Afghanistan: realtà e simboli di una tragedia annunciata

Afghanistan
I recenti avvenimenti in Afghanistan, con il ritorno al potere del movimento talebano e il crollo di uno stato tenuto artificialmente in vita da vent’anni di presenza degli USA e di altre potenze occidentali (fra cui l’Italia), hanno riportato l’attenzione sulle vicende di questo martoriato Paese, lacerato dal settarismo e dalle logiche tribali.
Alcune immagini di questi giorni resteranno per sempre nei nostri occhi e nella nostra mente: quelle della disperazione delle donne per la perdita delle poche ma significative libertà conquistate; delle madri che lanciavano i loro piccoli nelle mani dei soldati americani, rinunciando così ai loro cari nella speranza di un futuro migliore per i loro figli; quella delle persone che, pur di lasciate il Paese, si sono aggrappate ai velivoli in partenza per poi precipitare tragicamente al suolo.
Tanto dolore e sofferenza marcano la distanza fra la realtà degli esseri umani e quella del potere o, meglio, dei poteri che pensano soltanto e con ogni mezzo al tornaconto e al trionfo delle visioni ideologiche della vita, separative per definizione e violente per abitudine.
L’Afghanistan non è qualcosa di lontano da noi ma è l’esempio vivente che la guerra non porta alla pace; che la corruzione non porta alla costruzione di un mondo migliore; che l’indifferenza e il calcolo politico ed economico portano alla disperazione; che la religione che diventa potere non ha nulla a che fare con la spiritualità.
Da tutto questo emerge l’importanza di una presa di coscienza, individuale e collettiva, che faccia perno sulla Fratellanza, lo spirito di condivisone e la dimensione del Servizio.
Limitare la libertà delle donne (non solo di quelle afghane) e togliere speranze e possibilità alle nuove generazioni rappresentano due cartine tornasole che indicano precisi fattori di arretratezza dello stato di coscienza dell’umanità.
Per un futuro migliore e oltre l’indifferenza, la Via del Cuore è l’unica che ci possa portare oltre le nebbie dell’egoismo e della separatività.

(Nella foto: opere dell'artista afghana Shamsia Hassani)