Meditazione, stato della mente, funzionamento del cervello
Uno dei temi che appassionano gli scienziati nell’ambito delle neuroscienze ed i ricercatori spirituali è quello del rapporto fra meditazione, stato della mente e funzionamento del cervello.
Le tecnologie ora disponibili consentono di ampliare in modo significativo questo ambito di ricerca.
Quello che appare evidente è che c’è una relazione fra processo meditativo, stato di benessere e variazione di alcuni parametri fisici dell’essere umano rilevabili dall’alterazione delle onde cerebrali, dalla diminuzione della pressione arteriosa, dal miglioramento dell’umore, ecc. Come a dire che “meditare” fa bene, in tutti i sensi.
Anche nel nostro Paese sono attive alcune équipe di ricerca; da segnalare in primis quelle dell’Università di Pisa con il prof. Angelo Gemignani, direttore del Dipartimento di Patologia chirurgica, medica, molecolare e dell’area critica, il prof. Bruno Neri, Ordinario di Ingegneria dell’Informazione e il dottor Ciro Conversano.
Un recente articolo del “Corriere della Sera” (8 febbraio 2020) riferisce di una missione di questi scienziati presso il Kalachakra Institute for Meditation di Dharamsala, in India, con risultati di approfondimento importanti, specie in tema di meditazione profonda. I monaci che la praticano “non solo hanno uno stato emozionale più sereno ma non soffrono di malattie psicosomatiche”.
Questo tipo di ricerche rimanda a quelle che coinvolsero lo stesso Dalai Lama e altri esponenti della tradizione del Buddhismo Mahayana, nei primi Anni Duemila, con psicologi, studiosi della mente, neuroscienziati e uomini di cultura del calibro di Daniel Goleman Francisco Varela, Paul Ekman.
Proprio il Dalai Lama e Daniel Goleman, con il contributo dell’intero team di ricerca, curarono un testo, che mantiene a tutt’oggi grande importanza e fascino. Si tratta di: “Emozioni distruttive – liberarsi dai tre veleni della mente: rabbia, desiderio e illusione” (pubblicato in Italia da Mondadori).
Il campo di ricerca relativo alla meditazione è assai vasto e potrà riservare ulteriori sorprese, specie se si considera il fatto che lo stato di meditazione non va confuso con le tecniche di meditazione ma va messo in relazione col superamento del dualismo fra osservatore e osservato.
Le tecnologie ora disponibili consentono di ampliare in modo significativo questo ambito di ricerca.
Quello che appare evidente è che c’è una relazione fra processo meditativo, stato di benessere e variazione di alcuni parametri fisici dell’essere umano rilevabili dall’alterazione delle onde cerebrali, dalla diminuzione della pressione arteriosa, dal miglioramento dell’umore, ecc. Come a dire che “meditare” fa bene, in tutti i sensi.
Anche nel nostro Paese sono attive alcune équipe di ricerca; da segnalare in primis quelle dell’Università di Pisa con il prof. Angelo Gemignani, direttore del Dipartimento di Patologia chirurgica, medica, molecolare e dell’area critica, il prof. Bruno Neri, Ordinario di Ingegneria dell’Informazione e il dottor Ciro Conversano.
Un recente articolo del “Corriere della Sera” (8 febbraio 2020) riferisce di una missione di questi scienziati presso il Kalachakra Institute for Meditation di Dharamsala, in India, con risultati di approfondimento importanti, specie in tema di meditazione profonda. I monaci che la praticano “non solo hanno uno stato emozionale più sereno ma non soffrono di malattie psicosomatiche”.
Questo tipo di ricerche rimanda a quelle che coinvolsero lo stesso Dalai Lama e altri esponenti della tradizione del Buddhismo Mahayana, nei primi Anni Duemila, con psicologi, studiosi della mente, neuroscienziati e uomini di cultura del calibro di Daniel Goleman Francisco Varela, Paul Ekman.
Proprio il Dalai Lama e Daniel Goleman, con il contributo dell’intero team di ricerca, curarono un testo, che mantiene a tutt’oggi grande importanza e fascino. Si tratta di: “Emozioni distruttive – liberarsi dai tre veleni della mente: rabbia, desiderio e illusione” (pubblicato in Italia da Mondadori).
Il campo di ricerca relativo alla meditazione è assai vasto e potrà riservare ulteriori sorprese, specie se si considera il fatto che lo stato di meditazione non va confuso con le tecniche di meditazione ma va messo in relazione col superamento del dualismo fra osservatore e osservato.