Pagine dalla letteratura teosofica

Libro di Giobbe
"Una visione teosofica del Libro di Giobbe", di P.G. Parola, pp. 121-122 (Edizioni Teosofiche Italiane, 2019). Pubblicato sulla Rivista Italiana di Teosofia di luglio-agosto 2022.
“E il Signore ascoltò la preghiera di Giobbe e perdonò loro” (Giobbe, 42:9) e i tre amici, eteronimi di Giobbe stesso, resi più consapevoli, si dispongono ad affrontare la vita quotidiana nella propria comunità. Una vita che non disprezza i beni materiali, in quanto in un nuovo ciclo si ripeterà, a un livello superiore, una fase di crescente tendenza alla materialità della vita, uno stadio necessario in quell’alternarsi di tendenze alla materialità e alla spiritualità che avviene “così in alto come in basso”, secondo un triplice schema che coinvolge spirito, anima e corpo.
In questo processo la sofferenza e il piacere, il male e il bene collaborano per la realizzazione di un progetto. Anche la sofferenza è una maestra che ha molto da insegnare, dipende unicamente dal livello di coscienza di colui che la sperimenta. In questa situazione, l’adattamento, con il superamento della prova del piacere e della sofferenza, onde ottenere la retribuzione (l’effetto) legata alla nostra condotta, è lo strumento che abbiamo a disposizione per progredire verso quella che è la meta dell’umanità. È l’uso sapiente del karma, la conoscenza della legge. Satyannasti parodharma. Avendo compreso che, secondo i consueti canoni inculcati negli uomini da una cultura “necessariamente” avida, l’essenza della legge è l’essere profondamente ingiusta.
È quello che lo Spirito della Terra dice a Faust: “Gioco col ruggente telaio del tempo e tesso per Dio la veste con cui lo vedi”. “Maestro, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, per essere nato cieco? … Né lui né i suoi genitori hanno peccato, ma perché si manifestino in lui le opere di Dio…” (Vangelo di Giovanni, 9:3). Giobbe infine viene benedetto e, come consuetudine, riceve dei doni e, poiché la sua personalità ha portato a termine il proprio compito, egli è soddisfatto e, come Abramo (Genesi, 25:6) e Isacco (Genesi, 31:29), “Giobbe morì, vecchio e sazio di giorni” (Giobbe, 42:17).
In attesa di un nuovo ciclo in cui un nuovo Giobbe, più evoluto ma con una simile missione, vivrà un’analoga peripezia. Giobbe ha un’anima in costante sviluppo, sempre mentalmente attiva, con uno spirito che rimane puro e inalterato e una materia che provvede, a ogni livello, la base per ogni esperienza. È in un eterno presente che Giobbe è il messia con la responsabilità di compensare le passate sofferenze patite dagli uomini. “Tu sei terra e nella stessa terra da cui ti ho tratto ritornerai: non ti farò morire, ma ti rimanderò nella stessa terra da cui ti ho tratto e al mio secondo avvento potrò riprenderti” (A. Vaillant, “Le livre des Secrets d’Enoch”, Parigi, 1952).

Link al libro: https://www.eti-edizioni.it/devozione/668-una-visione-teosofica-del-libro-di-giobbe.html