Glossario

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QUATTRO FIGLI

 
(Eso.) - Sono i Primogeniti della materia primordiale, che sono Uno e diventano Sette, dando origine ai primitivi Centri di Forza.

QUECHOLLI

 
(Azt.) - Nel calendario azteco, è il nome del mese della caccia ed è dedicato al dio Mixcoatl.

QUECHUA

 
(Ame.) - Antica popolazione facente parte del gruppo etnico Inca. Si tratta di una famiglia etno-linguistica indiana dell'America Meridionale, cui appartengono alcuni settori del Perù e dell'Equador, antropologicamente assegnati alle razze pueblo-andine. Con i Chibcha e gli Aymara, i Quechua furono i creatori della grande civiltà andina. Essi costituivano l'elemento etnicamente e linguisticamente dominante nell'Impero Incaico. Lavoratori di metalli, architetti, legislatori, tessitori, mercanti, agricoltori, erano raggruppati in "ayllu" (unità sociale formata da un certo numero di famiglie che abitano lo stesso luogo, ed hanno in comune i possedimenti, il lavoro, i prodotti). Adoravano il Sole e seguivano la legge di Manco Capac; praticavano la magia, sia bianca che nera, ed organizzavano fiestas cui davano grande significato sia sociale che religioso. Dotati di una letteratura molto colta, furono sterminati dai missionari cattolici.

QUENEVADI

 
(Ind.) - Ed anche Queneradi, è un Dio indù, figlio di Ixora e di Paravasti, raffigurato con il capo di elefante coperto da lunghi capelli intrecciati con serpenti, una mezzaluna in fronte, quattro lunghe braccia, un'enorme ventraia, le gambe cerchiate di anelli, e con pendenti bubboli d'oro. Gli si attribuiva una grande voracità e ghiottoneria, perciò veniva presentato in mezzo ad un enorme intruglio di zucchero e miele, fra un nugolo di belle ragazze il cui compito è quello di ingozzarlo e di cantare danzando. La leggenda racconta che i due genitori, mentre passeggiavano per la campagna, videro due elefanti che si accoppiavano. La madre fu colta da immediato appetito amoroso, ma volle farlo con la foga degli animali, per la qualcosa si trasformarono entrambi in elefanti prima dell'atto. Per questo il figlio nacque con la testa di elefante. Gli artigiani gli prestano grandi onori che vengono elargiti in cicli di dodici anni. Si racconta anche che la Luna fu una notte testimone delle sue ghiottonerie, ragion per cui egli le indirizzò le peggiori imprecazioni. Quando la luna, nel suo ciclo, si presenta in tale posizione (il quarto dopo la luna nuova di agosto), si consiglia a tutti i mortali di rimanere in casa e di non guardare l'acqua, per non essere coinvolti nel conflitto fra il Dio e la Luna.

QUERCIA

 
(Occ.) - Dal sanscrito khar che significa "duro"; un albero ghiandifero assai grande e dal legno molto duro. È una delle tante manifestazioni del sacro nel mondo vegetale, sia per il suo aspetto forte e maestoso, che per la resistenza e la durata del legno. Simbolo della forza, della resistenza, della perseveranza, della lealtà, della virtù eroica. Corone di quercia erano date ai vincitori degli agoni greci, mentre corona di quercia con ghiande andava al soldato romano che salvava la vita ad un compagno, in battaglia. Nelle religioni indo-europee è strettamente connessa con le divinità supreme, folgoratrici e tonanti. Secondo alcuni, Quercus deriva da Percus, e Giove, nel paganesimo baltico, era chiamato Quernus, e Perkunas. In lingua celta, drus significa quercia, e per i sacerdoti celti, i Druidi, la quercia era un albero estremamente sacro, all'ombra della quale spesso compivano le loro cerimonie. Anche per gli antichi Greci era una pianta molto sacra, se dobbiamo credere a Ferecide ed alla sua cosmogonia, che ci parla della quercia sacra "nei cui lussureggianti rami dimora un serpente (cioè la saggezza), che non può essere snidato". Ogni nazione, e preminentemente gli Indù, aveva i propri alberi sacri. Talvolta la quercia veniva impiegata per ottenere vaticini, come nel caso della Sacerdotessa di Dodona. Una leggenda vuole che il primo albero a spuntare sulla terra sia stato la quercia che, secondo Esiodo, portò ai mortali un duplice beneficio: le ghiande per alimentarsi ed il legno per fare i tetti delle capanne. La forma lobata delle sue foglie sarebbe dovuta al diavolo che avrebbe comprato l'anima di un uomo dando come scadenza il cadere delle foglie della quercia. Ma quando in autunno si recò all'albero per raccogliere l'anima, non potè perchè le foglie non erano cadute. Folle di ira, si diede a lacerare le foglie con tutta la violenza di cui era in possesso. Come regina delle piante, la quercia era dedicata a Giove, re degli Dei. Frazer, nel suo "Il Ramo d'Oro", dedica un capitolo al vischio, una pianta parassita che spesso vegeta su altre piante. A parte il legame fra il vischio e Baldur, il leggendario personaggio della mitologia nordica, a dire di Plinio, il vischio nato sulla quercia aveva particolari qualità medicamentose, soprattutto se raccolto nel primo giorno di luna, senza l'ausilio di arnesi di ferro e se non veniva a contatto con il suolo. Ciò perchè qualunque cosa crescesse su una quercia era mandata dal cielo e stava ad indicare che l'albero era stato prescelto da Dio. Alcune tradizioni sopravvivono ancor oggi. La mattina del giorno di San Giovanni, i contadini del Piemonte e della Lombardia vanno a cercare le foglie di quercia per l'olio di San Giovanni che si presume guarisca le ferite di arma da taglio. Inoltre sembra che il legno più sacro adoperato per le feste del fuoco che venivano celebrate presso molti popoli europei nel periodo di mezza estate, fosse proprio il legno di quercia.

QUETZALCOATL

 
(Azt.) - Presso le popolazioni azteche era una figura di re divinizzato, venerato quale dio della saggezza e del vento. La leggenda racconta che il re dei Toltechi, Mixcoatl, cercava una donna da prendere in sposa; durante una battuta di caccia incontrò una bellissima ragazza, di nome Cimalma : se ne invaghì e la sposò. Dopo qualche tempo, la sposa del re rimase incinta per aver ingerito una scheggia di giada; il re dapprima si adirò, poi decise di accettare il bambino. Ma non riuscì a vederlo perchè fu ucciso da un suo fratello malvagio, che ne usurpò il regno. Cimalma tornò dai suoi genitori e diede alla luce un bel bambino cui fu dato il nome di Topilzin. Egli crebbe sano e forte, divenne sacerdote di Quetzacoatl, ed alla fine fu identificato con il Dio. Egli raccolse i resti del padre e diede loro degna sepoltura; succeduto allo zio assassino, deificò il padre assegnandogli il titolo di Dio della caccia. Fondò la città di Tula dove fu stabilita la sede reale e furono eretti magnifici templi. Abolì il sacrificio umano, stabilendo che agli Dei si dovevano offrire solo dei fiori, e talvolta incenso e farfalle; insegnò al suo popolo la lavorazione dei metalli e la colorazione delle stoffe. Ma il popolo non amava molto Quetzacoatl perchè temeva la vendetta dello zio Tezcatlipoca. Ben presto, infatti, questi si alleò con altre divinità ed organizzò un tranello al re; lo invitarono ad un banchetto nel quale riuscirono a fargli perdere il controllo. Avendo perso la castità, e quindi anche la dignità di sacerdote, Topilzin dovette andare in esilio; durante le sue peregrinazioni insegnò la sua dottrina, promettendo che dopo la sua morte, sarebbe ritornate nel giorno di Ce Alcate. Proprio questa promessa segnò la fine del popolo azteco. Lo spagnolo Cortes, infatti, sbarcò proprio il giorno indicato da Topilzin, per cui egli fu identificato con il Dio e tutto il popolo fece atto di sottomissione. Quello che ne seguì è noto a tutti. Meno noto è il fatto che, in epoca successiva, con il nome di Quetzacoatl vennero indicati i più eminenti sacerdoti, mentre la divinità assunse un altro nome, Johualli Elcatl, che letteralmente significa "Notte e Vento". Nelle Scritture e nelle leggende exoteriche Messicane, è il dio-serpente, divinità ed eroe culturale di origine tolteca, ma oggetto di venerazione anche presso gli aztechi, sotto differenti aspetti fisici. Il suo nome indica che si tratta di un "serpente piumato", che corrisponde al Cuculcen dei Maya. Lo si considera anche discendente di Ham e Canaan. La sua bacchetta e gli altri "segni di potere" lo mostrano quale grande Iniziato dell'antichità, che ricevette il nome di "Serpente" a causa della sua saggezza, della lunga vita e dei suoi poteri. Ancor oggi le tribù aborigene del Messico si chiamano con i nomi di varii rettili, animali ed uccelli. Nel culto era connesso al pianeta Venere.

QUICHE

 
(Maya) - Antica popolazione Maya, vissuta nell'America Centrale, all'incirca nel Guatemala meridionale, oggi ridotta ed ibridata. Si tratta di un popolo che aveva raggiunto un alto grado di civiltà, come ben mostrano le sue rovine. I suoi sacerdoti scrissero il Popul Vuh (scoperta dall'Abate Brasseur de Bourbourg) e gli Anales de Los Cakchiquel.

QUIDDITÀ

 
(Fil.) - Termine usato dalla filosofia scolastica per designare il carattere essenziale (quid) che fa essere una cosa quella che è. La quiddità viene espressa mediante la definizione logica ed è il prodotto dell'astrazione che viene operata dall'intelletto sulla realtà sensibile. Quidditativa è detta ogni questione che riguardi ciò che una cosa è e prescinde dal fatto della sua esistenza.

QUIETE

 
(Occ.) - Dal sanscrito ci, o cai, che significa "sedere, giacere, riposarsi, dormire". Kies significa riposo, da cui Quies e poi Quiete. Il termine significa riposo sul piano fisico, calma e sicurezza d'animo sul piano psichico. Nella mitologia essa è simbolizzata da un piede sopra l'altro; i Greci la simbolizzavano con un bue nella stalla, perchè un animale alla mangiatoia denota una persona priva di autorità, fatta libera, restituita all'ozio, e quindi tranquilla.

QUIETISMO

 
(Fil.) - Dottrina mistica che si propone il conseguimento dell'unione con Dio attraverso uno stato di annullamento della volontà umana. Ma il quietismo lo troviamo anche nelle religioni non cristiane (induismo, buddhismo, ermestismo, neoplatonismo), nel cristianesimo orientale (esicasmo) ed in alcuni movimenti cristiani occidentali (i fratelli del libero spirito, i begardi, gli illuminati). In senso più specifico il termine "quietismo" designa quelle correnti che durante il Seicento propugnarono un rapporto immediato con Dio attraverso uno stato di passività e di inerzia, ottenuto con la sospensione di ogni attività intellettuale, con l'annegamento della volontà. Il quietismo disprezza le attività ordinarie della vita cristiana (preghiere, meditazioni, sacramenti, esercizi, ecc.), alle quali sostituisce la contemplazione, l'abbandono affettivo, il silenzio interiore, la santa indifferenza, il riposo in Dio. I maggiori esponenti del quietismo sono il cardinale Petrucci, lo spagnolo Molinos, il milanese Casolo, il fiorentino Ricasoli, e molti altri in Italia. Nel 1687, immancabili, arrivarono le condanne della Santa Chiesa di Roma, che preferiva l'attività secolare, gli intrallazzi, la corruzione; toccò ad Innocenzo XI pronunciare la condanna e mettere all'indice le opere. Il suo successore, Innocenzo XII completò l'opera, determinando la scomparsa del quietismo, ma anche il crepuscolo della mistica.
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