Glossario

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Y

 
- Venticinquesima lettera dell'alfabeto inglese, ventesima dell'alfabeto greco arcaico dove corrispondeva, secondo Plinio, alla sedicesima lettera dell'alfabeto che il leggendario Cadmo aveva portato in Grecia. L'alfabeto latino prese questa lettera dall'alfabeto calcidese delle colonie greche della Magna Grecia. Al tempo di Cicerone fu aggiunta dopo la X come ventiduesima lettera dell'alfabeto latino. Secondo alcuni corrisponde alla decima lettera dell'alfabeto Ebraico: lo Yod, mentre la sua origine pare sia nella wau dei Fenici. Sia i Greci che i Romani usarono questa lettera come vocale; nel Medioevo ebbe in Italia la pronuncia "i", per essere poi inglobata nell'alfabeto al ventiquattresimo posto. È la litera Pythagorae, la lettera e il simbolo Pitagorico che indica i due rami, o sentieri, della virtù e del vizio, rispettivamente, quello di destra che conduce alla virtù e quello di sinistra al vizio. Nel misticismo Cabalistico Ebraico, rappresenta il membro maschile fallico, e anche il numero dieci, il numero perfetto. Simbolicamente, è rappresentata da una mano con il dito indice piegato. Il suo equivalente numerico è dieci. In epigrafia, la Y viene presentata come un triangolo isoscele rovesciato, al quale è stata tolta la base e posta sotto la vertice, quale prolungamento dell'altezza. Se si considera il triangolo come simbolo della trinità umana (la base è il corpo fisico, i due lati sono l'anima e lo spirito), si può vedere come l'evoluzione dell'uomo (il movimento verso l'alto), è possibile solo riducendo la corporeità per aumentare la spiritualità fino al vertice, il punto adimensionale, il punto di svolta fra la materia e lo spirito. Nel triangolo rovesciato, poi, la base posta a supporto dell'anima e dello spirito, è simbolo di grande rilevanza. La lettera Y designa in numerazione il ventesimo oggetto; in biologia il cromosoma sessuale che si trova nel sesso eterozigote, assieme al cromosoma X; in chimica l'Yttrium; in elettrotecnica l'avvolgimento a stella di tre avvolgimenti, o di resistori, o latri componenti tripli, in un impianto trifase; in marina, su bandiera a strisce giallo-rosse, significa "ho posta a bordo"; in matematica indica un'incognita, una variabile, una coordinata.

YMIR

 
(Sca.) - Divinità originaria primigenia nel mito scandinavo; dallo scontro fra il Niflheim ed il Muspellheim, nacque il primo essere vivente; dalla fermentazione delle gocce si ebbe Ymir che, con il sudore della sua mano sinistra produsse un uomo ed una donna, mentre dai piedi generò una serie di figli che, a loro volta, diedero origine ai Giganti del Gelo. Ma Ymir doveva nutrirsi ed allora ecco che dalle gocce che si solidificavano nasce Audhumla, la giovenca che si nutriva leccando le rupi. Ad un tratto, una delle rupi prese la forma di un essere vivente e divenne Buri, che generò Bor il quale si unì a Bestla, la figlia del gigante, e generò Odino, Vili e Vè. I figli di Bor mossero guerra ai giganti, mentre Odino, dopo aver spodestato Tyr, divenne Dio supremo. Assieme ai fratelli, Odino uccide Ymir e con il suo corpo formano il mondo: con il corpo creano la terra, con il sangue il mare e con le ossa le montagne. Gli Esseri nani, anche essi nati dal corpo di Ymir, ricevono dagli Dei il dono dell'intelligenza e quattro di essi ricevono il compito di reggere i quattro angoli del cielo. La leggenda è molto complessa ed in Ymir, creato assieme alla Terra da Elivagar, possiamo vedere la corrente determinatasi dalla caduta delle Acque del Caos, la materia personificata del nostro globo in una condizione di fermento. Questa allegoria mostra le tre forze principali della natura - separazione, formazione e crescita (o evoluzione) - che conquistano la materia "gigantesca", sregolata e violenta, e la obbligano a diventare un mondo, o un globo abitato. È curioso che un antico popolo pagano, primitivo e ignorante, così filosoficamente e scientificamente corretto nel suo punto di vista sulla origine e sulla formazione della terra, debba aver accettato, per essere considerato civile, il dogma che il mondo fu creato dal nulla.

SALMISTA

 
(Rel.) - Un autore o cantore di salmi, ma il termine viene attribuito per antonomasia al re David. In greco, psalmos era un canto accompagnato dalla cetra; per gli Ebrei è una composizione poetica. Nella Bibbia, il Libro dei Salmi raccoglie 150 di queste composizioni, di varia lunghezza, divisi in cinque gruppi. Ma il libro è stato ripetutamente manomesso, per cui è difficile dire quanti siano esattamente i salmi e quanti i gruppi all'origine. Il primo gruppo è attribuito quasi interamente a David, gli altri ad autori vari. Essi sono una continua esaltazione di Dio, ora chiamato Yahweh, ora Elohim, con annunzio di un'età messianica. Il cristianesimo ha attinto ai salmi per alcune delle sue più belle preghiere. La salmodia è il canto dei salmi presso gli Ebrei ed anche presso i Cristiani; è anche il modo di cantare o recitare i salmi durante la liturgia. Il salmo può essere cantato da un solo cantore o dal coro, in modo ornato o in modo sillabico, con ripetizioni ed alternanze.

MANTRA (San.)

 
Versi delle opere Vediche, usati come incantesimi e affascinazione. Per Mantra si intendono tutte quelle parti di Veda che sono distinte dai Brahmana, ossia la loro interpretazione. Si tratta di giaculatorie in contrapposizione ai "commenti" (brahmana). È solo in un secondo momento (mantranaya yoghico e buddhistico) che il mantra assume il significato di "mistico suono", meditando sul quale si consegue l'esperienza di una particolare condizione sovrasensibile. I Mantra sono invocazioni magiche che si basano più sul suono che sulle parole. Essi costituiscono il canale di comunicazione fra i Mortali egli Immortali. L'antica magia, infatti, sosteneva che ad ogni Dio bisogna rivolgersi nel suo linguaggio. Il linguaggio degli elementi, ad esempio, è composto dai numeri, dai suoni e dalle forme. Chi sa fondere insieme queste tre cose richiama la risposta del Potere dirigente, ovvero il Dio reggente dell'Elemento specifico richiesto. Anche la moderna magia fa uso di parole e frasi incomprensibili al profano, ma che danno potere a chi le gestisce. I Mantra sono tratti dai libri segreti, custoditi dai sacerdoti; ciascun mantra opera un effetto magico, poiché colui che lo legge o lo recita , con la semplice voce, produce una causalità segreta che si traduce in effetti immediati. Il mantra, infatti, è un insieme di vocali che quando pronunciate, risuona nella parola e produce determinate vibrazioni sia nell'aria che nell'etere più sottile, ottenendo di conseguenza precisi effetti. Secondo alcuni i mantra permettono il controllo degli elementali che sono a guardia dei tesori nascosti. In ogni paese gli aborigeni posseggono dei mantra. Anche in Europa qualcuno li ha scoperti e, sembra, li usi per controllare gli animali. Il mantra può essere esercitato sia sui singoli individui che sulle comunità. Il mantra, quindi, è un inno poetico, una preghiera, un incantamento, una formula che accompagna il rito, contraddistinta dal fatto che non è il suo significato che conta, ma il pronunciarla nel momento giusto e con il giusto suono. Con questo nome si indica anche la formula che riceve il nuovo iniziato di una setta e che egli dovrà ripetere come parte del suo rituale quotidiano. Nell'induismo, ogni rito implica la recitazione di un mantra. La sillaba OM è il mantra massimo, il supremo sostegno dell'uomo. Nel Buddhismo Vajraiana, secondo gli studiosi occidentali, la forma tantristica costituisce la via della salvezza e si basa sulla credenza dell'efficacia dei mantra. In realtà, anche in questo caso, il mantra è un momento del rito segreto, di cui gli occidentali riescono a vedere solo l'atto materiale. Mantra è anche ciascuno dei quattro periodi in cui è stata divisa la letteratura Vedica. Per quanti sono "avanzati" in campo esoterico, tentiamo una spiegazione che cerca di entrare un pò di più nel seminato. Ogni cosa è suono e movimento; nell'universo tutto è vibrazione che ha il senso vivente di un parlare, di un esprimere il mondo invisibile : la vibrazione è parola sonora, Verbo rivelatore. Il Logos è il suono supremo, non articolato. Esso è seguito gerarchicamente dal suono sottile, che si pronuncia in lettere risuona in Logoi, scolpisce figure. Il terzo livello è il suono come parola umana, articolata in voce (emissione), percezione (ascolto) e senso. Schematicamente si ha : BRAHMAN Forma Causante OM LOGOI Forma sottile Lettere PAROLA Forma materiale Voce/Percezione/Senso Il passaggio dal Logos ai Logoi desta un mondo di Dei composto da tutte le potenze delle forme che non sono ancora in atto. Questi suoni sottili sono la prima differenziazione di Brahman e ciascuno porta un aspetto del suono supremo, che adesso si è articolato. Questi Dei sono le anime, gli spiriti, gli Io dei corpi sonanti, o parole, in cui si pronunciano. I corpi sono i Mantra e sono comprensivi sia dell'attività espressiva che percettiva : un mantra è il Dio e l'essere del suo Dio. I nomi ed i suoni sottili si pronunciano e si proiettano in oggetti e coscienze viventi, ove i tre elementi della parola si separano e diventano contingenti. Questa è la forma materiale, il suono umano, quello che siamo abituati a sentire. Il mantra tende alla resurrezione della "parola vivente"; come tale, diventa un atto della mente nel quale la parola viene "preservata", o "recuperata" dal suo stato primordiale. La pratica del mantra-yoga tende a svegliare i suoni dalla forma materiale ed a ridare loro la forma sottile, a riformare le sillabe di "luce" che ad esse corrispondono. La pronuncia di un mantra è essenzialmente un atto dello spirito, condizione assoluta affinchè esso diventi veicolo di un potere magico, o evocatorio. L'apprendimento della pronuncia esatta di un mantra è possibile solo per trasmissione diretta da un Maestro. La sillaba OM è la sostanza di tutti i mantra; il potere di un mantra è tanto più forte quanto maggiore è la forza spirituale dell'operatore. A questo potere si aggiunge poi la forza intrinseca del mantra, che è indipendente dall'operatore. Il mantra, quindi, è un modo per mettersi in rapporto con il mondo sottile e risvegliare la presenza della cosiddetta "forma di luce", che è il senso più profondo di ogni cosa. Chi sa padroneggiare il vero senso delle cose ha in mano le chiavi dell'alta magia. Comprendere una cosa significa saper parlare con essa, stabilire con essa un rapporto magico, operare su di essa a piacimento. In questo caso, la parola umana diventa "parola vivente", "verità", "virtù" e permette di passare dalle cose simbolo quali oggi vede l'uomo, alle cose reali quali esse veramente sono. L'accesso al mondo intellettuale, inteso come mondo causante, permette all'uomo di impadronirsi dell'alfabeto della natura, comprendendo in tal modo il linguaggio della natura stessa.

GIUBILEO

 
(Cr.) - Così fu detto presso gli Ebrei ogni cinquantesimo anno, nel quale a suon di corno di montone proclamavasi la remissione dei debiti, le terre donate o vendute tornavano ai loro antichi padroni, si manomettevano i servi. Anche in Messico si trova una specie di giubbileo ogni quattro anni, mentre in Laos è annuale, e ricorre in Aprile. Indulgenza plenaria solenne che il Pontefice di Roma offre ai fedeli, lucrabile a determinate condizioni ed in particolari ricorrenze. Attualmente ha una periodicità di circa mezzo secolo e nasce dalla legge ebraica del riposo della terra ogni cinquanta anni. Bonifazio VIII ne stabilì la ricorrenza ogni 100 anni, Clemente VI lo ridusse a 50, Urbano VIII a 35, Sisto IV a 25 ed è questa la periodicità rimasta in vigore. Lo Zohar concepisce i periodi di sviluppo dell'universo ciascuno di settemila anni; in ciascun periodo il processo cosmico si realizza secondo determinate leggi, per poi ritornare al cinquantesimo millennio, anno del grande Giubileo del mondo, cioè alla sua origine. Esso è il tempo in cui Dio richiamerà a sè il suo Spirito, la Shekinah, il tempo in cui ritornano a Dio tutte le cose che, derivate da Dio, sono nate, si sono sviluppate e, quindi, sono state riassorbite. Il numero 50 ha il significato di Giubileo e corrisponde al regno dello Spirito Santo (Gioacchino da Fiore). L'idea centrale del Giubileo è il riportare tutte le cose al loro stato primitivo.

PIMANDRO

 
(Gr.) - Il più antico ed il più spirituale dei Logoi del continente occidentale che, secondo il racconto del Libro di Ermete, appare allo stesso Ermete sotto forma di un Drago fiammeggiante di "Luce, Fuoco e Fiamma". Pimandro è il Pensiero Divino personificato che sorge dalle Tenebre come Luce. Nell'opera "Divino Pimandro", di Ermete Trismegisto, si racconta l'allegoria dei Sette Rettori che attraversano i Sette Circoli di fuoco; esso si presta ad una triplice interpretazione: astronomica, antropologica ed alchemica. La chiesa di Roma ne ha fatto il racconto degli Angeli caduti. Nella stessa opera si descrive la nascita dell'uomo, non quale opera di un Dio solo, bensì come prodotto della Legione degli Elohim. Questi sono i Sette Uomini primitivi, creati dalla Natura ricavandoli dall'Uomo Celeste, il Figlio del Padre. L'uomo immortale nasce dalle nozze fra l'Uomo Celeste e la Vergine del Mondo, fra il Logos e la Natura. Il Pimandro di cui disponiamo oggi è il riassunto di uno dei libri di Toth, fatto da un platonico di Alessandria. Nel III secolo fu rifatto da un cabalista ebreo e venne chiamato "La Genesi di Enoch", opera che è andata perduta. Ulteriori manomissioni si debbono al francese St. Marc. L'opera del platonico esiste sia in versione latina che in quella greca. Pimandro era il Prometeo Egizio, il Nous personificato, la Luce Divina.

TRIPITAKA

 
(San.) - Letteralmente, "i tre cesti"; il nome del canone Buddhista, originariamente chiamato "Theravadin". E detto Canone Pali perchè scritto in lingua pali, una lingua medio-indiana che sta al sanscrito come l'italiano sta al latino. Questa lingua, sembra, sia stata creata con caratteri di diversi dialetti, allo scopo di permetterne la comprensione al maggior numero di seguaci, in tutte le regioni. Buddha predicava in lingua magadhi e pertanto il Canone è stato tradotto; esso contiene molti dei detti del Buddha, in forma linguisticamente uguale all'originale, ma si notano anche le manomissioni dei traduttori e di molti redattori. Esso, almeno nel suo nucleo, rende fedelmente le tradizioni delle antiche comunità, per cui le dottrine in esso esposte (caducità, vanità, dolore, ecc.) certamente risalgono al Perfetto. Il Canone Pali consta di un gran numero di libri, una vera e propria biblioteca, ed è pieno di ripetizioni e di prolissità che, incomprensibili alla cultura occidentale, formano una base consolidata per l'apprendimento nelle scuole orientali. Si divide in tre parti (canestri), e precisamente: Vinaya-Pitaka, il Canestro della Disciplina; Sutta-Pitaka, il Canestro degli Insegnamenti; Abhidhamma-Pitaka, il Canestro della Dogmatica. In pratica, le tre divisioni comprendono: la prima, la dottrina; la seconda le regole e le leggi per il sacerdozio e gli asceti; la terza le dissertazioni filosofiche e metafisiche; ad esempio, l'Abhidharma definita dai Buddhagosa come quella legge (dharma) che va oltre (abhi) la legge. L'Abhidharma contiene i più profondi insegnamenti metafisici e filosofici, un deposito dal quale le Scuole Mahayana ed Hinayana hanno derivato le loro dottrine fondamentali. Vi è una quarta divisione - la Samyakta Pitaka. Ma, poiché è una aggiunta posteriore dei Buddhisti Cinesi, non è accettata dalla Chiesa Meridionale del Siam e di Ceylon. Per la conoscenza della dottrina del Buddha, il canestro più importante è quello dei Sutta. Esso si divide in cinque nikaya, che sono: digha, raccolta di testi lunghi; majj-hima, testi di lunghezza media; samyutta, testi ordinati secondo il contenuto; anguttara, testi ordinati secondo il principio del numero di argomenti trattati in ogni Sutta; khuddaka, collezione di testi brevi. I primi quattro nikaya riproducono delle prediche, il quinto contiene una raccolta di poesie e di scritti devozionali. Esiste poi il Jataka, un'opera che attraverso racconti e favole, narra le 574 esistenze anteriori dell'Eccelso.

FALK Cain Chenul

 
- Un Ebreo Cabalista che si crede abbia compiuto "miracoli". Kenneth Mackenzie, riferendosi a lui, cita da un'opera sull'Inghilterra scritta dall'analista Tedesco Archenoiz (1788) : "C'è a Londra un uomo straordinario che per trenta anni è stato onorato nelle relazioni dei Cabalisti. Il suo nome è Cain Chenul Falk. Un certo Conte di Rautzov, morto recentemente con il grado di Field-Marshal al servizio della Francia, attesta di aver visto questo Falk a Brunswick dove, in presenza di testimoni degni di fede, avvennero delle evocazioni di spiriti". Questi "spiriti" erano Elementali, che Falk fece apparire con le evocazioni usate da ogni Cabalista. Suo figlio Johann Friedrich Falk, anche lui Ebreo, fu pure un Cabalista rinomato, e fu il capo di una scuola Cabalista a Londra. Falk di professione era gioielliere e stimatore di diamanti, ed era ricco. Oggi gli scritti mistici e le rare opere Cabalistiche lasciate da lui ad un amministratore fiduciario, possono essere esaminate da ogni vero studioso di Occultismo in una certa Libreria semipubblica a Londra. Le opere di Falk sono alcune manoscritte ed altre in cifrario.

DONNELLY Ignatius

 
(USA) - Filadelfia 1831, Nininger 1901. Uomo politico, riformatore, oratore e scrittore, di origine irlandese, si diplomò nel 1849 presso la Scuola Superiore del paese natio. Studiò legge nell'ufficio dell'avv. Brewster e fu ammesso alla professione nel 1852. Sposatosi, emigrò a Nininger per tentare la ricchezza attraverso la speculazione dei terreni agrari. Ma la crisi del 1857 lo riempì di debiti, per cui decise di tornare a fare l'avvocato. Si diede alla politica come Repubblicano e fu al Congresso per tre turni dal 1863 al 1869. Famoso per la sua oratoria, si battè per profonde riforme, fra le quali sostenne la causa per l'abolizionismo. Considerato spesso un radicale ed un visionario, fu fortemente contrastato, ma molte delle sue idee trovarono la loro realizzazione più tardi. Amante dei libri, collezionò una grande biblioteca, lesse moltissimo e fu spesso portato a sostenere idee e cause impopolari. Spese moltissimo tempo presso la Biblioteca del Congresso e ne trasse gli elementi per il suo primo libro : Atlantide, il Mondo Antidiluviano. Ebbe un grande successo, più di venti edizioni in America e molte altre in Inghilterra. Lo studio critico di Atlantide fatto da un uomo di vastissima cultura e di mente enciclopedica, influenzò fortemente il pensiero americano ed inglese. Considerato il padre della moderna Atlantologia, il suo lavoro spinse molti a più profonde ricerche e più seri studi. Gladstone, Primo Ministro inglese, non solo si complimentò con Donnelly, ma fece anche approvare i fondi per una spedizione scientifica in Atlantico alla ricerca del continente perduto. La sua opera è considerata fondamentale ancora oggi. La sua seconda opera fu "Ragnarok, l'Età del Fuoco e della Ghiaia", seguita da "Il Grande Criptogramma", dove tenta di identificare Francesco Bacone con Shakespeare. Le sue opere gli procurarono notevole ricchezza sia attraverso i diritti d'autore, che mediante le molte conferenze che fu chiamato a tenere. Fece un viaggio in Europa e scrisse molte novelle. Uomo di grandissimo carattere, assolutamente non convenzionale, portò le sue abitudini ed il suo credo in tutte le attività che fu chiamato a svolgere. Nonostante fosse nato Cattolico, si interessò allo Spiritismo. Vedovo a sessantanni, sposò una ventunenne. Oratore dotato di humour, uomo molto ospitale, ebbe molto fiducia nei suoi simili. Quando si sistemò definitivamente nel Minnesota, lo chiamavano il "Saggio di Nininger". I Documenti di Donnelly comprendono numerosi manoscritti, lettere ed album di ritagli, sono presso la Società Storica del Minnesota e possono essere consultati.

MARIETTE

 
-BEY Auguste F.F. (Fr.) - Boulogne 1821, Cairo 1881. Egittologo francese, figlio del segretario comunale del paese natio, si distinse nello studio dell'arte ed insegnò francese in Inghilterra. Lavorò come disegnatore a Coventry, ma poi tornò a Boulogne, laureandosi nel 1841 a Douai; praticò l'insegnamento ed arrotondò il salario scrivendo articoli di storia e di archeologia per alcuni periodici. La morte del cugino, che aveva lavorato con Champollion gli diede la prima opportunità di lavorare come Egittologo, assumendo il compito di organizzare la carte. Si sviluppò in lui un interesse appassionato e nel 1847 pubblicò il Catalogo Analitico della Galleria Egizia al Museo di Boulogne. Nel 1849 ebbe un incarico al Louvre, e fu coinvolto nell'operazione di acquisizione di interessanti e rari manoscritti che il governo francese acquistò dall'Egitto nel 1850. Appena giunto in Egitto scoprì il Serapeo di Alessandria e le catacombe del toro Apis, cose che lo misero in grande evidenza. A seguito di questo successo, ottenne fondi per continuare gli scavi; per molti anni inviò numerosi reperti al Louvre, del quale era stato nominato assistente Conservatore. Successivamente accettò la carica di Conservatore dei Monumenti Egizi da Ismail Pasha, al Cairo, nel 1858; a seguito di ciò si trasferì con la famiglia in Egitto. Fondò il Museo di Boulaq, esaminò Memphis, Sakkara, Meydum Abydos, Tebe; portò alla luce Dendera, Edfu, Karnak, Medinet-Habu, Dier el-Bahri. Fece scavare la Sfinge fino al livello della roccia, scoprendo così il "tempio della Sfinge". Come risultato dei suoi grandi successi, ottenne il titolo di bey e poi di pasha oltre a consistenti onori da tutta Europa. Esaurito dalla gran mole di lavoro che si era imposta, si fermò per un certo tempo a riposare; ma la morte lo colse al Cairo. Numerose le sue opere nelle quali sono concentrati i risultati del suo lavoro.
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