Glossario
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SACRIFICIO
(Rel.) - Offerta di doni (spesso animali e talvolta anche esseri umani) ad una divinità, una entità extraumana, un defunto, un vivente divinizzato. La sua forma e la sua concezione è diversa a seconda del contesto culturale, della mitologia, della teologia, ed è impossibile ricondurlo ad uno schema unitario. L'elemento essenziale è l'offerta di un oggetto sacro che diventa un intermediario fra l'uomo e la divinità che, posto in mezzo lega le due entità, e poi tolto, lascia intatto il legame. Il "togliere" l'oggetto di sacrificio può avvenire in vari modi, fermo restando il significato. Quando il sacrificio è svolto come rito per forzare la benevolenza della divinità, si può parlare di magia. Quando, invece, è svolto a nome della comunità, esso diventa un momento di rifondazione del corpo sociale. Nella Bibbia, la pratica del sacrificio è regolamentata rigidamente dalla legislazione sacerdotale, soprattutto per quanto riguarda i sacrifici nel tempio. E sarà un serie di atti sacrificali a scandire la storia del popolo eletto, anche se non è assente la critica dei profeti, che preferiscono sostenere il concetto di "giustizia". Gesù non condanna la pratica sacrificale, ma preferisce insistere sul concetto di misericordia e sull'etica interiore. E la sua stessa morte, come atto sacrificale, non è certo un sentimento da parte di Gesù, quanto piuttosto una riflessione postuma della comunità cristiana primitiva. Gesù appare consapevole di ciò che l'attende, ma non vi accenna mai chiaramente nel senso di dare al suo sacrificio il significato di una redenzione universale. Sarà ancora una volta Paolo, nella sua elaborazione teologica, ad attribuire sensi e significati che sembrano in contrasto con il contenuto dei Vangeli. Ed anche la teologia moderna è molto prudente e si guarda bene dall'insistere sulla dimensione sacrificale della crocifissione. Tornando al passato, bisogna riconoscere che non sempre l'uomo ha guardato alla divinità come ad una Entità del sommo bene. Talora l'ha considerata come un tiranno distruttore, assetato di sangue ed avido di carneficine. Gli Sciti, secondo Erodoto, immolavano la quinta parte dei loro prigionieri a Marte sterminatore. I Traci immolavano solo vittime umane; i loro sacerdoti portavano sempre un pugnale appeso al collo per dimostrare che erano sempre pronti ad uccidere. Nel tempio di Bacco ed in quello di Minerva si immolavano giovani fanciulle, fatte a pezzi mediante bastonate. Germani e Cimbri offrivano agli Dei sacrifici umani e le vittime venivano portate a morte attraverso i supplizi più crudeli. In Perù, venivano portate nel tempio delle fanciulle di alto rango e di rara bellezza; venivano trattate con grande rispetto e godevano di grandi onori : ogni anno, una di loro veniva sacrificata all'idolo della nazione. Era quasi sempre la più bella; il sacerdote la spogliava, la strangolava, le apriva il petto, ne estraeva il cuore e lo offriva all'idolo. I Messicani immolavano numerose vittime al dio del male. Il sacrificio può assumere il significato di "capro espiatorio", mediante il quale tutte le impurità della comunità vengono scaricate sulla vittima sacrificale; la casa unta con il sangue del sacrificio era considerata protetta, così il paese nel suolo del quale i resti del sacrificio venivano sotterrati; il cuore palpitante strappato al petto della vittima serviva a dare energia al sole, mentre le lagrime della vittima servivano a promuovere la pioggia; Agni è un Dio sacrificale e Soma, la bevanda, è anche un Dio cosmico; il sacrificio primiziale serviva a liberare la rimanente quantità del prodotto dall'influsso della divinità; sacrificare quanto era di più caro rappresentava un segno indubbio di sottomissione alla divinità. Presso le popolazioni nordiche, il sacrificio, detto anche bloth, poteva essere pubblico o privato. Durante il sacrificio pubblico si radunava un'assemblea e qui si festeggiava, secondo il rito, la particolare ricorrenza; tale cerimonia era riservata ai sacrifici che in qualche modo coinvolgevano la comunità. Quando, invece, il sacrificio era compiuto per scopi più limitati, in ambiente privato, allora esso veniva celebrato in una stanza privata, adibita allo scopo, e consacrata al rito. I Greci, forse, erano il popolo che aveva il più largo uso di sacrifici: ringraziamento agli Dei per avvenimenti favorevoli o raccolti abbondanti, offerte propiziatorie per calmare la collera degli Dei, gratitudine per la felice riuscita di una impresa, oracoli, ecc. All'inizio venivano sacrificate delle piante, poi si passò alla mirra, incenso e preziosi profumi. Solo a stento si passò al sacrificio di animali, poiché non si voleva perdere l'utile strumento di lavoro. Ma quando la carne fece la sua comparsa nei banchetti, allora il sacrificio animale prese piede. Grande era la cura nella scelta dell'animale, che doveva rispondere a precisi requisiti, oltre che essere ben accetto al Dio cui si sacrificava. E quando uno non bastò più, si passò all'ecatombe (cento animali) e poi al chiliombe (mille animali). E venne il tempo anche dei sacrifici umani : un fanciullo a Saturno, tre giovani al Sole, ecc. Ma il sacrificio venne spesso usato anche per scopi che nulla avevano a che fare con la religione, la purificazione, il ringraziamento. Spesso era il sesso a governare l'evento, come lo stupro delle matrone, ad opera dei sacerdoti, nel tempio di Saturno, oppure quello della sposa, la prima notte di matrimonio, in Libia, ad opera di tutti i convitati, in onore di Venere.
SACRILEGIO
(Rel.) - Da sacer e legus, ossia "cogliere il sacro", appropriarsi del sacro. È l'atto di colui che rapisce la cosa sacra dal tempio, o che profana o distrugge cose sacre. È il gesto di un empio che viola cose degne di rispetto. In genere definisce un'azione delittuosa commessa contro persone, cose o luoghi sacri; era considerato anche un delitto grave contro lo stato. Ad Atene veniva punito con la pena capitale, la confisca dei beni ed il divieto di sepoltura in terra attica; si punivano perfino i delitti ideologici, veri o presunti, e Socrate ne rimase vittima, mentre non si puniva il delitto di asilo nei luoghi sacri, intendendo che alla giusta punizione ci pensassero gli Dei. A Roma si ebbe una situazione analoga nei primi periodi, poi le pene furono sostituite da multe ed infine si provvide all'esilio. Tutto questo, ovviamente, è il retaggio dei molti tabù che caratterizzavano le tribù primitive, la cui violazione non poteva che comportare la cancellazione del colpevole. Nell'Antico Testamento si legge che la violazione del sabato era punita con la pena di morte. Incas, Masai, tribù australiane, tanto per fare qualche citazione, consideravano ogni delitto causa di rottura dell'equilibrio fra la comunità e la divinità; poiché ogni delitto porta impurità e l'impurità è contagiosa, l'eliminazione del colpevole si rende indispensabile.
SACRO
(Rel.) - Dalla radice sanscrita "sac", con il significato di "aderire, legare"; si intende per "sacro" ciò che è consacrato ad un Dio, celeste o infernale che sia. L'osso sacro è detto così perchè gli antichi usavano sacrificare questa parte del corpo agli Dei.
SACRO CUORE
- In Egitto c'era il sacro cuore di Horo; a Babilonia quello del dio Bel; in Grecia il cuore lacerato di Bacco. Il suo simbolo era il persea. La forma a pera del suo frutto e soprattutto del suo nocciolo, ricorda la forma del cuore. Lo si può vedere talvolta sul capo di Iside, la madre di Horo, con il frutto tagliato ed aperto e con il nocciolo a forma di cuore bene in evidenza. In seguito i Cattolici Romani adottarono il culto del "sacro cuore" di Gesù e della Vergine Maria.
SAD
-ASAD (San.) - "Reale ed Irreale", due concetti fondamentali nella filosofia indù.
SADAIKARUPA
(San.) - L'essenza della natura immutabile.
SADDER
(Par.) - Presso i Parsi, o Guebri, era il nome di un libro che conteneva le massime della loro religione.
SADDUCEI
(Ebr.) - All'epoca di Salomone, all'interno della tribù di Levi, divenne sommo sacerdote Sadoc, o Zadoq, capostipite di una famiglia aristocratica. Egli si occupò delle cose del tempio e degli interessi ad esse legati, ma ebbe contatti con l'ellenismo ed intervenne anche nella politica estera. Ne nacque una specie di partito, prima religioso (in opposizione ai farisei ed a Gesù), poi politico. Sul piano religioso, i Sadducei sostenevano l'ortodossia della Legge, di cui si consideravano gli autentici custodi. Scomparvero definitivamente dal panorama ebraico dopo la distruzione del tempio (70 d.C.). Questa setta negava la resurrezione dei morti, l'esistenza degli angeli, le attese messianiche, e tante altre cose che rappresentavano i fondamenti della cultura farisea. Sono accusati anche di aver negato l'immortalità dell'anima (personale) e la resurrezione del corpo (fisico personale). È più o meno quanto sostiene la Teosofia, anche se non si nega nè la Immortalità dell'Ego nè la resurrezione di tutte le sue numerose vite successive, che sopravvivono nella memoria dell'Ego. I Sadducei (una setta di dotti filosofi che nei confronti di tutti gli altri Ebrei furono quello che gli Gnostici dotti erano nei confronti degli ultimi Greci, nel corso dei primi secoli della nostra era) e la Teosofia, di sicuro, non negano l'immortalità dell'anima animale e la resurrezione del corpo fisico. Essi erano gli scienziati e gli uomini dotti di Gerusalemme, ed occupavano le cariche più alte, come quelle di sacerdoti e di giudici, mentre i Farisei, dal primo all'ultimo, erano chi più e chi meno i Pecksniff della Giudea. (Pecksniff è personaggio di un libro di Dickens, orgoglioso e corrotto dietro una facciata di falsa benevolenza).
SADHAKA
(San.) - Colui che si dedica alla ricerca dell'Assoluto o, talora, in modo speciale, dei poteri straordinari connessi con tale ricerca. È soprattutto colui che pratica le discipline tantriche, un aspirante e discepolo dello yoga.
SADHANA
(San.) - Processo di attuazione in sè del modo di essere dell'Assoluto che, al termine, equivale ad un'identificazione con Lui.