Glossario

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ARKA

 
(San.) - Il Sole.

ARKITI

 
- Gli antichi sacerdoti che erano addetti all'Arca, sia a quella di Iside che all'Argua Hindù, e che erano sette di numero, come i sacerdoti del Tat Egiziano o di ogni altro simbolo cruciforme del tre e del quattro, la combinazione dei quali dà un numero maschile-femminile. L'Argha (o arca) era il quadruplice principio femminile, e la fiamma che brucia su di essa era il triplice lingham.

ARMAITA SPENTA

 
(Per.) - Lo Spirito della Terra o della materialità. In un certo senso è lo stesso che Arimane come Angra Mainyu.

ARMINIO

 
(Ger.) - Figlio di Segimero, re dei Cherusci, bellicoso popolo della Germania, servì da giovane nell'esercito romano ed ebbe da Augusto la dignità di cavaliere. Tornato in Germania, avendo sterminato nelle selve di Teutoburgo l'esercito di Varo, fu dai Germani considerato loro dio tutelare.

ARNOBIO

 
(Afr.) - Se ne conoscono due : il Vecchio ed il Giovane, entrambi scrittori. Il primo visse sotto Diocleziano, era Retore di Sicca, in Numidia, e maestro di Lattanzio. Scrisse 'Adversus nationes', una apologia del cristianesimo. Visse nel III secolo a.C. Il secondo era monaco e visse a Roma nel V secolo d.C., sotto il pontificato dei papi Sisto III e Leone Magno. Scrisse di esegesi con accenni mistici.

AROUERIS

 
(Eg.) - Il dio Harsiesi, o Arueri o Haroeri, che era il più antico Horus. Egli ebbe un tempio ad Ambos. Se teniamo presente la definizione dei principali dei Egiziani data da Plutarco, questi miti diverranno sempre più comprensibili; come egli giustamente dice: 'Osiride rappresenta l'inizio e il principio; Iside quella che riceve; e Horus l'unione di entrambi. Horus è generato tra loro, non è eterno nè incorruttibile, ma essendo sempre in generazione si adopera mediante le vicissitudini delle imitazioni e mediante periodiche passioni (risveglio annuale alla vita) a perdurare costantemente giovane come se mai dovesse morire'. Così, dal momento che Horus è il mondo fisico personificato, Aroueris, o 'Horus il vecchio', è l'Universo ideale; e questo dimostra il detto che 'egli fu generato da Osiride ed Iside quando essi erano ancora nel grembo della loro madre' - lo Spazio. Vi è invero un notevole alone di mistero riguardo a questo dio, ma il significato del simbolo diviene chiaro una volta che si è trovata la chiave di esso. Era un personaggio favoloso, lo stesso che Apollo per i Greci. Apparteneva agli Dei del terzo ordine, i quali venivano considerati forme o trasformazioni divine, venute a contatto con il mondo fisico per via dell'incarnazione. Era rappresentato con corpo umano, seduto su un trono, con testa di sparviero, e lo pschent, simbolo del potere che esso esercitava sia nelle regioni superiori che in quelle inferiori. Teneva in mano il Tau, simbolo della vita divina, e lo scettro con la testa di cucufa, sua insegna ordinaria.

ARPOCRATE

 
(Eg.) - Figlio di Iside ed Osiride, era venerato in Egitto come Dio del Silenzio. I Greci lo chiamavano Sigalion e gli antichi lo dipingevano sotto forma di un giovane poco vestito che reggeva con la mano sinistra una cornucopia, mentre con l'indice della mano destra sulle labbra raccomandava il silenzio. Accanto a lui era collocata una civetta, simbolo della notte, durante la quale tutto il mondo tace. Gli era consacrato il pesco le cui foglie, secondo Plutarco, più delle altre assomigliano alle labbra umane. La statua che lo simboleggiava era collocata sulla porta dei templi consacrati agli dei, per avvertire gli uomini che l'imperfetta conoscenza che essi avevano del divino non permetteva loro di tenere discorsi temerari in proposito. I Romani avevano fatto del silenzio una dea alla quale avevano imposto il nome di Muta e Tacita.

ARRIANO Flavio

 
(Gr.) - Nicomedia circa 95 d.C., Atene 172/180. Storico greco, studiò dapprima ad Atene, poi a Nicopoli sotto Epitteto di cui elaborò gli appunti pubblicati poi con il titolo 'Diatribe di Epitteto ed Enkeiridion di Epitteto'. Recatosi a Roma, entrò nella carriera politica e militare; fu inviato da Adriano a governare la Cappadocia. Si ritirò ad Atene dove, nel 147, divenne arconte eponimo (il governatore per antonomasia, quello cui spetta l'onore di dare il nome all'anno). Rivestì il sacerdozio a vita di Demetra e Core.

ARTÙ

 
(Bri.) - Leggendario Re di Cambria (Galles) vissuto all'inizio del VI sec. d.C., ha dato nome ad uno dei più diffusi cicli di romanzi di avventura medioevali. La tradizione popolare lo dice figlio di Igherna, moglie di Gorloes duca di Cornovaglia, che lo ebbe da un favoloso capo dei Bretoni, Uther Pendragon, soprannominato Testa di Drago. Merlino, che era il Mago del regno, affidò l'educazione del piccolo erede a Sie Ettore, che lo crebbe con grande amore assieme al figlio Kay. Morto il re, il paese fu caratterizzato da grandi disordini che ne sconvolsero il sano ordinamento. Tutti i signori si combattevano per la successione al trono ma poiché nessuno voleva sottomettersi, non si raggiungeva alcun accordo. Fu chiamato Merlino a comporre la guerriglia; questi chiese di attendere la notte di Natale, quando nella Cattedrale di Westminister, tutti i potenti riuniti avrebbero avuto direttamente dal Signore le indicazioni per la composizione della vertenza. La notte di Natale i potenti giunsero da tutte le parti e si riunirono nel Cimitero di Londra ad attendere il segno del Signore. Quì trovarono una spada conficcata nella roccia, sulla cui elsa era scritto : ' Chi riesce ad estrarre questa spada sarà il legittimo Re di Inghilterra'. Tutti provarono, ma nessuno vi riuscì. Anche Sir Ettore assieme ad Artù ed a Kay erano giunti a Londra. Poiché Kay aveva dimenticato la spada a casa, Artù andò in giro a cercarne una. Vicino al cimitero ne trovò una, la estrasse dalla roccia e la portò a Kay. Questi, letta la scritta sull'elsa, furbescamente andò dal padre e si proclamò re. Il saggio padre costrinse il figlio a ripetere il gesto : Kay fallì, mentre Artù ripetè il prodigio. Padre e figlio, allora, si inginocchiarono davanti ad Artù, riconoscendo in lui il nuovo Re. Fu chiamato il Vescovo e furono radunati tutti i Cavalieri : Artù ripetè il gesto davanti a tutti e fu da tutti riconosciuto Re. Amato e stimato dai sudditi, ben presto portò la pace nel reame. È il 516 quando Artù assume il potere e comincia la lotta contro i Sassoni. Ottiene dodici grandi vittorie, debella i nemici e ristabilisce il cristianesimo. Sposa Ginevra (Guanhumara), bellissima principessa della famiglia dei Duchi di Cornovaglia, cantata con lui nella saga nazionale. Investì un nuovo ordine cavalleresco, la Tavola Rotonda, che prese il nome dal tavolo attorno al quale sedevano i cavalieri. Secondo la predizione di Merlino, il nuovo ordine era stato costituito per l'impresa più nobile e santa : il recupero del Santo Graal, la coppa nella quale bevve Gesù durante l'ultima cena. Nel compiere la leggendaria impresa i Cavalieri dovevano acquistare la dignità della rivelazione e ciò poteva avvenire soltanto attraverso il compimento di gesta eroiche ed umanitarie. La loro spada doveva essere al servizio dei poveri e dei deboli. La loro ricerca doveva fermarsi per aiutare le vittime dell'ingiustizia. Alle leggende della Tavola Rotonda si legano le gesta di Lancillotto e di Parsifal. Artù muore a York nel 540 per una ferita riportata combattendo contro il nipote Mordred che tentava di spodestarlo. La tradizione vuole che dopo morto sia stato assunto in cielo, dando nome ad una stella della costellazione Boote. Altri raccontano che sia stato trasportato nell'isola Avalon, dove lo assistono nove fate.

ARTEMIDE

 
(Gr.) - Dea greca, inizialmente figura autonoma ed isolata, iconograficamente presentata come vergine divina, abitatrice delle regioni selvagge, cacciatrice. In un secondo momento viene considerata sorella di Apollo, e quindi figlia di Zeus e di Latona; il suo attributo principale fu l'arco usato nella caccia e nel combattimento, ma anche strumento elargitore di morte improvvisa nelle donne. Al suo culto vennero connessi animali selvatici come l'orso ed il cervo; spesso le fu riconosciuto un carattere lunare. I Romani la identificarono con Diana. Artemide, già riconoscibile nella forma a-te-mi-to delle iscrizioni micenee, si ricollega a Core per il suo carattere di vergine e di protettrice della castità. In Arcadia appare impiccata ad un albero, con evidente allusione al rapporto agrario morte-rinascita, l'altalena rituale della crescita e della riproduzione. In qualche caso viene considerata protettrice del parto, con collegamenti alla figura materna. Appartiene al numero delle dee vergini e madri, nelle quali la natura partenica si è arricchita di una più ampia femminilità, accogliendo alcuni caratteri delle Grandi Madri. A Sparta era patrona di cerimonie iniziatiche per adolescenti e tramite alcune leggende la si vede nella funzione di divinità reggitrice di un complesso iniziatico fondato sui consueti motivi dell'ira, del ratto e della contesa ( simile alla Guerra di Troia ). La dea venerata ad Efeso con questo nome era una dea madre asiatica, patrona di un culto orgiastico, raffigurata da un pilastro antropomorfizzato , dotato di numerosi seni. A tale simulacro si aggiungevano animali che simboleggiavano la fertilità. Come dea lunare era una Dea Triforme, simbolo personificato delle varie e successive forme assunte dall'astro nelle sue varie fasi. Ed è anche Ecate, Lochia, Ilitia, Lucina, ecc.
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