A.I., coscienza e consapevolezza

A.I., coscienza e consapevolezza
Il tema dell’intelligenza artificiale (A.I.) appassiona gli esseri umani, che oscillano fra l’esaltazione delle possibilità che l’A.I. lascia intravedere e le inquietudini che suscitano le possibili manipolazioni degli strumenti digitali, anche per fini inconfessabili.
Questa dicotomia interpretativa è quella che accompagna ogni innovazione tecnologica e lascia subito intravedere la vera questione, che è quella di un utilizzo etico (o meno) degli strumenti tecnologici.
Tutto quindi dipende dall’essere umano e dagli scopi del suo agire, che possono essere egoisti e manipolatori oppure votati al benessere armonico individuale e collettivo.
Per il momento l’A.I. ha una base statistica e trae origini dalle informazioni presenti nella rete internet, ma è evidente che si tratta di un sistema che apprende e si modifica sulla base delle ulteriori informazioni fornite.
Se si considera la quantità delle false informazioni presenti in rete non si può certo stare tranquilli, ma sarebbe sicuramente un errore accettare passivamente e fatalisticamente il processo del cambiamento in corso.
La possibilità di un atteggiamento positivo passa, paradossalmente, attraverso la cultura, l’attenzione e la meditazione. Cultura come vaccino nei confronti della credulità, delle false informazioni e delle manipolazioni; attenzione come strumento di osservazione e di conoscenza; meditazione come collegamento alla vera realtà spirituale (che non può mai essere rappresentativa e non può nemmeno essere acquistata) e come superamento della dicotomia fra osservatore e cosa osservata.
Se consideriamo come possibile l’ipotesi del “panpsichismo” di Roger Penrose, secondo cui tutto ha una coscienza, ben comprendiamo quale sia l’importanza della consapevolezza, snodo essenziale che marca la differenza fra un essere umano “pensante” e l’essere umano “pensato”.
Anche in epoca di Kali Yuga c’è speranza e bellezza se solo ricordiamo, sull’onda di un vecchio proverbio ebraico, che “noi non vediamo le cose come sono, ma come siamo”.
Foto di Andy Kelly su Unsplash