Invictus, non solo un film

Invictus, non solo un film
L’essere costretti a casa induce molti a passare molto tempo davanti al televisore.
Lo zapping ci mostra come siano quattro le categorie di trasmissioni che prevalgono statisticamente (non diversamente dal solito): i talk show, con la presenza sovrabbondante di politici e di esperti che, in molti casi, dicono tutto e il contrario di tutto; i film, con larghissima prevalenza di quelli violenti e negativi; le televendite (non si può fare a meno di… comprare, nemmeno in tempo di crisi) e l’intrattenimento (cosa faremmo senza un po’ di spettacolo?). A molta distanza percentuale si collocano l’informazione non di parte, i documentari, le trasmissioni storiche e culturali. E anche – perla rara - qualche buon film.
Può capitare così di imbattersi felicemente in una delle pellicole capolavoro di Clint Eastwood, “Invictus”, che parla dell’epopea di Nelson Mandela (1918-2013) che da Presidente del Sud Africa cercò e ottenne la riconciliazione nazionale, anche grazie al suo aver saputo trasformare la nazionale sudafricana di rugby (i mitici “Springboks”) in un simbolo di unità nazionale e, certamente anche per questo, a vincere i campionati del mondo del 1995.
In un momento in cui le disarmonie, i disaccordi e gli egoismi tendono a prevalere, a tutti i livelli, la visione di un film come “Invictus” ci insegna che in realtà “si può” costruire un mondo migliore e solidale, al di là delle differenze.
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