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MANU

 
(San.) - Il grande legislatore Indiano. Il nome deriva dalla radice sanscrita man, "pensare" - l'umanità in realtà, ma sta per Swayambhuva, il primo dei Manu, che cominciarono con Swayambhu, l'"auto-esistente", quindi il Logos ed il progenitore dell'umanità. Il Grande Reggente dei Guardiani di un sistema planetario. Nei miti Brahmanici è l'equivalente di Adamo biblico. È il prototipo della razza umana "pensante", uno dei 14 creatori secondari e progenitori degli uomini. Nella mitologia indù è il Demiurgo, un Essere Divino, progenitore degli uomini, ed anche il primo grande Legislatore. A lui è attribuita la suddivisione degli uomini in caste. Il così detto codice di leggi che porta il suo nome (Le Ordinanze di Manu) è l'opera più autorevole e prestigiosa fra i testi che trattano del dharma, ossia dei diritti e dei doveri dell'uomo, in tutte le branche della sua attività. L'epoca di composizione del testo , che conserva brani molto antichi, è a cavallo dell'inizio dell'era volgare: II secolo a.C., II secolo d.C. Esso godeva larga fama già nel IV secolo d.C. e fu successivamente e ripetutamente commentato. Più che di un codice vero e proprio, si tratta di una raccolta di principi generali cui deve ispirarsi la società e sostiene chiaramente i privilegi della casta brahmanica, alla quale è riservata l'interpretazione autentica della tradizione. Sono in tutto 12 libri in versi, ciascuno dei quali tratta un particolare argomento. Per quanto concerne il collegamento fra i Manu e l'umanità, all'inizio di ognuna delle sette Ronde, od Onde di vita, di una Manifestazione, per ognuna delle sette Razze radice e per ognuna delle sette Sottorazze, vi è un Manu di quella umanità, che ne è il Progenitore. Considerando che noi viviamo nella Quarta Ronda, Quinta Razza radice, Quinta Sottorazza (4x7=28+5=33), dobbiamo considerarci sotto il 33^ Manu, numero che, per alcuni casualmente, rappresenta l'età di Gesù al momento della crocifissione. Ogni Razza ed ogni Sottorazza ha un Manu Radice che apre la sua umanità come Progenitore, ed un Manu Seme che chiude il periodo, raccoglie il karma e lo riporta alla sottorazza successiva. Manu procede da Mahat, come il pensiero procede dalla mente. I Purana raccontano che la stirpe dei Manu è stata generata da Vaivasvata Manu, figlio di Surya, il Sole, il Salvatore della nostra razza. Manvantara è equivalente a Manu-antara e significa periodo di tempo fa due Manu. Un giorno di Brahma comprende sette Ronde, ogni Ronda ha sette Razze, ogni Razza sette Sottorazze, pertanto ogni Ronda ha 49 Manu ed un Giorno di Brahma 343 Manu. Ma 343 è un numero dai mille significati. 3+4+3 sono i Regni della Natura, 343 è la durata di un anno lunare (8 mesi di 28 giorni + 4 mesi di 29), e 343 è il raggio reale del sistema indù di quadratura del cerchio. Poiché il cerchio è il simbolo primo della manifestazione ed il quadrato il simbolo della caduta nella materia, esiste un rapporto fra l'astronomia e l'umanità ? Nei Vishnu Purana si dice che il regno di un Manu dura 71 periodi di 4 età; ciò corrisponde ad un Mahayuga, ovvero 4.320.000 anni solari. La suddivisione settenaria dei Manu e delle umanità (che poi sono la stessa cosa, risponde all'unità fondamentale dei grandi periodi che è la settimana (Sette Manu) composta di sette giorni. I sette Rishi ed i 14 Manu dei sette Manvantara, usciti dalla mente di Brahma, sono i Figli nati dalla Mente, quelli con cui ha inizio l'umanità divisa in Razze, l'uomo Celeste, il Logos, ecc. L'Uomo Celeste è Adamo Kadmon, la sintesi dei Sephiroti, come Manu Svayambhuva è la sintesi dei Prajapati. Nell'allegoria Vaivasvata Manu, il nostro Progenitore, è un Uomo Deva che salva nell'Arca (il principio femminile) i germi dell'umanità ed anche i sette Rishi che qui stanno come simboli dei sette principi umani. Nel Rig Veda, Manu è considerato come colui che istituì ed insegnò il sacrificio ed ogni altra cerimonia religiosa, Questo nome, poi, è stato applicato ai progenitori e sovrani della Terra, che la governano per un lungo periodo. Il primo Manu è Svayambhuva, l'Autoesistente, l'Autogenerato, Creatore secondario dopo Brahma. Sembrerebbe che a questo Manu sia attribuito il famoso codice di leggi

PRAJAPATI (San.)

 
Letteralmente i "Signori della Progenie" ovvero I Progenitori, attributo che si applica a Brahma come signora della Creazione. Essi sono i datori di vita a tutto ciò che è su questa Terra; i sette e poi dieci e corrispondono ai sette ed ai dieci Sefiroti Cabalistici, ai Mazdeani Amshaspend, agli Elohim dell'ebraismo, ai Sette Spiriti della Presenza dei Cabalisti, ai Figli del Fuoco, ai Sette Arcangeli Cristiani, ai Figli di Ildabaoth degli Gnostici, ecc. Brahma, il creatore, è chiamato Prajapati, come sintesi dei Signori dell'Esistenza. Questo Dio progenitore del Brahmanesimo, considerato il padre degli Dei, dei Demoni e dell'Umanità, oltre che manifestazione dell'Unità e dell'Infinito, divenne poi la personificazione del sacerdozio. Nei Veda è il Signore (pati) delle Creature (praja), e simboleggia il potere creatore e rivelatore, insito in ogni elemento della realtà; è uno dei dieci creatori secondari, a loro volta creati da Brahma. È un epiteto di Vishvakarman, l'architetto degli Dei. Nelle Upanishad, le sue funzioni riflettono concezioni metafisico-teologali, più che strettamente mistico-religiose. Egli trascende la funzione luminosa dei Deva, come quella magica degli Asura, essendo il padre di entrambi. Egli "cova" i mondi, dai quali nascono i tre Veda, "cova" i tre Veda dai quali nascono bhur-bhuva-svar; da questa giaculatoria, con lo stesso processo, nasce il pranava OM. Prajapati esprime in generale il potere germinante del cosmo il suo provvido disegno e la totalità del creato; esso è anche l'anno solare diviso in sedici parti, ecc. I Prajapati sono Esseri divini, finiti, Vite manifestate che compiono la rivelazione, e diventano Dei per gli uomini. Secondo i Veda, infatti, la Creazione non è opera di Brahma, ma dei Prajapati, o Rishi, che sono i Signori dell'Essere. Questi corrispondono ai Sephiroti dell'Albero della Vita e, come tali, sono dieci; ma diventano sette quando la Trimurti, corrispondente alla Triade superiore cabalista, si separa dal resto. In quel momento i Prajapati, o Rishi, diventano i Costruttori, o Creatori, come avviene per i Sephiroti che, a loro volta, diventano Creatori, Patriarchi, ecc. Il fenomeno ha inizio con Brahma che emerge dall'Uovo del Mondo, al termine dell'incubazione divina, uovo che era stato fecondato dall'Autoesistente, Narayana, o Svayambhuva. A questo punto l'Androgino si sdoppia (Brahma-Viraj e Aditi-Vach), emanando i Prajapati; tutti insieme, poi, formano l'Uomo Archetipo, il Protologos. Successivamente, nel loro aspetto secondario, i Prajapati diventano i Poteri Cosmici ed i corpi astronomici e siderali. Riassumendo, quindi, la cosmogonia ha inizio nel modo seguente: HIRANYAGARBHA -------> Uovo d'Oro, Circolo nel Cielo PARABRAHMAN -------> L'area esterna al Cerchio LOGOS -------> Brahma, il Punto nel Cerchio PRAJAPATI -------> Creatori, Costruttori GERARCHIE Varie -------> Funzioni successive discendenti Parabrahman, essendo esterno al cerchio della manifestazione, è inaccessibile. Attraverso Mulaprakriti (la superficie interna al cerchio), esso lancia il Raggio di Luce, il Logos, che diventa il Progenitore del futuro universo, nel quale si espande. Dapprima esso si divide in due : Brahma-Viraj (il maschio, Adamo) e Brahma-Vach (la femmina, Eva). Si forma la Triade superiore (Agni, Vayu e Surya), dalla quale discende immediatamente il Settenario inferiore. Esotericamente, Brahma manifestato come Prajapati, ha dodici corpi o attributi: 1) Fuoco 2) Sole 3) Luna 4) Esseri viventi 5) Vayan 6) Shiva (morte) 7) Terra 8) Cielo 9) Agni 10) Aditya 11) Mente 12) Grande Cielo infinito La base del modello creativo, in tutte le cosmogonie, è il 10, che si può scomporre in 3+7, ed il sette a sua volta in 6+1, dove l'1 è la sintesi del 6. La sequenza è quella di Pitagora, 1+2+3+4, ovvero la Tetractis. E non si deve dimenticare che 7 è 3+4, ovvero la forma primordiale della Croce (il cubo dispiegato). I Prajapati sono anche Anupadaka, cioè "senza genitori", dal momento che sono nati dalla mente di Brahma; exotericamente essi sono conosciuti sotto diversi nomi: Marichi, Atri, Angiras, Pulastya, Pulaha, Kratu, Vasishta (o Daksha). Brahma è la sintesi dei Prajapati, come Adamo Kadmon è la sintesi dei Sephiroti; ma anche i Titani, i Cabiri, ed altri Esseri simili, sono considerati i grandi antenati della razza umana; anch'essi sono sette, come i Manu, i Noachidi e quanti altri furono creati con lo scopo di fornire la terra di abitanti. Sette erano anche gli Incas (progenitori), gli Aleti, le immagini di Yao, i Raggi del Battello Solare. Quanti volessero seguire il dettaglio del racconto della creazione fatto da H.P.B. leggano, nell'edizione italiana, il volume VI, pag. 218, nota 40 ed il volume V, pag. 18, nota 20. Nelle loro forme inferiori, i Prajapati non sono Dei o Esseri soprannaturali, ma Spiriti progrediti di un altro pianeta inferiore, rinati su questo pianeta, dando origine alla presente Ronda dell'attuale Umanità. Si tenga presente che nella catena settenaria si ripresentano Nomi ed Entità che non sono sempre gli stessi, ma Gerarchie inferiori man mani che si discende sullo Arco Oscuro, quello di sinistra. Ci sono sette Rishi in ogni Razza Madre e quattordici Manu in ogni Ronda: se a tutti diamo il nome di Prajapati, quali discendenti dai primi Progenitori, ne scaturisce la confusione che ha disorientato tanti orientalisti. Brahma Prajapati è il Tetragrammaton, il Quaternario manifestato, il Microprosopo cabalistico, che diventa quadruplo per assumere quattro forme e dar luogo a quattro tipi di creature superne. Ma dal corpo di Brahma scaturiscono poi infinite creature, come del resto dal corpo del Microprosopo cabalistico.

MONADE (Gr.)

 
Termine usato nella scuola pitagorica per indicare l'unità originaria (monas) dalla quale deriva la serie dei numeri. Monas è uguale al termine Monade, "Solo", una unità. Nel sistema Pitagorico, la diade emana dalla Monas superiore e solitaria, che è, quindi, la "Causa Prima". Archita e Proclo distinsero la Monade dall'Uno Assoluto, del quale essa sarebbe il principio di limitazione intelligibile. Platone definisce "monadi" le idee, ma solo per designare il loro carattere di indipendenti unità; per i neo-platonici la monade è Dio, quale unità ultima ed essenziale. Nel Rinascimento è Cusano a riprendere il concetto di monade, che ritiene ogni cosa un microcosmo, una unità in piccolo. Giordano Bruno ne fa la base della sua matematica magica, considerando le monadi parti componenti minime dei corpi. Leibniz crea la "monadologia", una concezione dell'universo basata sulle monadi, che egli considera sostanze o principi attivi. Per lui la monade è il centro di percezione assolutamente autonomo, poiché ciò che la monade rispecchia non deriva da un influsso della realtà ma da un processo di adeguazione, i cui momenti sono predeterminati da Dio, che è la Monade delle monadi. Kant tenta di conciliare la monadologia di Leibniz con la fisica di Newton mediante il concetto di monade fisica. Nell'epoca del Romanticismo è Goethe a parlare di monadi, mentre in epoca moderna il concetto è ripreso da Lotze, White-head ed Husserl. L'Unità, l'uno; ma in Occultismo significa spesso la triade unificata, Atma-Buddhi-Manas, o la diade, Atma-Buddhi, quella parte immortale dell'uomo che si reincarna nei regni inferiori della natura e gradualmente progredisce attraverso essi fino all'Uomo, e quindi fino alla meta finale - il Nirvana. La Monade è il principio eterno ed immortale nell'uomo, poiché è parte indivisibile del Tutto integrale - lo Spirito Universale - dal quale emana e viene assorbita alla fine del ciclo. I Vedantini la chiamano sutratma (il filo dell'anima) e le danno un significato intraducibile nelle lingue occidentali. La Monade, nata dalla natura e dall'Essenza dei Sette (il suo principio più elevato essendo immediatamente avvolto dal settimo elemento cosmico), deve compiere la sua rivoluzione settenaria attraverso tutto il ciclo dell'Essere e della Forma: da Dio all'uomo e dall'uomo a Dio. Sulla soglia del Paranirvana, la Monade assume di nuovo la sua Essenza primordiale e diventa ancora una volta l'Assoluto. Esiste un numero limitato di monadi che evolvono e diventano sempre più perfette mediante l'assimilazione di numerose personalità successive in ogni nuovo Manvantara. L'evoluzione dei Globi planetari e delle Monadi umane procede di pari passo. La Monade non ha alcuna relazione con l'atomo, o la molecola così come sono concepiti dalla scienza. Essa è la combinazione degli ultimi due Principi dell'uomo: il sesto ed il settimo; propriamente parlando, il termine "monade umana" si applica alla Duplice Anima: Atma-Buddhi. La Monade, o Jiva, non è spirito, ma un Raggio, un Soffio dell'Assoluto. Come tale essa non può manifestarsi sul nostro piano, o per meglio dire, si manifesta a condizione che si verifichino due premesse: (1) un modello spirituale, o prototipo, sul quale plasmare il materiale fisico; (2) una coscienza intelligente che guidi il suo progresso. La "vita" ed il suo veicolo formano il modello sul quale si plasma il corpo fisico; dopo arriva l'anima e la mente. Tutto ciò avviene mentre la monade segue l'arco discendente; contemporaneamente evolvono gli Elohim che la assistono e quando essi la incontrano nasce il simbolo terrestre dell'Uomo Celeste, l'Uomo Perfetto. Secondo Pitagora, la Monade allo stato di UNO è causa di ogni unità e misura di tutte le cose. La Duade è la Madre del Logos, ed è sostanziale. Segue la Triade, da cui deriva l'Universo manifestato. A questo punto la Monade torna nel Silenzio e nelle Tenebre da cui era apparsa come Punto al centro del Cerchio. La monade umana, quindi, acquista consistenza nella Trinità umana (Atma-Buddhi-Manas) e procede durante il Manvantara. Il discorso sulla Monade, trattato da molti grandi filosofi, è molto difficile e non può essere esaurito con le parole; per essere capito richiede un grande sforzo individuale, uno stato immaginativo che vada oltre il razionale. La Monade, infatti, fondamentalmente, è un mistero. Per i Massoni, la Monade è il trono della Divinità Onnipotente, situata al centro dell'Empireo per indicare T.G.A.O.T.U. La Monade è l'unità universale non manifestata, mentre le monadi sono le unità manifestate. Nel triangolo, la Monade al vertice è il Padre, il lato sinistro è la Duade, ovvero la Madre, il lato destro è il Figlio; la base del triangolo è il piano universale della Natura produttiva che unisce la Trinità al piano fenomenico, come il vertice unisce al piano supersensorio. La Diade, la Materia, considerata dai pitagorici come origine del Male, è la Terza Monade, o la linea che congiunge i due punti, o numeri, e procede da ciò che era prima dei numeri. Da questa Diade derivano tutte le Scintille dei Tre Mondi, o Piani, Superiori, ed i quattro Inferiori, che sono in interazione e corrispondenza: DIO SPIRITO ATMA MONADE MENTE MANAS ATOMO CORPO STHULA SHARIRA Le Monadi Jiva sono le anime degli atomi; entrambi formano il tessuto di cui si rivestono i Dhyan Chohan quando debbono assumere una forma. Si sta parlando, ovviamente, di Monadi individuali e di anime atomiche, prima cioè che gli atomi discendano nella forma terrestre: in questo stadio, la Monade non ha alcuna individualità. È nel percorso di risalita, nell'arco ascendente, che essa passa attraverso i sette stadi dell'evoluzione terrestre, fino al punto in cui la sua coscienza corrisponde a quella divina. Leibniz fu molto vicino ad enunciare la verità, ma non essendo un Iniziato, non riuscì a raggiungerla. La sua Monade è per certi aspetti Forza, per altri Materia. Per la scienza occulta, forza e materia sono la stessa cosa, o due aspetti della stessa cosa. Ogni monade è uno specchio vivente dell'universo. Le radiazioni Arupa, che esistono nell'armonia della Volontà Universale (il collettivo delle volontà cosmiche sul piano dell'universo), uniscono fra loro una infinità di Monadi (ognuna specchio del proprio universo), così individualizzando una Mente indipendente, onnisciente ed universale. Con lo stesso processo di aggregazione magnetica, creano per sè stesse corpi oggettivi, visibili, ricavati dagli atomi interstellari. Questo legame fra Macrocosmo e Microcosmo ci porta a dire che la discesa e la risalita della Monade e dell'Anima sono legate al Cielo, ovvero allo Zodiaco, le cui costellazioni ed i cui segni sono qualcosa di più di un puro gioco di oroscopo. La Monade deve passare attraverso le sue forme (minerale, vegetale, animale) prima che la luce del Logos sia ridestata nell'animale-uomo. La Monade umana è identica a quella animale; la unica differenza risiede nella Mentalità e nella Autocoscienza, il che non è poco. La Mentalità è il principio informatore dell'uomo, il Sè Superiore, dotata di intelligenza divina; l'Autocoscienza, anche se identica, è dotata solo di facoltà istintive. La Monade, abbiamo detto, agisce inconsciamente mediante una forza che le è inerente; quando il Sè astrale ha costruito nell'uomo il tabernacolo idoneo, allora la Monade va ad abitarlo ed appare il suo principio cosciente. Essa è impersonale, un Dio in sè, anche se al suo livello è incosciente. Quando è separata dal suo terzo principio (il Manas, la base orizzontale del triangolo manifestato), non può avere coscienza o percezione delle cose su questo piano terrestre. Sul piano manifestato, Purusha è cieco senza Prakriti, come la Monade è cieca senza Manas. Con la Prima e la Seconda Razza, le Monadi destinate ad animare le razze future, avevano subito la fase di immetalizzazione (vita vegetale ed animale) ed erano pronte per la forma umana ed intelligente. A questo punto, i Nati dalla Mente. a metà della Terza Razza, diedero l'esistenza (il Manas) ai nati dalla Volontà, gli uomini ancora incoscienti). In realtà, solo nella Quarta Razza il quarto principio umano si sviluppa abbastanza per supportare il Quinto che, a sua volta, si svilupperà nella prossima Ronda, per diventare divino nell'ultima. Quando si dice che una Monade entra in un corpo, non si intende che essa va a sovrapporsi ad un'altra Monade, bensì che va ad incrementare l'intensità di quella che c'è già, sviluppando una qualche funzione aggiuntiva. Un raggio di luce che si aggiunge ad un altro non dà luogo a due raggi, ma ad un raggio più intenso. Le Monadi non sono principi distinti e limitati, ma raggi di un unico principio universale assoluto. Vi sono Monadi più avanzate e Monadi meno avanzate, popoli considerati più civili, altri meno; ciò, però, è solo frutto del karma e non può portare a discriminazioni razziali. Se la Monade comincia il suo ciclo di incarnazioni attraverso i tre regni oggettivi (minerale, vegetale, animale) sulla curva discendente, deve necessariamente entrare nella curva ascendente ancora come uomo. Nell'arco discendente, la spiritualità si trasforma in materialità, in quello ascendente avviene il contrario. Alla fine della Settima Ronda della Settima Razza, la Monade è libera da tutte le sue qualità e ritorno quale era al principio, con in più l'esperienza e la sapienza acquisite durante le vite personali. La monade è, e rimane, divina; essa passa attraverso tutti i regni perchè, al fine di raggiungere la perfezione assoluta, deve riflettere in sè ogni forma di ciascun regno. Ed allora si capisce perchè si può parlare di Monade mineralizzata, vegetalizzata, animalizzata, umanizzata, spiritualizzata, ecc., fino a raggiungere l'Uomo Celeste, la Monade perfetta, che come una goccia d'acqua, si butta nell'Oceano dal quale era partita. Il progresso della Forma, o la sua materializzazione, è un regresso per la Monade, la cui spinta verso l'alto, invece, ritorna quando comincia a ridursi la vis formativa. Ma il passaggio attraverso la Forma è indispensabile, al punto che lo Zohar afferma: "i mondi primordiali (le scintille) non potevano continuare perchè l'uomo non c'era ancora". All'inizio del Manvantara, il primo Manu riceve vita dallo Spirito dell'Umanità, ossia la sua Monade è emanata dal Principio sempre attivo. Questo principio, Logos o Monade universale (Elohim collettivo), irradia dal suo interno tutte le Monadi Cosmiche che diventano i Centri di attività. Questi centri sono i Progenitori degli innumerevoli Sistemi Solari, ed anche delle monadi umane non ancora differenziate. Svayambhuva, o il Nato da Sè, è la Monade Cosmica che diventa il Centro di Forza dal cui seno emerge una Catena planetaria. E le radiazioni di questo centro diventano altrettanti Svayambhuva, ciascuno dei quali, come collettività, diventa il Creatore della sua Umanità. La discesa della Monade Divina dal Cielo ad un piano inferiore, per incarnarsi, è ciò che trasforma l'animale di creta in un Dio immortale. Dice Eliphas Levi: "Gli Angeli aspirano a diventare Uomini perchè l'Uomo Perfetto, l'Uomo-Dio, è superiore anche agli Angeli". Nella Cosmogonia cinese, con evidente allegoria, Le Monadi sono identificate con le Stelle. Cabalisticamente, la Monade è UNO e dà origine all'Eptade, il numero perfetto e sacro di questo Manvantara. Il corpo, la persona, delle razze prima, seconda e metà della terza, era privo di Manas e, quindi, non aveva karma. Esso nasce con il risveglio della Monade alla conoscenza, con la libertà di poter scegliere il bene ed il male, con quello che viene chiamato "il peccato originale" (prima di allora Adamo dormiva, ovvero agiva come un automa). Talvolta diventa incomprensibile il fato che la Monade, per incarnarsi, abbia bisogno di un telaio umano già formato. Invece diventa a tutti chiaro quando si pensa che, chiunque debba produrre un oggetto, comincia con un disegno di massima, un bozzetto e poi un vero progetto. Quando questo è pronto, si dà il via alla realizzazione. La Mente umana procede allo stesso modo di quella dei Poteri creatori della Natura. Ogni Forma, sia sulla Terra che nell'Universo, può diventare oggettiva solo se è stato formato nello spazio il suo prototipo astrale. Ed è così anche per l'uomo. Appena i Progenitori hanno ultimato il Corpo Astrale, la Monade si incarna, e da quel momento ha inizio il lavoro di consolidamento fisico attorno al prototipo nebuloso.

MANAVA

 
(San.) - Una terra dell'India antica; un Kalpa, o Ciclo. Il nome di un'arma usata da Rama; ha anche il significato "di Manu".

MANAVA DHARMA SHASTRA

 
(San.) - Antica opera indù chiamata Legge di Manu. In essa è contenuto il codice morale e tutte le dottrine metafisiche.

VRIDDHA MANAVA

 
(San.) - Le leggi di Manu.

RUDRA

 
(San.) - Il "terribile", l'appellativo più consueto dato al Dio Distruttore, nella letteratura vedica. Il suo nome significa "il rosso", "l'urlante", e si tratta di una divinità dell'India antica che solo in un secondo momento fu identificata con Shiva, il Dio degli yogin per eccellenza. La sua funzione mistica appare già nella Maitri e nella Prasna; il plurale, Rudrah indica una classe di Dei, altrove indicati come Marutah, i quali simboleggiano i venti tempestosi nell'atmosfera ( e le diverse forme del prana entro la compagine umana), che accompagnano Indra nelle sue imprese. Nell'antica mitologia indù, che si ritrova per intera nei Veda, Rudra dimora nei boschi da dove lancia le frecce che colpendo gli uomini dividono la morte e le malattie. E per tale motivo, viene spesso invocata perchè offrisse i suoi medicamenti. La trasfigurazione in Shiva dovrebbe avvenire alla fine del mondo quando esso si muove fra i cadaveri, in un nembo di tenebre che lo rendono invisibile. Esotericamente, il termine Rudra non è soltanto l'antico Dio indù, o un appellativo di Shiva, ma comprende anche gli agenti della creazione, angeli ed uomini. Gli Spiriti del Fuoco, la cui caratteristica è settenaria, sono la personificazione dei Fuochi Sacri più occulti della Natura. Essi sono identici ai Kumara, e forse anche ai Cabiri, ai Titani, agli Asura. Li accomuna il fatto di essere Forze e Fuochi correlati. Essi sono sette manifestazioni di Rudra Shiva, sia come Distruttore che come grande Yoghi ed Asceta. Non si tratta di demoni, come qualcuno sostiene, bensì di Esseri la cui santità e castità è al di sopra di qualsiasi divinità del Pantheon di altri popoli. Parashara dice che vi sono varie classi di Rudra e che "si cono cento appellativi dei potentissimi Rudra". Anch'essi sono condannati a nascere in tutte le epoche, a reincarnarsi in ogni Manvantara, e ciò per loro scelta, dal momento che rifiutarono di evolversi come Ombre dai loro Fratelli. Nel testo di Manu si dice: "I Saggi chiamano Vasu i nostri padri, Rudra i nostri nonni paterni, Aditya i nostri bisnonni paterni". E questo è anche un eterno testo vedico! I Rudra sono incarnazioni di Shiva e trasformano gli Uomini in Dei, sia nel bene che nel male. Dai Rudra derivano i Dhyan Chohan appartenenti alla gerarchia dei Draghi di Fuoco della Saggezza, i progenitori di quei "serpenti", o "Draghi", che furono i Maghi della Quarta e Quinta Razza. D'altra parte, Shiva è il patrono di tutti gli Yoghi e gli Adepti, e nelle sue incarnazioni come Rudra troviamo sia la Saggezza Divina che il casto Ascetismo. I Rudra non sono Prajapati, bensì i loro principi informatori, alcuni dei quali si sono incarnati come uomini, mentre altri hanno fatto degli uomini i loro veicoli, o "riflessi". Nella Guerra in Cielo, i Rudra stanno con Indra, dalla parte di Brihaspati. Rudra Shiva è anche uno dei più grandi Re delle Dinastie Divine, ed è il patrono della Terza, Quarta e Quinta Ronda. Nello Yagiur Veda bianco, Rudra compare come grande Dio, Mahadeva, il cui simbolo è il Lingam. Nel Rig Veda è chiamato "lo urlatore", una divinità Guaritrice e Distruttrice. Nel Brihadaranyaka Upanishad, i figli di Rudra, Dio del Fuoco, sono i dieci soffi vitali (prana), con il cuore (manas) come undicesimo. Brahma chiama Rudra "il Distruttore" e gli dà altri sette nomi, che significano sette forme di manifestazione, ed anche i sette poteri della Natura, che distruggono e ricreano. Karttikeya nasce dal seme di Rudra gettata nel fuoco (Agni) e poi accolta dall'acqua (il Gange). Nella filosofia esoterica, i Rudra sono i più alti Dhyan Chohan per quanto concerne l'intelletto; essi, avendo acquisito con l'autosviluppo la natura quintupla, sono divenuti indipendenti dai puri Arupa Deva. I Rudra sono nello stesso tempo quantità e qualità, come si dice nel Rig Veda. Qui Shiva non è menzionato mai, mentre ricorre il termine Rudra, spesso usato anche per Agni, i cui figli sono i Marut. Riguardo all'origine di Rudra, in diversi Purana si dice che la sua progenie (spirituale), creata in lui da Brahma, non è limitata nè ai sette Kumara, nè agli undici Rudra, ma "comprende un numero infinito di Esseri, simili nella persona e negli attributi al loro padre (vergine). Allarmato per la loro ferocia, per il loro numero e la loro immortalità, Brahma desiderò che suo figlio Rudra formasse creature di una natura differente e mortale". Rudra, rifiutando di creare, divenne il primo ribelle. Rudra, come padre dei Marut, ha molti punti di contatto con Indra, il Marutvan (Signore dei Marut). Rudra, si dice, abbia ricevuto il suo nome in conseguenza del suo pianto. Per questo Brahma lo chiamò Rudra, ma egli pianse ancora sette volte ed ottenne altri sette nomi, e ne usò uno per ogni periodo. Rudra è affine ad Indra, perchè entrambi hanno a che fare con l'atmosfera, è affine ad Agni perchè entrambi operano crepitando con il fuoco, è affine a Kala perchè, come il tempo, logora ogni cosa.

TRIADE

 
(Eso.) - Complesso di tre elementi, cose o persone. In tutte le religioni, sia monoteiste che politeiste, si trovano triadi di divinità o di figure mitiche; esse possono riferirsi ad un determinato culto (Giove, Giunone e Minerva a Roma), oppure a genealogie divine. A Babilonia troviamo la triade cosmica formata da Anu, Enlil, Ea; quella astrale, invece, è formata da Sin, Shamash e Ishtar; in Grecia troviamo Zeus che governa il cielo, Nettuno il mare, Hades gli inferi; in Giappone, dalla purificazione di Izanagi, nascono: Amaterasu, Tsuki-yomi e Susano-wo; a Tebe troviamo Ammone, Mut e Khonsu; in Egitto Osiride, Iside ed Oro. Queste ultime rappresentano la forma padre-madre-figlio. Nella mitologia germanica, la triade superna è composta da Odino, Thor e Freyr; in India, abbiamo Brahma, Vishnu e Shiva; in Persia abbiamo una triade anomala costituita da Ahura Mazda, Asha e Vohu Manu. La tripartizione, come abbiamo visto, non ha sempre lo stesso significato; può trattarsi della tripartizione del mondo, del modello della famiglia, della divisione della società in categorie, delle fasi della produzione terrestre, ecc. I dieci Sephirot sono concepiti come un gruppo composto da tre triadi: Kether, Chokmah e Binah formano la triade superiore; Chesed, Geburah e Tipheret formano la seconda; Netzach, Hod e Yesod formano la triade inferiore. La decima Sephira, Malkuth, rimane al di là di queste tre triadi. Questa classificazione appartiene alla Cabala ortodossa Occidentale. Gli Occultisti Orientali riconoscono una sola triade - quella superiore (corrispondente ad Atma-Buddhi ed all'"Involucro" che riflette la loro luce, i tre in uno) - e contano sette Sephirot inferiori, ognuno dei quali sta per un "principio", a cominciare dal Manas Superiore e terminando con il Corpo Fisico - di cui Malkuth è rappresentativo nel Microcosmo e la Terra nel Macrocosmo. La Triade è la forma della Tetractys, o i Quattro Sacri nel Cerchio. È la Fiamma Trilingue che mai si estingue: la Triade spirituale dell'uomo formata da Atma, Buddhi e Manas. Marco, il capo dei Marcosiani, attribuisce alla Divinità il numero 30, in quattro sillabe: esotericamente ciò significa la Triade nel Quadrato, il Ternario ed il Quaternario, 3+4, il Sette, tante quante sono le lettere segrete di cui si compone il vero nome di Dio. Triade, talvolta, è adoperata come sinonimo di Ternario, di Trinità, ed anche della Trimurti.

SEPHIROTI

 
(Eb.) - Argomento molto arduo da svolgere, sia per il suo profondo significato mistico, sia per la necessaria cautela che si deve a quella disciplina divina che è la Cabala. Nel rispetto di tutto e di tutti cercheremo di dire quanto è possibile dire, e speriamo basti. En Soph è qualcosa che cade al di fuori della comprensione umana, è inaccessibile, è indefinibile, è il Deus absconditus al quale non si può associare nessun attributo. Da questo non-essere nasce la creazione, non come estrazione dal nulla , ma come emanazione. Il mondo nasce dal Nulla, da quella Non-entità che è la Pienezza della Divinità sconosciuta. Essendo l'Assoluto senza limiti, l'emanazione non può avvenire al di fuori di Esso, ma solo all'interno. Ed allora ecco che En Soph crea al suo interno una contrazione, un riflusso, che libera uno spazio (lo spazio primordiale); possiamo chiamarlo un movimento centripeto di regressione, una inspirazione. Nasce il cerchio, al centro del quale appare il Punto, la prima manifestazione di En Soph. Entra ora in azione la forza centrifuga, il movimento di emersione, l'espirazione che irrompe nello spazio liberato come Luce. Il Punto primordiale è il passaggio dal Nulla all'Essere, è adimensionale e contiene il Tutto. È il germe delle dimensioni e nell'alfabeto ebraico è espresso dalla lettera Iod. Quando il Punto assume l'aspetto di Ideazione Divina, o Pensiero ideale della creazione, esso diventa la Saggezza, Chokmah, la seconda Sephira. Quando questa Saggezza, plasmate le forme, scolpite le impronte, si trasforma in Intelligenza, siamo alla terza sephira, Binah, ed ha inizio la differenziazione. In questo modo si chiude il primo triangolo, quello superiore, la sfera ontologica principale, il Principio unitario, il Mondo Archetipo. Qui troviamo ciò che nella Bibbia viene descritto l'Abisso sul quale vola la Forza attiva di Dio, il Padre-Madre di ogni cosa manifestata a livello puramente metafisico. L'emanazione continua con altri sette aspetti, racchiusi in due triangoli capovolti successivi che costituiscono il Mondo delle Orbite ed il Mondo Elementare. Questi sette aspetti della manifestazione di En Soph, scaturiti dalla mistica Madre Binah, sono i sette giorni della Bibbia, i sette stadi originari della creazione. Concludendo: dall'En Soph, dalla Essenza e dalla Totalità del suo Essere nascosto, scaturisce un flusso emergente che viene simbolicamente raffigurato come l'emanazione dei Sephirot. Lo splendore del Potere creativo diventa processo creativo attraverso dieci aspetti che, in gradi diversi, rappresentano ciascuno il particolare modo in cui Egli agisce. I Sephirot, quindi, sono gli archetipi, le determinazioni essenziali, le cause prime, i principi di tutte le cose manifeste. Non sono Enti distinti, ma aspetti vari della Realtà Una che è Kether, o Adam Kadmon, l'Uomo Prototipico. Essi sono semplici modificazioni della Mente divina, cifre di un unico numero, l'Uno, che li emana e li contiene. L'Albero sephirotico è come un mandala, ha senso nel suo complesso, lo perde se si prende in considerazione una parte. In Natura vi sono varie forze che, nel loro insieme possono essere considerate, valutate, descritte, ma singolarmente cessano di esistere. Non è possibile separare la forza centrifuga dalla forza centripeta, la forza di gravità dalla Legge dei più leggeri, l'inerzia dal moto, è così via. Allo stesso modo, ogni sephira esce dallo sbocciare della precedente ed a sua volta fiorisce per dar vita alla successiva. Ogni sephira è un'Idea, una Potenza-Sostanza, una Energia, una Forza, a seconda dell'angolo di osservazione, talché l'Albero sephirotico, alla fine, diventa una rappresentazione simbolica sia del mondo manifestato che di quello non manifestato. Questo simbolo può essere applicato a qualsiasi cosa, a qualsiasi situazione, a qualsiasi evento del mondo manifestato; e dunque anche all'uomo, con corrispondenze fisiche che servono per operazioni occulte. La Saggezza corrisponde al cervello, la Bellezza al cuore, Amore e Giustizia sono le braccia, e così via. Il processo di emanazione si volge attraverso quattro mondi: il triangolo superiore è il mondo dell'emanazione o mondo degli archetipi, il secondo è il mondo della creazione, il terzo è quello della formazione; l'ultima sephira è il mondo manifestato ovvero il risultato di tutto il lavoro di En Soph. Riepilogando, abbiamo che i Sephirot sono le dieci emanazioni della Divinità; la più alta è formata dalla concentrazione dell'Ain Soph Aur, o la Luce Illimitata, ed ogni Sephira produce per emanazione un'altra Sephira. I nomi dei dieci Sephiroti sono: (1) Kether, la Corona; (2) Chokmah, La Saggezza; (3) Binah, la Comprensione; (4) Chesed, la Misericordia; (5) Geburah, la Giustizia; (6) Tipheret, la Bellezza; (7) Netzach, la Vittoria; (8) Hod, lo Splendore; (9) Jesod, il Fondamento; (10) Malkuth, il Reame. Quella della Divinità incarnata nei Dieci Sephiroti è una concezione veramente sublime, ed ogni Sephira è per il Cabalista l'immagine di un gruppo di idee, titoli ed attributi esaltanti, che il nome rappresenta solo debolmente. Ogni Sephira è considerata sia passiva che attiva, sebbene questa attribuzione possa trarre in inganno; passiva non significa un ritorno all'esistenza negativa, e le due parole esprimono solo la relazione fra i singoli Sephiroth e non qualche qualità assoluta. Dopo questa premessa, abbastanza lunga per la pazienza di chi legge, aggiungiamo qualcosa scritta con la solita maestria da H.P.B. I Sephirot della costruzione, che sono i sette compresi fra la Triade superiore e l'ultimo, Malkuth, sono i sei Dhyan Chohan, o Manu, o Prajapati, costituiscono la Prima emanazione, o Logos, e sono i Costruttori dell'Universo inferiore o fisico. Ella ce li presenta come vertici del Sigillo di Salomone ed aggiunge che la loro essenza, o Upadhi, è il Settimo, considerato la Base, o Pietra fondamentale, sul quale è edificato lo Universo oggettivo, i noumeni di tutte le cose. Questi Sephirot, o Costruttori, corrispondono alle Forze della Natura, ai Sette Angeli della Presenza, al sesto ed al settimo principio dell'uomo alle Razze Madri, ecc. Questo parallelismo aiuta a capire come il concetto della creazione sia lo stesso in tutte le religioni, fatto salvo l'uso dei nomi e qualche dettaglio di procedura. E continua. Lo zero è il circolo che limita il mondo manifestato, ossia lo spazio primordiale creato da En Soph nel suo primo moto di contrazione. Dallo zero deriva l'uno (il Punto primordiale), e da queste prime due cifre sono formate tutte le altre. In proposito, Eliphas Levi mostra il prototipo di costruzione dei numeri con lo schema del Giardino dell'Eden. Possiamo anche dire che lo zero è la circonferenza, l'uno il diametro e quindi il processo di emanazione dei Sephirot che porta alla costruzione dell'uomo archetipico, Adam Kadmon, l'origine creatrice di tutte le cose manifestate. Il Tetragrammaton contiene nelle prime tre lettere la Triade superiore, nella quarta la sintesi dei sette inferiori. I Sephirot non sono delle individualità, nè delle astrazioni: essi sono influssi, sostanza spirituale, forza cosciente, sono la Luce emanata da En Soph, attraverso il Punto, nei vari gradi discendenti, sempre più opaca. Adam Kadmon rappresenta anche l'Albero della Conoscenza del Bene e del Male, ha attorno a sè sette colonne che sono i pilastri del mondo, ovvero i Rettori (Sephirot inferiori), che operano attraverso i rispettivi ordini di Angeli, nelle sfere dei sette pianeti. Questi Sephirot sono identici agli Elohim della Bibbia, agli Amshaspend delle Avesta, ai Sette Doni dello Spirito Santo dei cristiani, ai sette figli di Devaki (uccisi da Kansa) degli Indù, ai Sette Centri di energia evoluti, o resi oggettivi, da Fohat sull'elemento unico. E Adam Kadmon, l'Uomo Celeste, è la sintesi dei Sephirot, come Manu Svayambhuva è la sintesi dei Prajapati.

YAMA

 
(Ind.) - La personificazione della terza razza-radice in Occultismo. Nel Pantheon Indiano, Yama è il soggetto di due distinte versioni del mito. Nei Veda egli è il Dio dei morti, un Plutone o un Minosse, con il quale dimorano le ombre dei dipartiti (i Kama-rupa in Kama-loka). Un inno parla di Yama come il primo degli uomini che morì, e il primo che si dipartì verso il mondo della beatitudine (Devachan). Questo, perchè Yama è l'incarnazione della razza che fu la prima ad essere dotata di coscienza (Manas), senza la quale non vi è nè Cielo nè Ade. Yama è presentato come il figlio di Vivaswat (il Sole). Egli aveva una sorella gemella di nome Yami, che stava sempre a suggerirgli, secondo un altro inno, di prenderla in moglie, al fine di perpetuare la specie. Quanto detto ha un significato simbolico molto suggestivo, che è spiegato in Occultismo. Come rileva acutamente il Dr. Muir, il Rig-Veda - la massima autorità sui miti primordiali che fanno risuonare la nota chiave dei temi che soggiacciono sotto tutte le susseguenti variazioni - non mostra da nessuna parte Yama "come avente a che fare con la punizione dei malvagi". Come re e giudice dei morti, cioè un Plutone, Yama è una creazione molto successiva. Occorre studiare il vero carattere di Yama-Yami attraverso più di un solo inno e poema epico, e collegare i vari racconti fioriti in dozzine di opere antiche, solo allora si otterrà un accordo sulle affermazioni allegoriche che corroboreranno e giustificheranno l'insegnamento Esoterico; Yama-Yami è il simbolo del Manas duale, in uno dei suoi significati più mistici. Ad esempio, Yama-Yami è sempre rappresentato con un colore verde e vestito di rosso, che abita in un palazzo di rame e ferro. Gli studenti di Occultismo sanno a quale dei "principi" umani devono essere applicati questi colori e metalli. Il "due volte reggitore" - l'appellativo di Yama-Yami - è considerato, negli insegnamenti exoterici dei Cinesi Buddhisti sia come giudice che come criminale, colui che trattiene le proprie azioni malvagie ed è egli stesso il creatore del male. Nei poemi epici Indù, Yama-Yami è il figlio gemello del Sole (la Divinità) con Sanjna (coscienza spirituale); ma mentre Yama è l'ariano "Signore del giorno", che appare come il simbolo dello spirito in Oriente, Yami è la regina della notte (tenebre, ignoranza)" che apre ai mortali il Sentiero per l'Occidente" - l'emblema del male e della materia. Nei Purana Yama ha molte mogli (molte Yami) che lo costringono a dimorare nel mondo inferiore (Patala, Myalba, etc., etc.,); e un'allegoria lo rappresenta con i piedi sollevati, mentre prende a calci Chhaya, la serva di suo padre (il corpo astrale di sua madre, Sanjna, un aspetto metafisico di Buddhi, o Alaya). Come è affermato nelle Scritture Indù, un'anima, quando lascia la sua struttura mortale, si rifugia nella sua dimora , nelle regioni inferiori (Kamaloka o Ade). Una volta lì, l'Archivista, il Karmico messaggero chiamato Chitragupta (luminosità nascosta, o celata) , legge sul suo conto dal Grande Registro, dove durante la vita dell'essere umano, ogni azione e pensiero sono indelebilmente impressi - e, secondo la sentenza pronunciata, "l'anima" ascende alla dimora dei Pitri (Devachan), o discende "all'inferno" (Kamaloka), o rinasce sulla terra in un'altra forma umana. Lo studente di filosofia Esoterica riconoscerà facilmente il significato delle allegorie. Come figlio del Sole, egli è lo Hade ed il Pluto indù, che accoglie Naciketas e gli dispensa l'insegnamento liberatore. Viene anche considerato il Giudice dei Mortali ed il Signore, o Re, dei Pitri (Pitri-Pati). È figlio di Vaivasvata Manu e fratello di Yima nel Vendidad persiano. È considerato anche il Re degli Spiriti degli Antenati che domina dal più alto cielo sul regno dei defunti. Nello Yoga classico, con il termine "yama" si intende un "obbligo" negativo; è l'insieme delle proibizioni che costituiscono la prima parte del canone.
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