Rivista Italiana di Teosofia (marzo-aprile 2023)
È uscito il numero di marzo-aprile della Rivista Italiana di Teosofia.
L’editoriale, a firma del direttore Antonio Girardi, porta il titolo “La Libertà di un sorriso” ed è dedicato al fondamentale tema della libertà e del suo rapporto con la consapevolezza e con la buona relazione con gli altri.
Dopo aver ricordato che “l’essere umano confonde talora la libertà con la ristretta sfera d’azione che il piccolo io della personalità insegue per realizzare i propri desideri”, l’autore sottolinea come “la libertà non risiede dunque nelle scelte quanto piuttosto nella comprensione delle cause e dell’impeccabilità di un’azione legata al Bello e al Buono, un’azione capace di influenzare il tutto senza demandare agli altri o a un futuro governato dalla legge del tempo l’assunzione della responsabilità del singolo”.
L’impostazione dell’editoriale è connessa, come di consueto, a quell’idea di “teosofia dell’esperienza” che considera la Teosofia non soltanto come un insieme di conoscenze ma anche come una concreta sperimentazione nel quotidiano, senza dimenticare la bella affermazione di Charlie Chaplin: “Il potere serve solo quando si vuole fare qualcosa di dannoso, altrimenti l’amore è sufficiente a fare tutto il resto”.
La Rivista contiene, fra gli altri, gli articoli "Il Maestro sei Tu" di Patrizia Moschin Calvi e "Droghe e spiritualità: una visione occulta" di Pablo Sender.
L’articolo di Patrizia Moschin Calvi, teosofa molto attiva sul piano del servizio sia a livello nazionale sia internazionale, trae ispirazione da una celebre riflessione di Jiddu Krishnamurti, che affermò: “Ogni guru è una trappola. Ogni Leader è un tiranno. Ogni maestro confonde. La malattia del secolo si chiama ‘dipendenza’. Il contatto con la propria anima è ridotto a una debole luce. Se fossimo in contatto con il nostro cuore profondo, cioè il luogo reale dello spirito, non accetteremmo nessun leader, nessun maestro, nessun guru. Saremmo indipendenti. Svegli. Vigili, autonomi e non automi. Il maestro sei Tu e dentro di te c’è anche tutto quello che serve”.
Per l’autrice del testo lo snodo fondamentale è quello di non cercare autorità fittizie e condizionanti all’esterno, creando falsi idoli, quanto piuttosto di coltivare un’attenzione e una vigilanza rivolte al maestro interiore, proprio come suggerito dai Mahatma che ispirarono la nascita della Società Teosofica.
Patrizia Moschin Calvi ci ricorda anche che “quando verrà il momento, perché giungerà quel momento nel cammino evolutivo in cui andremo finalmente alla ricerca di ciò che è dentro di noi, avverrà perché avremo saputo superare il dualismo fra la visione personale e quella universale, saremo passati oltre l’illusione che qualcuno ha ragione e qualcun altro torto. Saremo ‘oltre’”.
Il secondo articolo è a firma di Pablo Sender, un attento studioso del pensiero teosofico, compreso quello delle origini del movimento teosofico moderno, che trova in Helena Petrovna Blavatsky l’interprete più importante. In questo testo egli affronta un tema a un tempo importante e delicato: quello del rapporto fra droghe e spiritualità. Non sono stati pochi coloro che in passato hanno ritenuto che l’uso di sostanze psicotrope potesse servire ad avere positivi riflessi sull’evoluzione della coscienza e ancor oggi ci sono persone che sostengono questa tesi. Per Sender invece è imprescindibile considerare la realtà della costituzione settenaria dell’essere umano e la necessità che l’evoluzione spirituale avvenga attraverso la lenta presa di coscienza che solo la meditazione e la retta azione possono ispirare. Sender riporta nell’articolo una significativa espressione di Madame Blavatsky: “Un Sadhu [asceta religioso] che usa doghe intossicanti come la ganja e la sooka non è che un falso asceta. Invece di portare i suoi seguaci verso Moksha [liberazione] non fa altro che trascinarli con sé nel fosso, nonostante cammini o dorma sui chiodi”.
Nella letteratura teosofica l’uso di droghe viene condannato non a causa di ciechi pregiudizi o per atteggiamento moralistico, ma sulla basedi una conoscenza scientifica, spiritualmente confermata da molti saggi, anche grazie alla visione spirituale e chiaroveggente della realtà.
Conclude l’autore: “Mettere in guardia contro le droghe psicoattive può renderci impopolari tra un certo tipo di persone interessate alla spiritualità, ma è tradizione che la Società Teosofica sostenga delle verità che ai tempi erano mal accette, come quelle della fratellanza universale, della connessione fra scienza e spiritualità, della saggezza delle antiche culture e altre”.
La parte finale della Rivista è, come di consueto, ricca di testimonianze, informazioni, recensioni.
Link alla Rivista: https://www.teosofica.org/it/materiale-di-studio/rivista-italiana-di-teosofia/,446
Per abbonarsi: https://www.eti-edizioni.it/collane-libri-e-dvd/770-rivista-italiana-di-teosofia.html
L’editoriale, a firma del direttore Antonio Girardi, porta il titolo “La Libertà di un sorriso” ed è dedicato al fondamentale tema della libertà e del suo rapporto con la consapevolezza e con la buona relazione con gli altri.
Dopo aver ricordato che “l’essere umano confonde talora la libertà con la ristretta sfera d’azione che il piccolo io della personalità insegue per realizzare i propri desideri”, l’autore sottolinea come “la libertà non risiede dunque nelle scelte quanto piuttosto nella comprensione delle cause e dell’impeccabilità di un’azione legata al Bello e al Buono, un’azione capace di influenzare il tutto senza demandare agli altri o a un futuro governato dalla legge del tempo l’assunzione della responsabilità del singolo”.
L’impostazione dell’editoriale è connessa, come di consueto, a quell’idea di “teosofia dell’esperienza” che considera la Teosofia non soltanto come un insieme di conoscenze ma anche come una concreta sperimentazione nel quotidiano, senza dimenticare la bella affermazione di Charlie Chaplin: “Il potere serve solo quando si vuole fare qualcosa di dannoso, altrimenti l’amore è sufficiente a fare tutto il resto”.
La Rivista contiene, fra gli altri, gli articoli "Il Maestro sei Tu" di Patrizia Moschin Calvi e "Droghe e spiritualità: una visione occulta" di Pablo Sender.
L’articolo di Patrizia Moschin Calvi, teosofa molto attiva sul piano del servizio sia a livello nazionale sia internazionale, trae ispirazione da una celebre riflessione di Jiddu Krishnamurti, che affermò: “Ogni guru è una trappola. Ogni Leader è un tiranno. Ogni maestro confonde. La malattia del secolo si chiama ‘dipendenza’. Il contatto con la propria anima è ridotto a una debole luce. Se fossimo in contatto con il nostro cuore profondo, cioè il luogo reale dello spirito, non accetteremmo nessun leader, nessun maestro, nessun guru. Saremmo indipendenti. Svegli. Vigili, autonomi e non automi. Il maestro sei Tu e dentro di te c’è anche tutto quello che serve”.
Per l’autrice del testo lo snodo fondamentale è quello di non cercare autorità fittizie e condizionanti all’esterno, creando falsi idoli, quanto piuttosto di coltivare un’attenzione e una vigilanza rivolte al maestro interiore, proprio come suggerito dai Mahatma che ispirarono la nascita della Società Teosofica.
Patrizia Moschin Calvi ci ricorda anche che “quando verrà il momento, perché giungerà quel momento nel cammino evolutivo in cui andremo finalmente alla ricerca di ciò che è dentro di noi, avverrà perché avremo saputo superare il dualismo fra la visione personale e quella universale, saremo passati oltre l’illusione che qualcuno ha ragione e qualcun altro torto. Saremo ‘oltre’”.
Il secondo articolo è a firma di Pablo Sender, un attento studioso del pensiero teosofico, compreso quello delle origini del movimento teosofico moderno, che trova in Helena Petrovna Blavatsky l’interprete più importante. In questo testo egli affronta un tema a un tempo importante e delicato: quello del rapporto fra droghe e spiritualità. Non sono stati pochi coloro che in passato hanno ritenuto che l’uso di sostanze psicotrope potesse servire ad avere positivi riflessi sull’evoluzione della coscienza e ancor oggi ci sono persone che sostengono questa tesi. Per Sender invece è imprescindibile considerare la realtà della costituzione settenaria dell’essere umano e la necessità che l’evoluzione spirituale avvenga attraverso la lenta presa di coscienza che solo la meditazione e la retta azione possono ispirare. Sender riporta nell’articolo una significativa espressione di Madame Blavatsky: “Un Sadhu [asceta religioso] che usa doghe intossicanti come la ganja e la sooka non è che un falso asceta. Invece di portare i suoi seguaci verso Moksha [liberazione] non fa altro che trascinarli con sé nel fosso, nonostante cammini o dorma sui chiodi”.
Nella letteratura teosofica l’uso di droghe viene condannato non a causa di ciechi pregiudizi o per atteggiamento moralistico, ma sulla basedi una conoscenza scientifica, spiritualmente confermata da molti saggi, anche grazie alla visione spirituale e chiaroveggente della realtà.
Conclude l’autore: “Mettere in guardia contro le droghe psicoattive può renderci impopolari tra un certo tipo di persone interessate alla spiritualità, ma è tradizione che la Società Teosofica sostenga delle verità che ai tempi erano mal accette, come quelle della fratellanza universale, della connessione fra scienza e spiritualità, della saggezza delle antiche culture e altre”.
La parte finale della Rivista è, come di consueto, ricca di testimonianze, informazioni, recensioni.
Link alla Rivista: https://www.teosofica.org/it/materiale-di-studio/rivista-italiana-di-teosofia/,446
Per abbonarsi: https://www.eti-edizioni.it/collane-libri-e-dvd/770-rivista-italiana-di-teosofia.html