Glossario

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NIVRITTI

 
(San.) - Letteralmente significa "riflusso, riavvolgimento", e quindi "involuzione", in opposizione a Pravritti, che significa "evoluzione". È il processo mediante il quale la materia, dal punto più basso della materialità, risale verso l'alto; rappresenta l'involuzione della materia e, quindi, l'evoluzione dello spirito. È l'Arco luminoso.

NIXIE

 
- Gli spiriti delle acque; Ondine.

NIYAMA

 
(San.) - Padronanza della mente che si ottiene attraverso il controllo dei propri pensieri.

NIYASHE

 
(Mazd.) - Preghiere dei Parsi.

NIZA Marco da

 
(Ita.) - Missionario italiano, francescano, visse nel XVI secolo in Perù, nel Guatemala e nel Messico. Nel 1539, per incarico del viceré messicano A. de Mendoza, percorse parte dell'attuale Arizona e della zona occidentale del Nuovo Messico, esaltandone le favolose ricchezze. Il suo racconto, ovviamente, infiammò le menti di molti uomini, in particolare quella di F. Vasquez de Coronado.

NIZIR

 
(Cal.) - La "Montagna del Diluvio". L'Ararat dei Babilonesi, con "Xisuthrus" al posto di Noè.

NJORDHR

 
(Sca.) - Nella mitologia scandinava è il Dio del mare, lo sposo della gigantessa Skadhi. Il loro matrimonio non durò a lungo perchè il Dio voleva vivere nella sua dimora vicino al mare, mentre Skadhi voleva vivere in montagna. Dalla loro unione nacquero due figli : Frey e Freya.

NOÈ

 
(Eb.) - Nella narrazione biblica, è il decimo patriarca, primo della seconda età del mondo, figlio di Lamech. Il suo nome significa "riposo" ed egli è il protagonista del Diluvio universale, durante il quale Dio lo designa salvatore del genere umano e di quello animale; ebbe tre figli (Sem, Cam e Jafet), visse 950 anni (al tempo del Diluvio aveva 600 anni), piantò la vite, fece il vino e si ubriacò. Noè è l'equivalente del babilonese Xisuthros, del sumerico Ziusudra, di quell'Utnapishtim che si trova nell'epopea di Gilgamesh. La figura di Noè, come simbolo dell'anima del defunto, è spesso rappresentata nelle pitture delle catacombe, orante, nell'atto di uscire dall'arca, che è una semplice cassa con il coperchio alzato. Tale motivo è frequente anche su alcuni sarcofagi. Esotericamente, la figura di Noè acquista una luce diversa. Dopo il diluvio, Noè libera un corvo nero, simbolo del Pralaya cosmico; a seguito di ciò, ha inizio la vera creazione ed evoluzione sia della Terra che dell'Umanità. Noè è l'uomo nuovo della nostra razza, il cui prototipo è Vaivasvata Manu. Noè che lascia l'Arca è l'Uomo che lascia la Matrice, l'Utero. Nella Cabala, Jehovah, Adamo e Noè sono una sola persona. La stessa storia del diluvio sembra non sia vera; alcune religioni hanno tratto spunto da inondazioni locali per creare il loro Noè ed i fatti ad esso collegati. Più importante, invece, è rilevare che gli animali, contrariamente a quanto si creda, non furono salvati a coppia, ma sette per ogni tipo: il motivo è semplice ! Agruero è Crono, o Saturno, ed è il prototipo del Jehovah israelitico; esso è in relazione con Arga, la Luna, o Arca della Salvezza, pertanto, mitologicamente, Noè è tutt'uno con Saturno. Se le acque del diluvio vengono assunte come emblema della Luna, o principio femminile, Noè che vi galleggia sopra è il simbolo dello Spirito che cade nella Materia; e piantare una vigna, fare il vino, berne fino ad ubriacarsi, significa solo che lo Spirito, sempre più imprigionato nella materia, ne rimane intossicato. Facendo i dovuti paralleli fra i racconti di Diluvio delle varie tradizioni, scopriamo che Noè è uguale a Xisuthrus (il grande padre dei Thlinkithiani), a Vaivasvata, a Deucalione, a Yima, Peirun, Belgame, ecc. E sorge il sospetto che, essendo tali tradizioni successive alla scomparsa di Atlantide, le leggende siano nate proprio dal grande cataclisma che sommerse il famoso continente. Ma qualcuno obietta che Noè non era un atlantiano; se lo fosse stato, doveva essere un gigante, ed il Genesi questo non lo dice. Ed anche un'altra ipotesi si è fatta strada: la storia di Noè e del Diluvio potrebbe far parte dei Misteri di Samotracia, ove si parla di Saturno (Kronos) Sidico e dei suoi figli. Gli Israeliti si limitarono a copiare, insegnando l'arte del plagio alle religioni successive. Se le ipotesi formulate sono tutte false, allora non rimane che pensare a Noè come ad un mito. Bryant ha tentato di dimostrare che Noè è lo stesso che Melchisedec, o Padre Sadik, o Crono-Saturno. Noè sarebbe l'uomo giusto, Melchisedec il suo duplicato di più alto ordine. Skinner nel suo "Origine delle Misure" legge Noè ed il Diluvio come una successione di fatti astronomici. Una interpretazione del Libro dei Numeri permetterebbe di vedere in Noè-Xisuthros la Terza Razza con i sessi separati, e nei tre figli le ultime tre sottorazze. L'Arca è considerata simbolo di Nuah, la Madre Universale. Alla luce di una lettura teogonica del Genesi, Noè sarebbe la permutazione della Divinità, allo scopo di formare la nostra Terra, la sua popolazione ed ogni forma di vita che è su di essa. Molto interessante, anche, la similitudine con Rudra che, al risveglio dopo il Pralaya, beve le acque del Diluvio attraverso i Sette Raggi del Sole, che si dilatano poi in Sette Soli, dando fuoco a tutto il Cosmo. E continuiamo con il Sette. I sette antichi libri rubati da Cam nell'arca di Noè e dati a suo figlio Cus e le sette colonne di Cam e Ceiron, sono un riflesso ed il ricordo dei sette Misteri primordiali istituiti secondo le "Sette Emanazioni Segrete", i Sette Suoni, i Sette Raggi. Tutti questi sono i modelli spirituali e siderali delle settemila volte sette loro copie fatte nel corso degli eoni seguenti. Il Diluvio di Noè è quasi certamente astronomico ed allegorico, non mitico, giacchè è una storia basata su antichi resoconti di uomini, o di nazioni, salvati durante cataclismi vari, su canoe, arche, navi, ecc.

NOACHIDI

 
(Eb.) - Sono così chiamati i discendenti di Noè, ossia tutti gli esseri oggi viventi.

NOBILTÀ

 
(Sim.) - La nobiltà è sempre esistita ed i nobili hanno preteso dei segni caratteristici atti a distinguerli dalla massa. Presso i Romani, gli anelli erano simbolo di nobiltà; Ulisse portava sempre il cappello perchè era nobile sia di padre che di madre; ma anche la corona in testa, il castello sul cappello, una lancia impugnata con la destra ed appoggiata per terra sono simboli di nobiltà. Presso gli Arcadi era segno di nobiltà portare una fibbia a forma di luna sui calzari, abitudine poi ripresa anche dai Romani. Gli Ateniesi, per distinguere gli stranieri dagli indigeni, mettevano in testa gli abitanti del paese una cicala d'oro; la cicala è celebre, infatti, per non allontanarsi mai dal luogo in cui vive. La massa, invece, ha un segno inconfondibile di riconoscimento : la miseria!
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