Una visione teosofica del Libro di Giobbe

Una visione teosofica del Libro di Giobbe
Il “Libro di Giobbe” rappresenta nella Bibbia uno dei testi più enigmatici e di non sempre facile interpretazione. Scritto verosimilmente fra il VII e il IV secolo a.C., ha suscitato nel tempo interesse sia in ambito religioso e filosofico sia in ambito artistico.
Si pensi a sant’Agostino e a san Tommaso d’Aquino; ma si pensi anche alle stupende illustrazioni di William Blake, per arrivare, in epoca contemporanea, alle riflessioni del Cardinale Ravasi.
Un interesse così vasto e articolato nasce dal fatto che il “Libro di Giobbe” affronta il grande tema della sofferenza e lo fa non solo per approfondire i riflessi esistenziali della stessa ma per affrontare direttamente il rapporto fra Dio e la sofferenza e fra Dio e il sofferente, nonché fra il mondo delle cause e quello degli effetti.
Proprio partendo da questa premessa è con particolare convinzione che la Società Teosofica Italiana ha voluto pubblicare questo saggio di Pier Giorgio Parola, teosofo torinese che ha fatto dello studio della Teosofia e dell’opera di Helena Petrovna Blavatsky, prima pioniera della Società Teosofica, uno dei principali interessi della sua vita.
L’analisi di Parola è approfondita e di grande respiro e riguarda un tema di particolare importanza per il ricercatore spirituale, quello del rapporto non solo fra l’essere umano e la divinità ma anche fra il bene e il male. Parola utilizza in proposito la conoscenza teosofica rappresentata dai contenuti de “La Dottrina Segreta” di H.P. Blavatsky e riesce così a essere del tutto coerente con il Secondo Scopo della Società Teosofica, quello relativo allo studio comparato delle religioni, delle filosofie e delle scienze.
L’impostazione data dall’autore del saggio fa sì che il “Libro di Giobbe” possa trovare ampie correlazioni con i testi di altre tradizioni religiose e correnti esoteriche.

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