Pagine dalla letteratura teosofica

Pagine letteratura teosofica
“Iside Svelata" di H.P. Blavatsky, pp. 202-203 (Edizioni Teosofiche Italiane). Pubblicato sulla Rivista Italiana di Teosofia di luglio 2020.
Questo filosofo (Ammonio Sacca) “istruito da Dio” o “theodidaktos” ha ripetuto le stesse parole un gran numero di volte, nelle sue numerose opere, circa 140 anni prima di Agostino.
Riconoscendo Gesù come “uomo eccellentissimo, ed amico di Dio”, egli sostenne sempre che il suo scopo non era quello di abolire i rapporti con gli dei e demoni (spiriti), ma semplicemente di purificare le antiche religioni, poiché “la religione della moltitudine andava di pari passo con la filosofia; condividendo la sorte di essere, gradatamente, corrotta ed oscurata, con concezioni puramente umane, superstizioni e menzogne; doveva quindi essere riportata alla purezza originale, purgandola di tali scorie e spiegandola con principi filosofici; e che tutto ciò che Cristo voleva era stabilire e restituire la primitiva integrità alla saggezza degli antichi”.
Ammonio per primo insegnò che ogni religione era basata sulla stessa verità unica, cioè sulla sapienza fondata sui libri di Toth (Ermete Trismegisto), dai quali Pitagora e Platone trassero la propria filosofia. Le dottrine del primo, egli sosteneva, sono identiche ai primitivi insegnamenti dei brahmani, ora contenuti negli antichi Veda.
Il nome “Toth”, dice il prof. Wilder, “significa collegio o assemblea” e “non è improbabile che i libri fossero così intestati, perché costituivano una raccolta di oracoli e dottrine della fratellanza sacerdotale di Menfi”.
Il rabbino Wise ha suggerito pure una simile ipotesi, riferendosi alle parole divine registrate nelle scritture ebraiche.
Ma gli scrittori indiani asseriscono che, nel corso del regno di Kansa, gli “Yadus” (giudei) o tribù eletta abbandonarono l’India per emigrare in Occidente, portando con sé i testi dei quattro Veda.
Certamente grande era la somiglianza tra le dottrine filosofiche e costumi religiosi degli egizi e dei buddhisti orientali ma, se i libri ermetici e i quattro Veda fossero identici, non si può ancora accertare.
Un fatto però è certo: prima che la parola “filosofo” fosse pronunciata per la prima volta da Pitagora, alla corte del re dei filiasi, la “dottrina segreta” o saggezza era identica in tutti i Paesi.
Per questa ragione è negli antichi testi (in quelli che vennero meno profanati da contraffazioni posteriori) che dobbiamo cercare la verità. Ed ora che la filologia possiede i testi sanscriti, possiamo con sicurezza affermare che questi documenti sono assai anteriori alla “Bibbia” mosaica; e il dovere preciso degli studiosi è di presentare al mondo la verità, e null’altro che la verità. Senza riguardo a pregiudizi scettici e teologici, essi sono tenuti ad esaminare imparzialmente entrambi i documenti – gli antichissimi Veda e l’Antico Testamento - e quindi decidere quale dei due è lo “Sruti” o rivelazione originale e quale è semplicemente “Smriti”, che Max Müller afferma costituire semplicemente una raccolta o tradizione.

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