Pagine dalla letteratura teosofica

Pagine dalla letteratura teosofica
"J. Krishnamurti a confronto con la psicoanalisi", di E. Bratina, p. 78 (Edizioni Teosofiche Italiane, 2016). Pubblicato sulla Rivista Italiana di Teosofia di maggio-giugno 2022.
La liberazione da uno stato condizionato sorge spontanea quando la mente rivela il suo processo di condizionamento; ciò avviene quando si è integralmente consapevoli dello stato in cui ci si trova. Occorre quindi cercare di comprendere se stessi e scorgere gli inconsci determinismi di tutte le nostre quotidiane manifestazioni, anche quelli della ricerca stessa; scoprire gli angoli riposti della mente e del cuore dove trovare le tendenze, l’evasione, le sostituzioni, i sottili inganni all’opera. Dobbiamo andare nella profondità del nostro essere per scoprirvi le cause della qualità del tessuto inconscio.
Occorre però cercare la verità che libera l’uomo e non meramente le cause del dolore, del dualismo o di quant’altro. Le spiegazioni mentali non ci liberano dalle nostre tendenze. E l’avvento della liberazione non sta nella scelta tra l’essenziale e il non essenziale, ma nello scorgere l’illusione che ci induce alla scelta stessa, la quale nutre la mente e ci fa apparire le cose con diversi valori.
La nostra liberazione non si può posporre a domani o ad un’altra vita: essa è un’impresa attuale. Col divenire consapevoli dello stato condizionato in cui ci troviamo, ognuno può incominciare a comprendere che cosa sia la libertà dalle limitazioni, dal timore, ecc. Il processo di liberazione non è un atto intellettuale; lo stato condizionato occorre sentirlo e questo sentimento, reso intelligente, ci rivelerà istantaneamente le origini dello stato condizionato, che cesserà di essere tale. Quando la ragione diviene incapace di ingannarci con la sua logica, insufficiente a proteggere le nostre certezze mentali, e non valgono più le spiegazioni e le teorie e ci troviamo a tu per tu col problema, allora possiamo cogliere quella verità che sola può liberare. Ma la liberazione non è un atto da farsi ogni tanto, bensì un atto continuato.
Qual è dunque la tecnica della comprensione liberatrice?
Essere consapevoli integralmente del motivo che ci spinge all’azione e che determina gli stati condizionati (essere cioè pervasi dall’emozione di un’esperienza rendendoci conto di questo stato). Ma comprendere solo intellettualmente è di poco momento, perché la comprensione non si basa sul processo di analisi, ma deriva dalla vita quotidiana, dall’azione. Con ciò si rivelano i circoli viziosi della mente e quelle resistenze che impropriamente chiamiamo ideali, virtù, dio, ecc., tutte cose per uso personale. Il fatto del ritornare con la mente sull’oggetto sperimentato non può darci sempre una comprensione liberatrice. La comprensione ha da sorgere mentre l’emozione è ancora smossa dall’urto subito: specularci sopra quando questa ha riguadagnato il suo equilibrio non apporta alcun giovamento. La stessa cosa vale qualora si cerchi di suscitare artificialmente un uragano, perché questo avrebbe insita la pregiudiziale anzidetta.

Link al libro: https://www.eti-edizioni.it/conoscenza/663-j-krishnamurti-a-confronto-con-la-psicoanalisi.html
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