Funzionamento del cervello e utilizzo degli strumenti di A.I.
Segnaliamo l’interessante articolo di Federico Fubini, apparso nell’edizione online del Corriere della Sera.
Fubini illustra i contenuti di una ricerca del Massachusetts Institute of Technology (MIT) di Boston sulla diminuzione della connettività celebrale derivante dall’utilizzo di strumenti di intelligenza artificiale per compiti di scrittura e dunque nella redazione e preparazione di testi.
Si tratta del paper preliminare di una nuova ricerca sperimentale del Media Lab del MIT, dal titolo “Il tuo cervello e ChatGPT: accumulazione di debito cognitivo nell’usare un assistente di intelligenza artificiale per compiti di scrittura”.
L’articolo di Fubini illustra i contenuti dello studio, che si basa su una concreta sperimentazione condotta da un team di scienziati coordinato da Nataliya Kosmyna.
È stato coinvolto un campione di 54 volontari, suddiviso in tre gruppi. Ciascuno è stato incaricato, per tre mesi, di produrre tre brevi testi per tre sessioni successive su temi predefiniti.
Il primo gruppo (“Brain-only”) poteva scrivere solo sulla base delle proprie risorse mentali, senza accesso né a internet né a uno schermo, mentre il secondo aveva accesso al motore di ricerca di Google. Il terzo gruppo invece aveva accesso all’intelligenza artificiale generativa, in particolare ChatGPT di Open AI.
È stata analizzata l’attività cerebrale di tutti i partecipanti, mediante elettroencefalografia, mentre essi svolgevano il compito richiesto.
La rilevazione ha dimostrato inequivocabilmente che l’attivazione celebrale delle persone che componevano il secondo gruppo è stata inferiore dal 34 al 48% rispetto a quelle del primo, mentre per chi usava lo strumento dell’I.A. era del 55%.
Ci sono due ulteriori dati della ricerca che fanno riflettere. Nelle fasi successive alla stesura dei testi l’83% delle persone appartenenti al gruppo che utilizzava l’A.I aveva persino difficoltà a ricordare quanto aveva scritto e le citazioni utilizzate, come a dire che l’uso massiccio di questi strumenti porta a un vero e proprio “intorpidimento” del cervello, con tutte le conseguenze del caso. Si pensi in proposito alle conseguenze per le nuove generazioni cosiddette digitali. E all’incombente pericolo dei debiti cognitivi.
Da valutare è anche un aspetto di appendice dello studio. Quando alle persone del primo gruppo è stato consentito l’utilizzo dell’A.I. le loro performance sono state migliori rispetto a coloro che l’avevano utilizzata direttamente (terzo gruppo); questi ultimi, di converso, quando sono stati chiamati a scrivere testi senza ausili hanno dimostrato una minor capacità di elaborazione.
Il cervello dunque è un qualcosa di vivo, che va utilizzato in tutte le sue potenzialità, facendo sì che strumenti digitali e di A.I. possano essere di supporto ma non sostitutivi della capacità di memoria, elaborazione e pensiero.
In tutto questo sta la prospettiva, assai differente, di una umanità “pensante” piuttosto che “pensata”.
Questo il link all’articolo di Fubini: https://www.corriere.it/economia/intelligenza-artificiale/25_giugno_20/chatgpt-cervello-risultati-studio-mit-432a4af7-cc10-4e7a-aba8-e56ca5206xlk.shtml
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Fubini illustra i contenuti di una ricerca del Massachusetts Institute of Technology (MIT) di Boston sulla diminuzione della connettività celebrale derivante dall’utilizzo di strumenti di intelligenza artificiale per compiti di scrittura e dunque nella redazione e preparazione di testi.
Si tratta del paper preliminare di una nuova ricerca sperimentale del Media Lab del MIT, dal titolo “Il tuo cervello e ChatGPT: accumulazione di debito cognitivo nell’usare un assistente di intelligenza artificiale per compiti di scrittura”.
L’articolo di Fubini illustra i contenuti dello studio, che si basa su una concreta sperimentazione condotta da un team di scienziati coordinato da Nataliya Kosmyna.
È stato coinvolto un campione di 54 volontari, suddiviso in tre gruppi. Ciascuno è stato incaricato, per tre mesi, di produrre tre brevi testi per tre sessioni successive su temi predefiniti.
Il primo gruppo (“Brain-only”) poteva scrivere solo sulla base delle proprie risorse mentali, senza accesso né a internet né a uno schermo, mentre il secondo aveva accesso al motore di ricerca di Google. Il terzo gruppo invece aveva accesso all’intelligenza artificiale generativa, in particolare ChatGPT di Open AI.
È stata analizzata l’attività cerebrale di tutti i partecipanti, mediante elettroencefalografia, mentre essi svolgevano il compito richiesto.
La rilevazione ha dimostrato inequivocabilmente che l’attivazione celebrale delle persone che componevano il secondo gruppo è stata inferiore dal 34 al 48% rispetto a quelle del primo, mentre per chi usava lo strumento dell’I.A. era del 55%.
Ci sono due ulteriori dati della ricerca che fanno riflettere. Nelle fasi successive alla stesura dei testi l’83% delle persone appartenenti al gruppo che utilizzava l’A.I aveva persino difficoltà a ricordare quanto aveva scritto e le citazioni utilizzate, come a dire che l’uso massiccio di questi strumenti porta a un vero e proprio “intorpidimento” del cervello, con tutte le conseguenze del caso. Si pensi in proposito alle conseguenze per le nuove generazioni cosiddette digitali. E all’incombente pericolo dei debiti cognitivi.
Da valutare è anche un aspetto di appendice dello studio. Quando alle persone del primo gruppo è stato consentito l’utilizzo dell’A.I. le loro performance sono state migliori rispetto a coloro che l’avevano utilizzata direttamente (terzo gruppo); questi ultimi, di converso, quando sono stati chiamati a scrivere testi senza ausili hanno dimostrato una minor capacità di elaborazione.
Il cervello dunque è un qualcosa di vivo, che va utilizzato in tutte le sue potenzialità, facendo sì che strumenti digitali e di A.I. possano essere di supporto ma non sostitutivi della capacità di memoria, elaborazione e pensiero.
In tutto questo sta la prospettiva, assai differente, di una umanità “pensante” piuttosto che “pensata”.
Questo il link all’articolo di Fubini: https://www.corriere.it/economia/intelligenza-artificiale/25_giugno_20/chatgpt-cervello-risultati-studio-mit-432a4af7-cc10-4e7a-aba8-e56ca5206xlk.shtml
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Foto di Thought Catalog su Unsplash