Glossario
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LEVIATHAN
- Nell'esoterismo biblico, è la Divinità nella sua duplice manifestazione del bene e del male. Il suo significato può essere trovato nello Zohar (II, 34b) : "il Rabbino Simeon disse: 'L'opera dell'inizio (della ) viene studiata e compresa dai compagni (candidati); ma pochi (gli Iniziati completi o perfetti) sono quelli che comprendono l'allusione alla opera dell'inizio attraverso il Mistero del Serpente del Grande Mare (cioè) Thanneen, Leviathan' ". (Vedi anche Qabbalah di I. Mayer). Leviathan è il nome biblico di un mostro marino a forma di serpente tortuoso, nel quale probabilmente è da riconoscere il coccodrillo. È menzionato quale simbolo della potenza del Re di Egitto. In India, con questo nome si indica Makara, la cavalcatura di Varuna, uno dei più sacri e misteriosi segni dello zodiaco indù.Eliphas Levi Zahed fu autore di numerose opere sulla magia filosofica. Membro dei Fratres Lucis (Fratelli della Luce), fu per un certo periodo, abate della Chiesa Cattolica Romana, che immediatamente provvide a togliergli la tonaca quando egli divenne famoso come Cabalista. Morì a Parigi il 31 Maggio del 1875, lasciando, accanto ad opere di minore importanza, cinque opere famose: Dogma e Rituali di Alta Magia (1856); Storia della Magia (1860); La chiave dei grandi Misteri (1861); Leggende e simboli (1862); La scienza degli spiriti (1865). Il suo stile è estremamente chiaro ed affascinante; ma in un certo senso ha ecceduto in caratteristiche di derisione e di paradossi rispetto a quello che dovrebbe essere l'ideale di un serio Cabalista. Ma il giudizio su questo personaggio è tutt'altro che facile. Waite lo definisce "il più grande fra i maghi moderni", molti riconoscono in lui il rinnovatore della tradizione ermetica nella seconda metà dell'Ottocento, i più lo conoscono più di nome che di fatto. Levi non è uno stregone, ma un mago bianco che considera necessaria la santità prima della magia. I suoi libri sono di difficile lettura, ma certamente non si possono annoverare fra i manuali di magia nera. Nonostante la sua rottura con la Chiesa, Levi ha sempre considerato la Chiesa come legittima custode della "sapienza sacra", anche in virtù di una liturgia che tramandava i segreti del Grande Arcano, invisibili ai profani, ma evidenti per gli iniziati.
KETHER
(Eb.) - La Corona, il più alto dei dieci Sephiroth; il primo Sephiroth dei tre che compongono la Triade Superna. Corrisponde al Macroprosopus, l'ampio aspetto, o Arikh Anpin che si differenzia in Chokmah ed in Binah. Kether è il primo Sephirot, posto in cima al Pilastro mediano dell'Equilibrio, dal quale dipendono i Veli Negativi della Esistenza. Il Primo manifesto che sorge dall'Inconoscibile, assolutamente privo di forma e di opposti, l'Uno preesistente a tutto. Il suo stato è quello di pura inerzia, dal momento che l'attività avrà inizio solo quando da esso verrà emanato Chokmah. Esso è la Corona, non la Testa; ciò lo rende simile al Sahamsara Chakra, il Loto dai Mille Petali, ma lo pone anche al di fuori del nostro mondo. È Parabrahman, l'Oceano primordiale, l'Abisso da cui tutto nasce ed a cui tutto ritorna. Nel Sepher Yetzirah, Kether è l'Intelligenza occulta, l'Occulto dell'Occulto, l'Altezza imperscrutabile. Come l'uomo si proietta nel suo lavoro, così Kether si proietta nella manifestazione. Esso è l'Antico degli Antichi, l'Antico dei Giorni. La sua immagine magica è quella di un antico re barbuto visto di profilo. È il Punto primordiale, il Punto al centro del Circolo, il Grande Volto, la Testa Bianca. Come nome di Dio è Eheieh, il suo arcangelo è Metatron, suoi angeli sono gli Chaioth ha Qadesh e corrisponde, nel corpo umano, al cranio. Suoi simboli sono il punto, la corona, la svastica; nei Tarocchi è collegato agli Assi, il suo colore è la brillantezza, o bianco assoluto. Kether è la Monade impenetrabile, origine di ogni cosa, la Causa prima, il Demiurgo. Corrisponde all'egizio Ptah e ad Amon-Ra, al greco Zeus, al romano Giove (Jupiter), all'indù Brahma. La sua pietra preziosa è il Diamante, l'animale sacro il Cigno, ma talvolta anche il Falco, il suo profumo è l'Ambra grigia. Sephira, il Potere attivo, la Corona, Kether, nasce all'interno di Ain Suf, l'essenza eterna quando giunge il periodo attivo. Essa dà forma concreta al Potere astratto e la sua lettera simbolica è lo jod. Da Kether emanano sette splendide luci che, sommate alle due emanazioni dirette (Chokmah e Binah) portano a 10, il valore numerico della lettera jod, i Sephiroti dell'Albero della Vita, Adam Kadmon. Opera allo stesso modo anche Brahma Prajapati, emanando i sette Rishi, o Prajapati. La trattazione di questo nome, cabalisticamente infinito, potrebbe continuare ancora a lungo, ma non è questa la sede per farlo. Chi vuole approfondire l'argomento ha un'intera letteratura a disposizione; quanti, invece, considerano fandonie per pochi accoliti gli attributi di Kether, sappiano che da questo nome derivano due nomi prestigiosi : Cesare e Kaiser. Riflettere!
IDEA
(Fil.) - Contenuto del pensiero, entità mentale, rappresentazione di un oggetto alla mente, nozione che la mente si forma, o riceve, di una cosa reale o immaginaria. Essa è il concetto che è alla base di ogni discorso, è il significato essenziale di ogni ragionamento, è il senso riposto di ogni frase. Può essere considerata come il prodotto dell'immaginazione e della fantasia, un modo di vedere e giudicare le cose, una intenzione, un proposito. Secondo Plutarco, è un essere incorporeo che non può sussistere in sè, ma che dà forma e figura alla materia senza forma e diviene la causa della manifestazione. Le Idee Universali, il Mondo Archetipico, esistono ancor prima del Caos, nel quale poi si rifletteranno per dar luogo alle forme. Il termine deriva da un verbo greco che significa "vedere", ed acquista un senso tecnico, per la prima volta, con Platone che la definisce "oggetto di una visione o intuizione intellettuale". L'idea è l'archetipo, immutabile e permanente, pertanto il vero sapere è conoscenza intellettuale delle idee. Il Neoplatonismo considera le idee come il contenuto della intelligenza divina; il mondo delle idee, allora, perde la sua consistenza indipendente e diventa interiorizzazione della mente di Dio. Il Cristianesimo raccoglie questa concezione e la sviluppa con Agostino e Tommaso. Nell'età moderna, Cartesio intende per "idea" tanto le immagini provenienti dall'esterno, che quelle interne create dalla mente, alle quali si aggiungono quelle essenziali (metafisica, fisica, matematica ecc.). Kant divide le idee in due classi : oggetto dell'intelletto (eventi fenomenici) ed oggetto della ragione (anima, mondo, Dio, ecc.). Le prime sono accessibili allo uomo, le secondo sono inconoscibili. Per Hegel, l'Idea è l'Assoluto stesso, unità dialettica di soggettività ed oggettività, finitezza ed infinità, realtà e concetto.
HAMSA
(San.) - O Hansa. Secondo gli Orientalisti, "cigno" o "oca"; in Occultismo, è un uccello mistico simile al Pellicano dei Rosacroce. È il mistico nome sacro che, quando è preceduto da KALA (tempo infinito), cioè Kalahansa, è un nome di Parabrahman e significa "l'Uccello fuori dal tempo e dallo spazio". Perciò Brahma (maschile) è chiamato Hansa Vahana, il "Veicolo di Hansa" (l'UCCELLO). Troviamo la stessa idea nello Zohar, dove è detto che Ain Suph (l'eterno ed infinito), per gli scopi della manifestazione, scende nell'universo usando Adamo Kadmon (l'Umanità) come un cocchio, o veicolo. È anche il nome del fondatore della setta mistica dei Druzi del Monte Lebanon. (Vedi "Druzi").
MITO
(Rel.) - Uno dei termini sui quali si è scatenata la fantasia degli esperti; viene definito come tentativo primitivo e maldestro di interpretare la natura, insegnamento allegorico, forma di poetica preistorica, sogno collettivo rivelatore delle profondità della psiche umana, veicolo tradizionale delle più profonde intuizioni metafisiche dell'uomo, e via di seguito. Il mito è una tradizione orale trasmessa di bocca in orecchio, da una generazione all'altra. Esso si rifà quasi sempre ad un fatto della Natura ed ha un contenuto di verità, per quanto minimo. È consuetudine prendere per favola la parte del mito che non si riesce a comprendere, mentre si assume per verità la parte che risulta chiara. Ogni mito è la spiegazione di un fatto naturale, spiegato in modo da essere compreso dalle menti più povere, secondo uno schema che permetta sia una facile memorizzazione che un rapido sistema per tramandarlo. Esso non è un'allegoria, nè un simbolo esoterico, bensì il tentativo di spiegare un argomento, altrimenti incomprensibile. Sotto forma di un racconto, di una leggenda, si narrano in modo fantastico e tradizionale le gesta compiute da figure divine o da esseri antenati. Talvolta lo scopo è quello di fornire una ragione sacrale per fenomeni naturali, altre volte per legittimare pratiche rituali o istituzioni sociali, per dare soluzione a problemi che l'esperienza religiosa pone alla collettività. Caratteristica essenziale del mito è che esso si diffonde prima oralmente e solo in un secondo momento viene scritto; in entrambi i modi, esso si perpetua nella tradizione di un popolo. Quando al mito si associa il rito, allora si ha il fatto religioso. Il mito può essere anche l'idealizzazione di un evento, o personaggio storico, che assume caratteri e proporzioni leggendarie, esercitando in tal modo un forte potere di attrazione sulla fantasia popolare. Talvolta si tratta di una credenza che nella realtà non esiste, oppure è molto diversa rappresentando un prodotto della fantasia, un'alterazione più o meno involontaria della realtà. Il mito, soprattutto, è rivelatore di strutture del reale, irraggiungibili attraverso l'esperienza logica superficiale; permette l'accesso a regioni ontologiche chiuse all'apprendimento empirico-razionalistico della gente comune, fornendo il simboli atti ad aiutare il progresso dello spirito umano. Esso narra, e, pertanto, è anche storia, una storia esemplare che spinge alla ripetizione, alla emulazione. Come tale, l'evento mitico non si consuma e continua ad incarnarsi nella storia in modo inesauribile. La sua funzione principale è spesso quella di fissare i modelli esemplari per tutti i riti. Con il rito si ripete, e nel rito "esiste", non come ricordo o commemorazione, ma come ripetizione. E la riattualizzazione del mito nel rito aiuta, sia a livello individuale che a livello di civiltà, a superare processi di trasformazione che impongono mutamenti sia di tipo conscio che di tipo inconscio. Nell'astrologia, ad esempio, ogni segno è un mito, ed il susseguirsi dei segni è un mito. Alle costellazioni celesti corrispondono le costellazioni interiori, per cui l'adattamento che ne consegue diventa accettabile. Il mito non è allegoria, nè simbolo, nè storia. Esso può avere un senso storico, fisico o morale e può essere in tanti modi. L'unico errore che si deve evitare è quello di trasformare un mito in un racconto attuale: in tal modo, oltre che cadere nel ridicolo, si perde totalmente il senso del messaggio che nel mito è riposto. Il mito, ovviamente, ha avuto il suo bravo posto anche nella psicologia; Freud analizza i sogni, strumenti per la comprensione dei miti, per cercare di raccordare antropologia e psicanalisi; il mito viene assunto come manifestazione collettiva altamente elaborata dello spirito umano. Freud tenta di scoprire il linguaggio dimenticato dei miti, affidando al mito un significato latente che non affiora alla coscienza. Per Jung, nel mito emergono dall'inconscio, e si attualizzano, gli "archetipi", che sono delle forme costanti, delle possibilità di rappresentazione che si ritrovano simili sempre ed ovunque. Altre interpretazioni del mito si trovano nella scuola storico-culturale ed in quella fenomenologica.
MULAPRAKRITI
(San.) - La radice Parabrahmica, il deifico principio astratto femminile - la sostanza indifferenziata. Letteralmente, "la radice della natura" (Mula-Prakriti), Noumeno della Materia primordiale, esistente prima della manifestazione, il velo che copre Parabrahman, eterna sorgente delle proprietà sottili ed invisibili della materia visibile. Essa è l'anima dello Spirito Unico Infinito, la base del Veicolo di ogni fenomeno fisico, psichico o mentale. È la sorgente da cui irradia Akasha ed è materia per Parabrahman come un qualsiasi oggetto è materia per l'essere umano. L'aspetto primario di Mulaprakriti è il Caos indifferenziato, la cui prima differenziazione è individuata in tre principi e simbolizzata dal Triangolo di Pitagora (Tetractis). Con riferimento al Cerchio, che simbolizza la manifestazione, Parabrahman è ciò che sta all'esterno, mentre Mulaprakriti è ciò che sta all'interno. Essa è la Presenza, ancora inconoscibile ma comprensibile, al di là della quale ed attraverso la quale, vibra il suono del Verbo ed al cui interno evolvono le innumerevoli Gerarchie ed Ego intelligenti, di Esseri coscienti e semicoscienti, appercettivi e percettivi, la cui Essenza è la Forza Spirituale, la cui Sostanza sono gli Elementi, il cui corpo sono gli Atomi. La Forza segue Mulaprakriti, ma senza di essa Mulaprakriti è assolutamente inerte, una pura astrazione, di cui si può quasi dire inesistente. Se con Prakriti designiamo la Natura, Mulaprakriti è la sua radice, il suo Noumeno.
NESHAMAH
(Eb.) -Anima, anima, afflatus. Nella Cabala, come anche nell'ordine Rosacroce, è una delle tre essenze dell'Anima umana, che corrisponde al Sephira Binah. È il Puro Spirito corrispondente ad Atma il cui rivestimento è Ruach; la più alta Anima o Spirito nell'uomo, proveniente dal Mondo Briah, il secondo dei mondi a partire dall'alto. Essa corrisponde al geroglifico egizio che rappresenta Bai, l'Anima Intellettuale, l'Intelligenza. Neshamah è l'anima divina nel senso più elevato e sublime (interna scintilla divina al di là di qualsiasi colpa). Ha origine dal flusso di luce che origina da Binah, diventando la più profonda forza illuminativa ed intuitiva, per merito della quale si apre la visione segreta sia di Dio che del mondo. Essa è preesistente in Dio ed era preformata nell'Anima Universale prima ancora della manifestazione. Essa governa la parte destra dello uomo ed è sempre in stretta congiunzione con l'Angelo superiore; essa spande la sua luce su Ruach e cela in sè il segreto della Unità Divina e dell'anima Universale.
NOTTE
(Occ.) - Termine la cui radice è nel sanscrito nac che ha il significato di "sparire, perire, nuocere", con chiaro riferimento al giorno che sparisce e muore, nuocendo in tal modo agli esseri umani; oppure nel sanscrito nag, che significa "nudo, vergogna", da cui il tedesco nacht che significa sia notte che nudo. Il significato potrebbe derivare dal fatto che per dormire ci si denuda, almeno dei vestiti del giorno, oppure che il buio della notte si presti ad atti vergognosi. Al tempo d'oggi, notte sat' a significare il tempo in cui l'emisfero nel quale uno vive, non è illuminato dal Sole. Figlia del Chaos, secondo altri del Cielo e della Terra, moglie di Erebo, madre di Hypnos e dei Sogni, era rappresentata dagli antichi con ali alle spalle (spesso di pipistrello) spiegate nell'atto di volare, con una veste nera sparsa di stelle. Talvolta è seduta da un carro tirato da due cavalli, o galli, o passeri, neri. Il carro aveva quattro ruote, perchè quattro sono le parti della notte; esso seguiva il carro del Sole. Come nutrice del sonno e della morte, la Notte veniva raffigurata con due pargoletti in braccio, addormentati; uno era bianco (il sonno), l'altro nero (la morte), con i piedi storti. Neanche a dirlo, l'animale a lei consacrato era il gufo e l'astro che la domina è la Luna. La Notte ha significati contraddittori: talvolta è intesa come tranquilla e pacata, illuminata dalle stelle; talaltra, invece, è oscura e misteriosa, popolata di figure maligne. La posizione dell'uomo davanti a fenomeni più grandi di lui, infatti, è spesso duplice ed ambivalente. Nel mondo Vedico, Ratri (la Notte) è legata ad Usas (l'Aurora) da un rapporto sororale che evidenzia la sua solidarietà con il giorno. Quando la notte è intesa come madre del giorno, essa si carica del suo primordiale significato di natura caotica, che in sè contiene la possibilità, allo stato latente, di qualsiasi manifestazione cosmica. Molti popoli antichi contavano il tempo per "notti" e la sua stessa venuta era variamente teorizzata. Per gli Incas, il Sole andava a nascondersi in una caverna sotterranea; in Malacca si credeva che venisse soppresso uno dei due Soli; altrove si pensa trattarsi di un'operazione magica. Il contrasto notte-giorno è caratteristico di tutti i miti dualistici.
ORDALIA
(Rel.) - Termine sorto nel Medioevo europeo per indicare il "giudizio di Dio", richiesto in vertenze giuridiche che non si potevano, o non si volevano, regolare con mezzi umani. Consisteva in determinate prove, il cui esito veniva letto come diretta manifestazione della volontà divina. Si tratta di un fenomeno religioso molto diffuso nel mondo: prova del veleno in Africa, immagini sacre immerse in acqua nell'India, prova del fuoco in Africa e in India, duelli in Borneo e nel Giappone, ecc. Talvolta l'ordalia si combina con il giuramento, mentre in altri casi è connessa con la divinazione, quale manifestazione della divinità nascosta. Le testimonianze più antiche vengono da Babilonia (Codice di Hammurabi), dall'India (Veda e Brahmana), dall'Iran (Zarathustra), dall'Ebraismo antico. Il diritto romano escluse l'ordalia, ma essa fu ripresa dalla religione romana. Ebbe grande diffusione presso tutti i popoli germanici, ma in Europa cominciò a declinare quando la Chiesa Cattolica, a lungo favorevole, decise di combatterla e cancellarla.
PANTEISMO
- dal greco "pan"=tutto e "Theos"=Dio, ovvero Dio è in tutto, una dottrina che identifica in vario modo Dio ed il mondo. Si tratta di una dottrina molto antica che inizia con il risolvere interamente il mondo in Dio, come sua manifestazione (panteismo acosmistico). Troviamo questi concetti nei Veda e poi nel Neoplatonismo. Più recente è il panteismo ateistico, rappresentato dalla scuola stoica, il quale considera il Divino come una forza, una energia, un soffio vitale che anima il mondo dall'interno, con ovvia conclusione naturalistica, o materialistica. Il panteismo neoplatonico influenzò i pensatori del Rinascimento e ne troviamo traccia in Eckart, Cusano, Gioberti e, soprattutto, in Giordano Bruno. Ma è in Spinoza che il panteismo trova la sua più coerente e sistematica esposizione. Egli unisce la tradizione neoplatonica della Qabbalah con le tradizioni moderne del naturalismo, del deismo e del materialismo dei libertini, per giungere ad una totale confutazione dei concetti di persona divina, di creazione e di libertà del volere. Il mondo e la sostanza divina si identificano nell'unità geometrica di un Ordine di cui le cose e gli esseri singoli sono puri modi transeunti. Questo panteismo avrà grande sviluppo in Germania, soprattutto con Goethe, portando avanti il pensiero di Spinoza verso una identificazione della "sostanza" spinoziana con il "noumeno" kantiano ed una coincidenza dinamica di "finito" ed "infinito". Fichte e Schelling cercano di conciliare il panteismo con la libertà del volere, mentre Hegel conclude il discorso sostenendo l'unità di finito ed infinito, di Mondo e Dio. Ciò non vuol dire che il particolare reale coincide con l'infinito, bensì che il movimento dialettico del reale è in ogni momento manifestazione della totalità razionale e del suo infinito sviluppo. Con il tramonto dell'idealismo, il problema del panteismo ha perso gran parte della sua importanza. Il Panteismo è spesso contrastato dalle persone che lo considerano riprovevole. Ma come può un filosofo guardare alla Divinità come infinita, onnipresente ed eterna, a meno che la Natura non sia un aspetto di ESSA, ed ESSA non informi ogni atomo della Natura ?