Meditazione e felicità vanno insieme
La costruttiva interazione fra neuro scienziati ed eminenti esponenti del buddhismo tibetano ha consentito negli ultimi decenni di affrontare il tema della meditazione in una chiave di approfondimento comparativo fra religione, filosofia e scienza.
Ciò non solo ha portato a rilevanti risultati descritti, ad esempio, nel fondamentale testo “Emozioni distruttive” scritto dal Dalai Lama con Daniel Goleman nel 2009, ma ha anche innescato una serie di sviluppi che hanno molto favorito la diffusione della mindfulness e di metodiche che capitalizzano il portato dell’Antica Saggezza e lo rendono comprensibile e praticabile all’essere umano di oggi.
Ne ha parlato anche l’inserto “D” del 28 agosto de “La Repubblica”, presentando il libro “La meditazione spiegata dalla scienza” di Steven Laureys, neurologo dell’Università di Liegi (Red Edizioni, il Castello Editore).
Quello che complessivamente emerge è che la meditazione e le sue attività che potremmo definire “collaterali”, quali l’attenzione, la compassione, la gratitudine e la cura, aiutano l’essere umano a raggiungere una maggior consapevolezza e, in ultima analisi, ad essere più felice.
Peraltro va da sé che, dal punto di vista teosofico, la felicità non deve essere un obiettivo egoistico, quanto piuttosto una modalità per favorire la gentilezza e l’azione a beneficio di tutti gli esseri.
Ciò non solo ha portato a rilevanti risultati descritti, ad esempio, nel fondamentale testo “Emozioni distruttive” scritto dal Dalai Lama con Daniel Goleman nel 2009, ma ha anche innescato una serie di sviluppi che hanno molto favorito la diffusione della mindfulness e di metodiche che capitalizzano il portato dell’Antica Saggezza e lo rendono comprensibile e praticabile all’essere umano di oggi.
Ne ha parlato anche l’inserto “D” del 28 agosto de “La Repubblica”, presentando il libro “La meditazione spiegata dalla scienza” di Steven Laureys, neurologo dell’Università di Liegi (Red Edizioni, il Castello Editore).
Quello che complessivamente emerge è che la meditazione e le sue attività che potremmo definire “collaterali”, quali l’attenzione, la compassione, la gratitudine e la cura, aiutano l’essere umano a raggiungere una maggior consapevolezza e, in ultima analisi, ad essere più felice.
Peraltro va da sé che, dal punto di vista teosofico, la felicità non deve essere un obiettivo egoistico, quanto piuttosto una modalità per favorire la gentilezza e l’azione a beneficio di tutti gli esseri.