rapire dallo scoglio dove era stata esposta per andare in sposa ad un terribile mostro, secondo l'oracolo. Le peripezie successive fanno parte della sua stupenda leggenda, una immensa allegoria dell'anima umano, sempre travolta dall'impeto delle passioni. Per i Greci, Psiche era l'anima, il riflesso terrestre di Nous, la Sapienza Divina. Nella psicologia moderna, la psiche è considerata come il complesso delle funzioni e dei processi che danno all'individuo esperienza di sè e del mondo, e che ne informano il comportamento. Essa è anche l'anima in senso generale, il principio per cui si ha vita e respiro. H.P.B. definisce l'individualità psichica quale potere autodeterminante che permette ad un essere umano di superare le circostanze. Il prof. Ladd dice: "I fenomeni della coscienza umana devono essere considerate come delle attività di un'altra forma dell'Essere Reale, diversa dalle molecole in movimento del cervello". Bisogna stare attenti a non confondere la mente (pneuma) con l'anima (psiche), essendo la prima una parte razionale e spirituale, mentre la seconda è il principio vivente nell'uomo, il soffio che lo anima. Psiche è l'anima animale, l'anima terrestre, il manas inferiore.
RUACH
(Eb.) - L'anima umana è una trinità: Nefesh. Ruach e Neshamah. Essa è l'entità spirituale, il centro che crea il rapporto fra l'uomo e Dio. Ruach è la parte intermedia fra Nefesh (l'anima naturale ed istintiva) e Neshamah (l'anima divina). Essa è l'anima morale, razionale, sede del bene e del male, delle qualità etiche. Come Soffio Sacro, essa è anche Spirito, uno dei "principi umani" (Buddhi-Manas). Assieme a Nefesh è soggetta alla trasmigrazione e non ha riposo fino a quando Neshamah non sia risalita sino alla sua sorgente. Ruach è illuminata da Neshamah e, a sua volta, illumina Nefesh. Ruach è meno sensibile di Nefesh alle influenze del mondo esterno, in essa la passività e l'attività si trovano in proporzioni uguali. Essa, in un certo senso, è come un essere interno all'uomo, ideale, nel quale tutto ciò che la vita corporea e concreta manifesta esteriormente come quantitativo e materiale, si ritrova interiormente allo stato virtuale. Ruach fluttua fra l'introversione e l'estroversione e, nelle sue funzioni, appare come mutevole; la sua importanza è notevole dal momento che la modalità essenziale di ciascun essere dipende esclusivamente dal grado più o meno elevato della sua coesione con la natura, ma soprattutto dalla maggiore o minore attività che ne deriva. Più l'uomo è attivo interiormente, più è elevato e più gli è possibile indagare nelle intime profondità dell'essere. Neshamah è quella parte dell'anima umana che si immerge nell'Abisso, ossia nei tre Sephirot superiori dell'Albero della Conoscenza. Ruach, l'Intelletto, invece, si colloca al di sotto, collegandosi con i quattro Sephirot che circondano Tipheret e posizionandosi su quest'ultimo. Essa è la proiezione di coscienza individuale individualizzata che è consapevole delle cose, le desidera e cerca di ottenerle. È una "macchina" creata, voluta, inventata dall'Io per investigare la natura dell'Universo, Ruach è quella parte di sè che consiste di sensazioni, percezioni o pensieri, emozioni e desideri. H.P.B. chiama questo principio Manas inferiore, quello più vicino alla natura Karmica. Nel Vedanta si chiama Manomayakosha (Guaina Mentale), nel Raja Yoga lo si avvicina a Nefesh e si chiama Sukshmopadhi (Corpo sottile); il suo chakra è l'Anahata, che si trova vicino al cuore fisico. La sua posizione nell'albero sephirotale indica che essa comprende Memoria, Volontà, Immaginazione, Desiderio e Ragione. Ruach è l'Ego fallace ed empirico, quella parte di noi che si autonomina IO, mentre, come principio, ne è la negazione. L'abiura di questo falso Ego è il compimento sostanziale di ogni evoluzione spirituale. Ruach è lo Spirito Divino, equivalente di Pneuma dei Greci e di Spiritus dei Latini, il cui significato letterale è "vento" (come il greco "anemos"), da cui il latino "animus" e l'italiano "anima". Essa è la sede delle passioni e proviene da Gezirah, il terzo mondo cabalistico. Nella Cabala, Ruach corrisponde al Ab Hati egizio, ossia al cuore, alla sensazione, alla componente ricevente dell'anima animale.
SANKHYA
(San.) - Letteralmente significa "numerazione" e sta a designare un sistema filosofico indù che indaga circa l'evoluzione degli elementi della realtà fisico-sensibile e delle facoltà atte a percepirla; questa realtà nasce da una materia primordiale (prakriti) e si sviluppa attraverso gradi di manifestazione puramente psichici (buddhi, ahamkara, manas, ecc.), in seguito alla rottura di equilibrio fra i suoi tre stati allotropici fondamentali (guna). Il Sankhya classico è un sistema ateo che ebbe nell'antichità una fase religiosa, mentre oggi si propone la separazione fra la prakriti, cui appartiene il mutevole mondo della Natura naturante, ed il Purusha, la monade spirituale cosciente ed inattiva al centro della personalità umana. Questo sistema, presentito nelle indagini fisiche delle Upanishad più antiche, appare chiaramente enucleato, quale strumento di ricerca, in quelle più recenti. Questo sistema di filosofia fu fondato dal Rishi Kapila e rappresenta un sistema di metafisica analitica, una delle sei Darshana o scuole di filosofia. Tratta delle categorie numeriche e del significato dei venticinque tatwa (le forze della natura in vari gradi). Tale "Scuola atomistica", come la chiamano alcuni, spiega la natura attraverso l'interazione dei ventiquattro elementi con purusha (lo spirito) modificato dai tre guna (qualità); insegna l'eternità di pradhana (la materia primordiale, omogenea), o l'autotrasformazione della natura e l'eternità degli Ego umani. Per il Sankhya, la salvezza consiste nel prendere coscienza, da parte dell'uomo, della spiritualità a lui inerente e nel raggiungere, una volta svincolato dal ciclo delle rinascite, lo stato di assoluta trascendenza. Anche la natura, come lo spirito, è un fato originario, ed è caratterizzata da tre elementi costitutivi, i guna, ciascuno dei quali ha proprietà specifiche. Dal vario combinarsi dei tre guna hanno origine le determinazioni sensibili, di cui fanno parte anche i processi psichici dell'uomo compresa l'attività intellettiva. Lo spirito non ha alcuna attività, ma rimane come una luce che rende possibile la funzione conoscitiva. Sul piano gnoseologico, il Sankhya riconosce validi solo tre mezzi di conoscenza: la percezione, l'inferenza e la parola degna di fede, ossia la parola sacra dei testi rivelati (sruti).