Glossario

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VIPERA

 
(Occ.) - Serpente molto velenoso, la cui carne fin dai tempi antichissimi era ritenuta molto efficace nella cura di varie malattie. Veniva mangiata bollita a guisa di pesce, mentre oggi, in alcuni tradizioni popolari, si fa bere solo il brodo.

VIPRACHITTI

 
(San.) - Il capo dei Danava - i giganti che combatterono contro gli dei; i Titani dell'India.

VIPUNEN

 
(Sca.) - Nella mitologia nordica è il nome di un leggendario gigante, ricchissimo e potente mago, il cui canto incantava chiunque.

VIRABHADRA

 
(San.) - Un mostro con migliaia di teste e migliaia di braccia, "nato dal soffio" di Shiva Rudra, allo scopo di distruggere il sacrificio preparato da Daksha. Abitava la regione dei fantasmi, ovvero degli uomini ancora allo stato eterico. Esso, infatti, è ritenuto un simbolo dei "nati dal sudore" la seconda razza dell'umanità.

VIRACOCHA

 
(Perù) - Presso gli antichi abitanti del Perù era il nome della divinità primigenia, quella che compare per prima e diffonde la vita nell'Universo. È il creatore del mondo e degli astri.

VIRAJ

 
(San.) - Il Logos indù nei Purana; il potere maschile in natura contrapposto a quello femminile; il Manu maschio, creato nella parte femminile del corpo di Brahma (Vach) dallo stesso dio. Dice Manu: "Avendo diviso il suo corpo in due parti, il signore (Brahma) diventò con una metà un maschio e con l'altra metà una femmina; e in lei egli creò Viraj". Il Rig-Veda fa nascere Viraj da Purusha, e fa nascere Purusha da Viraj, che a sua volta produce l'uomo mortale. Quest'ultimo è il tipo di tutti gli esseri maschili, e Vach, Sata-rupa (colei dalle cento forme), il tipo di tutte le forme femminili. Viraj, esotericamente, è la forza duale di attrazione e di repulsione. Da Viraj nasce Manu che, a sua volta, produce i sette Prajapati che producono i sette Manu, ecc. È tutta una allegoria che riproduce la catena settenaria del pianeta Terra, l'evoluzione delle sue sette umanità, ecc. Come l'egizio Horus, Viraj è un simbolo maschile emanato dalla Natura androgina: uno da Brahma, l'altro da Vach. Letteralmente, il termine significa "bellezza, nutrimento, corpo" ed è il nome di un essere identico al Purusha, il nome della prima progenie di Brahma. Viraj è anche il nome di una strofe vedica composta da tre versi di dieci sillabe, misticamente associata, per la meditazione del dado krita, che vale dieci punti, all'idea del nutrimento perenne. È anche il nome della sposa di Indra, ed è l'immagine umana che appare nella pupilla dell'occhio sinistro.

VIRAJA

 
(San.) - Letteralmente significa "senza desiderio, privo di tendenza verso la manifestazione"; è il quarto Paramita e sta ad indicare l'indifferenza al piacere ed alla sofferenza. È l'epiteto del Brahman allorché risiede nell'uovo cosmico "aureo involucro sublime".

VIRCHOW Rudolf

 
(Ger.) - Schivelbein 1821, Berlino 1902. Patologo, antropologo ed etnologo tedesco, fu per molti anni professore di anatomia patologica all'università di Berlino. Partecipò alla vita politica e fu più volte deputato, combattendo contro Bismark. Presentò un progetto di disarmo generale, partecipò alle lotte fra Stato e Chiesa parteggiando per la laicità dello Stato. Si dedicò ad opere filantropiche. È l'inventore della patologia cellulare; pervenne a ciò partendo dalla premessa che la malattia non è nei tessuti, ma nella cellula. Studiò gli usi ed i costumi della Germania, promosse gli scavi di Troia, esercitando una grande influenza su Schliemann.

VIREY Julien Joseph

 
(Fra.) - Hortes 1775, Parigi 1847. Medico, farmacista civile e militare, antropologo francese, autore di apprezzate opere di farmacologia e tossicologia, nonché di uno dei primi tentativi di studio sugli istinti degli animali.

VIRGILIO Publio Marone

 
(Ita.) - Andes (MN) 70 a.C., Brindisi 19 a.C. - Di famiglia modesta, ricevette una buona educazione, studiando prima a Cremona, poi a Milano ed infine a Roma. Qui conobbe Ottaviano Augusto e si dedicò alla filosofia stabilendosi a Napoli. Conobbe illustri rappresentanti della cultura della epoca; dedicatosi al proprio perfezionamento spirituale, avvertì una vena poetica che cominciò ad esercitare. Colpito dalla morte di Cesare e privato delle proprie proprietà in Mantova, Virgilio manifesta queste sue sofferenze nelle Bucoliche, un libro che gli procurò il favore dei grandi e dei potenti, sotto la cui protezione si dedicò con serenità alla composizione delle Georgiche. Nel 30 cominciò a scrivere l'Eneide, opera che lo impegnò fino alla morte. Prima di pubblicarla, fece un viaggio in Grecia ed in Asia Minore per visitare i luoghi dove era ambientata l'azione. Di ritiene dal viaggio, compiuto assieme ad Augusto, si ammalò e morì a Brindisi. Fu sepolto a Napoli. In punto di morte chiese che l'Eneide fosse bruciata, dal momento che la giudicava imperfetta. Ma per volere di Augusto, essa fu rivista da Vario e Tucca e poi regolarmente pubblicata.
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