Pagine dalla letteratura teosofica
“Buddhismo Esoterico" di A.P. Sinnett, (Edizioni Teosofiche Italiane, Vicenza, 2007), pp. 23-24. Pubblicato sulla Rivista Italiana di Teosofia di aprile 2019.
Il livello di elevazione che costituisce un uomo che il mondo esterno chiama “Mahātma” o “Fratello”, si raggiunge dopo un noviziato lungo e difficile e dopo un assoggettamento alle prove più severe e terribili. Si possono trovare individui che hanno passato venti e anche trent’anni di vita in modo irreprensibile, lavorando sempre con eguale fervore per arrivare allo scopo che si sono prefissati e che tuttavia sono ai primi gradi del discepolato e guardano ancora alle vette dell’adeptato che si trova molto al di sopra di loro. Qualunque sia l’età nella quale un uomo o un giovane si dedichi alla carriera occulta, egli vi si dedica, giova rammentarlo, per tutta la sua vita e senza alcuna riserva. Il compito che intraprende è di sviluppare in se stesso una quantità di facoltà e di caratteristiche che nella comune specie umana si trovano allo stato latente, a tal punto da far sospettare della loro esistenza e da negare la possibilità stessa del loro sviluppo. Queste facoltà, queste caratteristiche devono essere sviluppate dallo stesso chela con poco e, forse, con nessun aiuto e senza la direzione del maestro. “L’Adepto - dice un aforisma occulto – diviene e non si fa”. Ciò sarà più chiaro se prendiamo a esempio un esercizio fisico abbastanza comune. Un uomo, che abbia il libero esercizio delle proprie membra, può nuotare; tuttavia, se abbandonate chi non sa nuotare in un’acqua profonda, questi dopo aver lottato per alcuni istanti finirà per annegare. Le regole del nuoto non sono un mistero ma se il nuotatore, eseguendo i movimenti richiesti, non ha piena fiducia che essi producano il risultato desiderato, il risultato non si produrrà. In questo caso si tratta di forze puramente meccaniche ma lo stesso principio si attua in relazione a forze più sottili. La fiducia in sé sostiene il neofita dell’occultismo molto più di quanto non si immagini. Quanti lettori occidentali rimarrebbero totalmente increduli se si dicesse loro di certi risultati che il chela occultista deve compiere al primo grado della sua scuola con la sola forza della fiducia! E tuttavia molti di questi occidentali sentono continuamente parlare nelle loro chiese delle certezze bibliche sul potere della fede, ma queste parole entrano nelle loro orecchie come
il vento e non vi lasciano traccia alcuna.
Il grande scopo, il fine supremo dell’adeptato è il compimento dello sviluppo spirituale, la cui natura è velata e nascosta dalle formule comuni del linguaggio exoterico. Che l’adepto cerchi di unire l’anima a Dio, e che egli raggiunga in tal modo il Nirvāna, è una frase che non ha un senso definito per il lettore comune e questi, quanto più ne esaminerà con l’aiuto dei libri e dei metodi ordinari il significato, tanto meno comprenderà la natura del progresso ottenuto o della condizione desiderata. Sarà necessario trattare innanzitutto la concezione esoterica della Natura e l’origine e il destino dell’Uomo, che differiscono profondamente dai concetti teologici, prima che possa diventare chiara una spiegazione del fine che l’adepto si pone. Ma prima di ogni altra cosa dobbiamo dissuadere il lettore che si sia creato un’idea falsa dell’obiettivo che attrae verso l’adeptato. Lo sviluppo di quelle facoltà spirituali, il cui sviluppo è legato ai più alti obiettivi della vita occulta, man mano che progredisce reca una quantità di conoscenza che è in rapporto con le leggi fisiche della Natura, leggi che generalmente non sono comprese.
https://www.eti-edizioni.it/classici/il-buddhismo-esoterico,2,3
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-Codice Fiscale 80022260329
Il livello di elevazione che costituisce un uomo che il mondo esterno chiama “Mahātma” o “Fratello”, si raggiunge dopo un noviziato lungo e difficile e dopo un assoggettamento alle prove più severe e terribili. Si possono trovare individui che hanno passato venti e anche trent’anni di vita in modo irreprensibile, lavorando sempre con eguale fervore per arrivare allo scopo che si sono prefissati e che tuttavia sono ai primi gradi del discepolato e guardano ancora alle vette dell’adeptato che si trova molto al di sopra di loro. Qualunque sia l’età nella quale un uomo o un giovane si dedichi alla carriera occulta, egli vi si dedica, giova rammentarlo, per tutta la sua vita e senza alcuna riserva. Il compito che intraprende è di sviluppare in se stesso una quantità di facoltà e di caratteristiche che nella comune specie umana si trovano allo stato latente, a tal punto da far sospettare della loro esistenza e da negare la possibilità stessa del loro sviluppo. Queste facoltà, queste caratteristiche devono essere sviluppate dallo stesso chela con poco e, forse, con nessun aiuto e senza la direzione del maestro. “L’Adepto - dice un aforisma occulto – diviene e non si fa”. Ciò sarà più chiaro se prendiamo a esempio un esercizio fisico abbastanza comune. Un uomo, che abbia il libero esercizio delle proprie membra, può nuotare; tuttavia, se abbandonate chi non sa nuotare in un’acqua profonda, questi dopo aver lottato per alcuni istanti finirà per annegare. Le regole del nuoto non sono un mistero ma se il nuotatore, eseguendo i movimenti richiesti, non ha piena fiducia che essi producano il risultato desiderato, il risultato non si produrrà. In questo caso si tratta di forze puramente meccaniche ma lo stesso principio si attua in relazione a forze più sottili. La fiducia in sé sostiene il neofita dell’occultismo molto più di quanto non si immagini. Quanti lettori occidentali rimarrebbero totalmente increduli se si dicesse loro di certi risultati che il chela occultista deve compiere al primo grado della sua scuola con la sola forza della fiducia! E tuttavia molti di questi occidentali sentono continuamente parlare nelle loro chiese delle certezze bibliche sul potere della fede, ma queste parole entrano nelle loro orecchie come
il vento e non vi lasciano traccia alcuna.
Il grande scopo, il fine supremo dell’adeptato è il compimento dello sviluppo spirituale, la cui natura è velata e nascosta dalle formule comuni del linguaggio exoterico. Che l’adepto cerchi di unire l’anima a Dio, e che egli raggiunga in tal modo il Nirvāna, è una frase che non ha un senso definito per il lettore comune e questi, quanto più ne esaminerà con l’aiuto dei libri e dei metodi ordinari il significato, tanto meno comprenderà la natura del progresso ottenuto o della condizione desiderata. Sarà necessario trattare innanzitutto la concezione esoterica della Natura e l’origine e il destino dell’Uomo, che differiscono profondamente dai concetti teologici, prima che possa diventare chiara una spiegazione del fine che l’adepto si pone. Ma prima di ogni altra cosa dobbiamo dissuadere il lettore che si sia creato un’idea falsa dell’obiettivo che attrae verso l’adeptato. Lo sviluppo di quelle facoltà spirituali, il cui sviluppo è legato ai più alti obiettivi della vita occulta, man mano che progredisce reca una quantità di conoscenza che è in rapporto con le leggi fisiche della Natura, leggi che generalmente non sono comprese.
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