Testi per l’intuizione [XLVI]

Testi per l’intuizione [XLVI]
Ci sono brani di poesie, di libri, di memoriali, atti a suscitare l’intuizione del lettore. Il loro significato va oltre le parole e le immagini evocate. È così per questo brano tratto da “Dal carcere di San Vittore ai lager tedeschi”, del teosofo avv. Gaetano de Martino (Quintessenza Editrice, Gallarate (VA), 2013, pp. 101 – 105): “Squarci di sereno nella tormenta”.
“In quell’ambiente di brutalità Don Davide Perniceni non trascurava di fare quanto un sacerdote poteva fare. Aiutato da un certo Ferdinando Brenna (che purtroppo fu poi fucilato a Fossoli) aveva trasformato la sua cella in un piccolo tempio, con immagini sacre e altarini su tutte le pareti; in un angolo una tavola sosteneva dei libri; il letto era coperto in modo da sembrare un divano; persino sul pavimento vi era una vecchia coperta che sembrava un tappeto: così la cella era scomparsa, per trasformarsi in un’accogliente saletta di preghiera. Lì tutte le sere egli adunava un po’ di amici per recitare insieme il rosario: cosa possibile allora al terzo raggio, dove si godeva una relativa libertà. Era commovente poter pregare in carcere, tutti uniti intorno a un sacerdote. Illusione, suggestione o realtà: in quell’atmosfera di raccoglimento una profonda fiducia scendeva nei cuori e si trasmutava in forza e serenità. La preghiera, specialmente collettiva, operava il suo miracolo […].
Pensammo di utilizzare le serate facendo a turno l’esposizione di qualche argomento che potesse interessare tutti. Un amico ci parlò a lungo di certi suoi esperimenti medianici, delle comunicazioni che periodicamente un gruppo riceveva da un’entità che si definiva “Maestro”, e di tutta una concezione di vita che veniva costruita attraverso quelle comunicazioni. Egli parlava con la sicurezza che la fede cieca ispira ad un fanatico religioso: per lui quelle comunicazioni costituivano atto di fede religiosa. Ciò fu oggetto di critiche e di discussioni, non sempre pacate. Un altro espose la teoria della reincarnazione: riteneva che solo questa concezione possa dare una soddisfacente risposta ai problemi della vita, e citò dei casi che ne sembravano prova palpabile.
Un vegetariano trovava larga materia di conversazione nell’esporre i vantaggi fisici e psichici che l’alimentazione a base di vegetali presenta sull’alimentazione carnea e i doveri che incombono sull’umanità verso il regno animale, esso pure in evoluzione; si rammaricava che in carcere talvolta la fame lo aveva costretto a mangiare anche quel pezzettino di lesso che veniva dato la domenica.
Altri esponevano episodi teatrali o sportivi, o rievocavano processi celebri. E così le serate passavano in buona compagnia, attenuando molto la tristezza e la noia dell’ambiente […].
Ma, a interrompere quel nuovo tenore di vita, il 17 febbraio 1944 arrivò d’improvviso l’ordine del ‘trasporto’ in Germania di circa centocinquanta detenuti.
Qui poveri condannati alla deportazione furono svegliati di notte, adunati in un altro raggio e, al mattino, in vagoni bestiame piombati, furono avviati nei tristi campi di concentramento”.

Articolo tratto dal numero di luglio 2019 della Rivista Italiana di Teosofia.