Glossario
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VATE
(Occ.) - Dal sanscrito "gatu" (canto), il latino "gvates", oppure dal greco "phates" (quei che dice), oppure dal celtico "faith (profeta). Significa "indovino, profeta, veggente, Maestro, Interprete, Cantore ispirato, e quindi Poeta".
VATICANO
(Rel.) - Deriva da Mons Vaticanus, probabilmente così detto da Vaticinari (predire), poiché su quel colle esisteva un qualche oracolo. I Romani chiamarono Vaticano anche il nume che presiedeva alle prime due parole dei bambini. È il colle che si trova nella parte occidentale di Roma, al di là del Tevere, sul quale è stata costruita la grande basilica di San Pietro ed il palazzo del pontefice. Il terreno che vi stava attorno era in mala fama per il cattivo vino che produceva. Probabilmente non è migliorato ora che ospita la grande vigna dei collaboratori del papa.
VATICINIO
(Occ.) - Predizione di avvenimenti futuri, per ispirazione divina o per propria capacità di prevedere (anche soltanto sotto forma di desiderio) quanto in futuro avverrà. Ma a stretto rigore sarebbe "il canto del poeta", derivando dal latino vates (poeta) e canere (cantare). E poiché il poeta è un ispirato dagli dei, a lui è concesso emettere profezie.
VAYU
(San.) - Aria: il dio e il sovrano dell'aria, in connessione con i tattva rappresenta l'elemento principale della aria; uno dei cinque stati della materia, cioè quello gassoso; uno dei cinque elementi, chiamati, come il vento, Vata. Il Vishnu Purana fa di Vayu il Re dei Gandharva. È il padre di Hanuman, nel Ramayana. La trinità dei mistici dei nel Kosmo, strettamente collegati l'un altro, è composta da "Agni (fuoco) il cui luogo è sulla terra; Vayu (aria, una delle forme di Indra) il cui luogo è nell'aria; e Surya (il sole), il cui luogo è nella aria". (Nirukta). Nell'interpretazione esoterica, questi principi cosmici corrispondono ai tre principi umani, Kama, Kama-Manas e Manas, il sole dell'intelletto. La religione cedica fa di Vayu il dio del vento ed il più veloce degli Dei. È anche un altro nome di Indra nel Rig Veda. Vayu è il Vento, il respiro di Varuna nel Cosmo, corrispondente al prana, in particolare all'udana, nel microcosmo umano. Il suo dominio spazia nell'atmosfera, mentre sulla terra domina Agni e nel cielo Aditya (Surya). I tre formano l'antica Triade vedica, corrispondente al triplice dominio alluso dalle Vyahriti. Esso è la "fiamma del brahman che splende e riscalda", "colui che si diffonde nella Madre", per indicare la vita divina operante in tutte le forme del cosmo. Il suo moto non cessa mai, egli è il centro sempre attivo del mondo divino. Come ipostasi del Brahman, Vayu è allo stesso tempo un essere individuato ed un essere universale.
VECCHIA D'ORO
(Ori.) - Secondo la testimonianza dello storico Erodoto, è un nome che i popoli che abitavano presso il fiume Obi attribuivano ad una dea che si identificava poi con la Terra.
VECCHIAIA
(Sim.) - La vecchiaia è simboleggiata ovunque dalla canutezza; i cattolici rappresentano il loro Dio come un vecchio dai capelli bianchi assiso su un trono; un vecchio canuto è anche il Macroprosopo nello Zohar.
VECCHIO DELL'OBI
(Ori.) - Un idolo molto venerato dal popolo degli Ostiachi, stanziato nella Russia europea, che lo considerano propiziatore della pesca.
VEDA
(San.) - La "rivelazione", le scritture degli Indù, dalla radice vid, "conoscere" o "conoscenza divina". Rappresentano il sapere per eccellenza degli Arii dell'India antica e sono ripartiti in quattro grandi gruppi: i primi tre corrispondono a tre categorie di sacerdoti del sacrificio Vedico, il quarto contiene formule magiche ed è considerato inferiore. I gruppi sono: -Rig Veda, Inni agli Dei; raccolta originale, la più importante di tutte; -Samaveda, Canti sacrificali; Veda delle melodie, dedicato alla pratica sacrificale ed al canto liturgico; -Yajurveda, Formule sacrificali; è in parte originale, in parte ricavato dal Rig Veda; -Atharveda, Canti magici; raccolta originale di varie formule magiche la cui struttura ne rivela l'origine popolare. Sono le opere sanscrite più antiche e più sacre, una raccolta di canti e sentenze tramandate in origine oralmente e solo più tardi messe per iscritto. Servivano per il culto senza immagini di divinità naturistiche e di altro genere. I Veda sono stati redatti in epoche diverse; la loro datazione non trova due Orientalisti che siano d'accordo; sono rivendicati dagli stessi Indù, i cui Brahmani e Pundit dovrebbero conoscere meglio le loro opere religiose, come insegnamento dapprima orale per migliaia di anni, e poi compilati sulle rive del lago Manasa-Sorawa (foneticamente Mansarovara) oltre l'Himalaya, in Tibet. Quando avvenne ciò? Mentre i loro istruttori religiosi, come Swami Dayanand Saraswati, attribuiscono ai Veda un'antichità di molte decine di ere, i nostri moderni Orientalisti assegnano ad essi, nella loro attuale forma, un'antichità non maggiore di 1.000 o 2.000 anni a.C.. Come furono compilati nella loro forma definitiva da Veda-Vyasa, comunque, i Brahmani stessi, unanimemente, assegnano una datazione di 3.100 anni prima dell'era Cristiana, periodo in cui fiorì Vyasa. Quindi i Veda devono essere databili a questo periodo. Ma la loro antichità e sufficientemente provata dal fatto che sono scritti in una forma Sanscrita, così diversa dal Sanscrito usato oggi, che non vi è nessun'altra opera, simile ad essi nella letteratura di questa sorella maggiore di tutte le lingue conosciute, come la chiama il Prof. Max Muller. Solo i più dotti Brahmani Pundit possono leggere i Veda nell'originale. Si suppone che Colebrooke abbia scoperto la data del 1.400 a.C. corroborata in pieno da un brano che egli scoprì, e che è basato su dati astronomici. Ma se, come è unanimemente dimostrato da tutti gli Orientalisti e anche dai Pundit Indù, (a) i Veda non sono una opera singola, così anche ciascun Veda preso separatamente; ma che ciascun Veda, e quasi ogni inno e divisione di quest'ultimo, è la produzione di autori diversi; (b) essi sono stati scritti (sia come sruti, "rivelazione", o no) in periodi diversi della evoluzione etnica della razza Indo-Ariana, allora - quale prova ha scoperto Mr. Colebrooke? Semplicemente che i Veda furono definitivamente sistemati e compilati quattordici secoli prima della nostra era; ma questo non interferisce in nessun modo con la loro antichità. Esattamente il contrario; poiché, a controbilanciare il brano di Colebrooke, vi è un dotto articolo, scritto su dati puramente astronomici da Krishna Shastri Godbole (di Bombay), che prova in pieno e sulla stessa evidenza che i Veda devono essere stati insegnati almeno 25.000 anni fa. (Vedi Theosophist, vol.II. p.238 e seguenti - Agosto 1881). Questa dichiarazione, se non sostenuta, è, in ogni modo, non contraddetta da ciò che il Prof.Cowell dice nell'appendice VII alla Storia dell'India di Elphinstone: "Vi è una differenza di epoche fra i vari inni, che ora sono legati nella loro attuale forma come il Sanhita del Rig-Veda: ma "non abbiamo nessuna data per determinare la loro relativa antichità"; e la critica puramente soggettiva, a parte le date sicure, è spesso fallita in altri esempi, al punto che possiamo credere solo a qualcuna delle sue inferenze in un campo di ricerca da così poco tempo aperto come quello della letteratura Sanscrita. (Nemmeno una quarta parte della letteratura Vedica è stata stampata, e soltanto una minima parte è stata tradotta in inglese (1866)). Le ancora incerte controversie sui poemi Omerici potrebbero ben ammonirci di non fidarci troppo dei nostri giudizi riguardo gli inni più antichi del Rig-Veda ... Quando esaminiamo questi inni . essi sono profondamente interessanti per la storia della mente umana, perchè appartengono ad una fase molto più antica dei poemi di Omero o Esiodo". Gli scritti Vedici sono tutti classificati in due grandi divisioni, exoterica ed esoterica, di cui la prima è chiamata Karma-Kanda, "divisione di azioni o opere", e la seconda Jnana-Kanda, "divisione di conoscenza (divina)", e le Upanishad appartengono a quest'ultima classificazione. Entrambi i dipartimenti sono considerati come Sruti o rivelazione. A ciascun inno dei Rig-Veda è premesso il nome del Veggente o del Rishi al quale esso fu rivelato. Così, diventa evidente, sulla autorità proprio di questi nomi (come Vasishta, Viswamitra, Narada, etc.) che appartengono tutti a uomini nati in vari Manvantara ed ere, e secoli, e forse millenni, che devono essere passati fra le date della loro composizione. I Veda sono la conoscenza per eccellenza, il sapere rivelato; essi costituiscono la sacra tradizione "intuita" o "veduta" dagli antichi veggenti (i Rishi). Sono la trayi vidya (triplice conoscenza) della triplice classe sacerdote inferiore, a cui si aggiungerà l'Atharveda, un testo per gli Atharvan, i sacerdoti del fuoco atharvan, detto anche "atharva-angirasah", di carattere magico ed apotropaico. Di ognuno dei tre Veda originali si distingue: - Samhita, composizione o raccolta, che comprende il testo degli inni, delle formule, dei cantici; - Brahmana, testi rituali in prosa contenenti l'esegesi delle sacre liturgie; - Aranyaka, , breviari per gli anacoreti ritiratisi nelle selve, cultori, più che della parte liturgica, della parte speculativa; - Upanishad, commenti sul rito, sfocianti in elucubrazioni teosofiche che hanno il fine di far conseguire l'esperienza della identità fra lo spirito individuato (Atman) e lo spirito universale (Brahman). In particolare, il più antico dei testi, il Rig Veda, contiene inni ed eulogie rivolti ad un insieme di Dei, i Trentatre, suddivisi in diverse famiglie a seconda delle loro funzioni (Aditya, Rudra, Vasu, ecc.). Questi Deva, ed i numerosi miti loro relativi, documentano lo stadio più antico del pantheon vedico, ed un retaggio di credenze religiose che gli Arii dell'India ebbero in comune con altri popoli indoeuropei. In quanto rivelazione del Brahman, i Veda sono ritenuti essere il Verbo (Vach), manifestantesi attraverso sabda (suoni udibili). Sull'esegesi liturgica dei Veda si fonda il sistema filosofico detto Mimamsa (Indagine), che afferma l'eternità della parola rivelata (Veda) che, nello stadio precedente l'articolazione è il Verbo di cui ogni cosa è essenziata. Il Veda, pertanto, è increato e la sua infallibilità dimostra l'esistenza e la potenza degli Dei, non il contrario. Dalla Mimasa ebbero grande impulso gli studi grammaticali riconosciuti come "Il Veda dei Veda". Secondo Subba Row, i Veda hanno un distinto e duplice significato: uno è espresso dal senso letterale delle parole, l'altro indicato dalla metrica e da svara (l'intonazione). Questo secondo significato è la vera vita dei Veda. Il linguaggio primitivo e puramente spirituale dei Veda, concepito millenni prima dei racconti puranici, trova un'espressione puramente umana per descrivere eventi che ebbero luogo 5000 anni fa, alla data della morte di Krishna, quando per l'umanità ebbe inizio il Kali Yuga, l'Età Nera. I Veda stanno ai Purana come Atman sta al corpo fisico. Si vuole che i Veda siano stati scritti dai Rishi della Quinta Razza, dopo che Atlantide era stata sommersa. I Veda non consigliano mai gli Idoli e sono considerati lo specchio della Saggezza Eterna.
VEDA
-VYASA (San.) - Il compilatore dei Veda.
VEDANA
(San.) - Il secondo dei cinque Skandha (percezione, sensi). Il sesto Nidana.