Testi per l’intuizione [LXXIII]

Testi per l’intuizione
Ci sono brani di poesie, di libri, di memoriali, atti a suscitare l’intuizione del lettore. Il loro significato va oltre le parole e le immagini evocate. È così per questa poesia tratta da "Continenti - rivista missionaria dei Cappuccini" (raccolta dell’anno 1983):
“Camminiamo verso la speranza
Partire è anzitutto uscire da sé.
Rompere quella crosta di egoismo che tenta di imprigionarci nel nostro 'io'.
Partire è smetterla di girare in tondo attorno a noi, come se fossimo al centro del mondo e della vita.
Partire è non lasciarsi chiudere negli angusti problemi del piccolo mondo cui apparteniamo:
qualunque sia l’importanza di questo nostro mondo, l’umanità è più grande ed è essa che dobbiamo servire.
Partire non è divorare chilometri, attraverso i mari, volare a velocità supersoniche.
Partire è anzitutto aprirci agli altri, scoprirli, farsi loro incontro.
Aprirci alle idee, comprese quelle contrarie alle nostre, significa avere il fiato di un buon camminatore.
Felice chi comprende e vive questo pensiero: 'Se non sei d’accordo con me tu mi fai più ricco'.
Aver vicino a sé un uomo che sa dire solo “amen”, che è sempre d’accordo,
già prima che glielo chieda, e incondizionatamente, non è avere un compagno, ma un’ombra.
È possibile viaggiare da soli.
Ma un buon camminatore sa che il grande viaggio è quello della vita ed esso esige dei compagni.
Beato chi si sente eternamente in viaggio e in ogni prossimo vede un compagno desiderato.
Un buon camminatore si preoccupa dei compagni scoraggiati e stanchi.
Intuisce il momento in cui cominciare a disperare.
Li prende dove li trova. Li ascolta.
Con intelligenza e delicatezza, soprattutto con amore, ridà coraggio e gusto per il cammino.
Andare avanti solo per andare avanti, non è un vero camminare.
Camminare è andare verso qualche cosa; è prevedere l’arrivo, lo sbarco.
Ma c’è cammino e cammino.
Per le minoranze abramiche partire è mettersi in marcia e aiutare gli altri a cominciare la stessa marcia
per costruire un mondo più giusto e umano”.

Articolo tratto dal numero di gennaio-febbraio 2023 della Rivista Italiana di Teosofia.