Disinformazione su Teosofia e Società Teosofica

Una delle definizioni della nostra civiltà moderna è quella di “società dell’informazione” e, in effetti, l’informazione conosce oggi moltissime possibilità: basti pensare allo sviluppo dei “media”, della telematica e delle telecomunicazioni in genere.
Tale sviluppo però è avvenuto e avviene sul piano degli strumenti, sempre più efficienti e sofisticati, ma non è necessariamente correlato con i contenuti che dipendono, come sempre e come da sempre, da fattori completamente diversi e che non possono prescindere da valori quali l’obiettività, la ricerca, la verifica, la dimensione etica.
Questi ultimi però poco si conciliano con la logica dell’interesse economico e con la dimensione consumistica della “notizia”.
Lo scenario in cui ci muoviamo, che è così caratterizzato, rende dunque difficile un’informazione obiettiva, ma rinunciare a quest’ultima - a tutti i livelli - per le difficoltà che incontra la sua affermazione, non sarebbe una buona scelta.
Il ricercatore spirituale e l’uomo di buona volontà e di buon senso non possono che continuare a rendere testimonianza agli eterni valori sintetizzati da Platone e dai teosofi alessandrini nel Bello, nel Buono e nel Vero.

La Società Teosofica si trova spesso al centro di episodi o vere e proprie campagne di disinformazione. Certamente spesso vi si rintraccia più una dimensione di ignoranza che di vera e propria malevolenza. Di seguito riportiamo qualche esempio.
Penso, ad esempio, a quanto scritto da Espedito Ergomene - che afferma peraltro di non avere usato (coraggiosamente?) il suo nome - e inviato qualche anno fa alla rubrica tenuta da Oreste Del Buono il lunedì su La Stampa di Torino.
In questo caso, al Presidente della Società Teosofica Italiana (com’è noto non viene prevista negli Statuti della S.T.I. questa figura) viene attribuita una non specificata affermazione che consente al Signore in questione di lanciarsi in una storia della Società Teosofica alquanto imprecisa come, ad esempio, per quella parte che riguarda i rapporti fra la Società Teosofica e l’organizzazione non governativa Lucius Trust.
E cosa dire del contenuto del volumetto di Marco Dolcetta (Politica Occulta) che torna sui presunti collegamenti fra Nazismo e Teosofia?
È certo che l’autore non è a conoscenza del fatto, ad esempio, che la S.T.I. è stata sciolta nel 1939 dal regime fascista perché si rifiutava di modificare il proprio principale scopo, che è quello della Fratellanza Universale senza distinzioni (anche di razza).
E l’autore certo non è consapevole che il nome (più volte ripetuto) del primo Presidente della Società Teosofica è Olcott e non Alcott e che lo stesso era americano e non britannico.
Luoghi comuni e informazioni deviate e di terza o quarta mano fanno sì poi che la Società Teosofica venga a volte considerata una setta.
La realtà è ben diversa e fortunatamente molti studiosi hanno messo in luce la distanza delle Società Teosofiche da questo tipo di organizzazioni.
E meno male che tutta una serie di studiosi seri - si pensi a quelli del CESNUR (Centro Studi Nuove Religioni) di Torino - la pensino allo stesso modo (riconoscendo il nostro impegno filantropico e culturale).
Con un fondo di amarezza non resta che suggerire ai detrattori della Società Teosofica la lettura di due opere storiche scritte da non teosofi e, precisamente: Helena Blavatsky di Sylvia Cranston (Armenia Editore) e La Società Teosofica ieri e oggi di James Santucci (Elle Di Ci, Leumann).
Anche su Internet le informazioni su teosofia e Società Teosofica sono a volte imprecise, fantasiose, per non dire false e calunniose.

Come S.T.I. certamente continueremo a cercare di dare corrette informazioni in tutte le sedi e a tutti i livelli.
È quello che già si cerca di fare anche con questo sito web su Internet e non ci stancheremo mai di rendere testimonianza ai nostri scopi, che sono, è bene ricordarlo:
 Formare un nucleo della Fratellanza universale dell’umanità, senza distinzione di razza, credo, sesso, casta e colore.
 Incoraggiare lo studio comparato delle religioni, filosofie e scienze.
 Investigare le leggi inesplicate della natura ed i poteri latenti dell’uomo.
E non ci stancheremo nemmeno di portare il nostro contributo al dibattito sulla corretta ricerca filosofica e culturale che, come abbiamo più volte ripetuto, non può avere carattere settario e che dunque può essere ricondotta agli elementi tipici del metodo teosofico.

Infatti, si possono facilmente rintracciare alcuni elementi che permettono di comprendere il metodo teosofico, facendo emergere nel contempo taluni aspetti di purezza di comportamenti che sono fondamentali nella ricerca della verità da parte dell’essere umano.
Il primo elemento è il principio di Tolleranza, un principio antidogmatico per eccellenza.
Non vi dovrebbero dunque essere, nel campo della spiritualità, fedi, dottrine o principi da imporre autoritariamente agli altri o presunte verità da difendere, quanto piuttosto metodi di dialogo, di studio e di approfondimento da vivere nella concretezza e in una visione olistica e unitaria della Vita.
Il metodo della Tolleranza, la cui base filosofica consiste nell’assenza della presunzione di “possedere” la verità, porta con sé un’importante conseguenza: la mancanza di azioni tese al proselitismo.
Il secondo elemento distintivo è quello dell’assenza dell’interesse economico.
La ricerca spirituale non può essere “venduta” o essere messa in relazione ad un “prezzo” da pagare.
Dove c’è libertà spirituale non dovrebbero esserci vincoli di tipo economico o trasferimento di conoscenze “a pagamento”.
Il terzo elemento è costituito dall’assenza del segreto quale caratteristica distintiva.
La libera ricerca è trasparente e aperta al dialogo, nonché fiduciosa nell’eterna bontà di tutte le cose; sa che la verità - come ebbe a dire un saggio - si difende da sola e non ha bisogno né di veli né di guardiani.
Il segreto invece (che è cosa ben diversa dalla riservatezza) è fortemente legato, anche storicamente, all’esercizio del potere prevaricante e alla frammentazione dei popoli e delle nazioni.
Sono questi elementi distintivi che, rapportati con la realtà storica e con quella del presente, fanno capire come la tradizione teosofica e quella della Società Teosofica siano emblematiche per quanto riguarda la libertà nella ricerca, l’antidogmatismo, l’amore per il Bello e per il Buono, l’assenza di interessi economici, il superamento del segreto.
Anche per questo possiamo serenamente continuare a parlare di attualità e spiritualità del metodo teosofico.

A queste considerazioni ne va aggiunta un’altra.
Spesso si ritiene che una delle caratteristiche delle Sette sia quella di rendere impossibile o molto difficile il distacco dai Gruppi e dall’organizzazione, dato che la setta ha sempre qualcosa di coercitivo.
Chiunque conosca i nostri Gruppi si può rendere conto di quanto sia lontana da ciò la nostra realtà, basata necessariamente (visti gli scopi) su antidogmatismo e tolleranza.
Il fatto che talora anche la Società Teosofica venga considerata una setta di dubbia fama conferma la generale superficialità con cui viene affrontata la questione, anche se al riguardo – fortunatamente – vanno segnalate lodevoli eccezioni.

Tutto ciò rende opportune alcune ulteriori riflessioni.
Il vocabolario ci dice che la parola setta, dal latino secta, significa “Partito, Fazione che antepone i propri interessi a quelli generali”. Al di là delle facili battute di spirito che la definizione suggerisce se rapportata alla realtà presente, troviamo dunque che la definizione di setta va etimologicamente collegata, nella sua accezione moderna, ad un principio di tipo illiberale, un principio del tutto contrario a ciò che caratterizza la ricerca spirituale.
Quest’ultima infatti tende pienamente a salvaguardare il principio di libertà, dato che l’essere umano ha un diritto-dovere alla libertà spirituale, oltre che a quella filosofica, scientifica, politica ed economica.
La libertà degli altri va comunque rispettata e, paradossalmente, va dunque accettata anche quella delle sette, con l’ovvio limite della necessaria sanzione dei comportamenti che sono lesivi della Dignità Umana e delle Leggi.

E veniamo ora ad un ulteriore aspetto la cui trattazione ci è stata sollecitata qualche tempo fa dal Prof. Giuseppe Maraglino, Presidente del Centro Studi Teosofici di Ascoli Piceno.
Una certa letteratura parla di una sorta di congiura internazionale che vedrebbe protagonisti Ebrei, Massoni, Teosofi, fautori del Movimento New Age, ecc. e che avrebbe lo scopo di conquistare il potere mondiale attraverso la distruzione delle Tradizioni del passato e l’affermazione di alcuni principi quali la mondializzazione dell’economia e la sua globalizzazione, la costruzione di una società multietnica e multirazziale, il controllo informatico dei cittadini, ecc.
Oltre la constatazione del fatto che periodicamente i teosofi si vedono loro malgrado al centro di supposte congiure che non appartengono ai loro scopi e alla loro mentalità, tali affermazioni meritano alcune considerazioni di fondo: certamente il tempo presente è caratterizzato da fenomeni complessi, spesso non facilmente decifrabili.
E certamente, nel gioco impermanente di Māyā, lo scontro fra le energie Yin e quelle Yang può generare aspri conflitti svelando - per ciascun fenomeno - aspetti contraddittori.
Ciò avviene probabilmente anche per quanto riguarda l’Età dell’Acquario o tanti altri aspetti che hanno caratterizzato la fine del Millennio.
Così - forse - non è tanto (o soltanto) che vi sia una qualche non meglio definita forza che trama contro il Bene, quanto piuttosto una situazione di una ancor insufficiente evoluzione della coscienza umana che fa sì che l’Uomo viva in modo non pienamente consapevole la propria realtà.
Su tutto ciò la letteratura teosofica è ricca di informazioni e di stimoli e, su tutto, troneggia l’opera di H.P. Blavatsky, che ha ben tratteggiato l’attuale stato di Kali yuga della coscienza umana.
Di conseguenza, sappiamo peraltro che la legge dell’evoluzione, scandita da quella del Karma, vede comunque la realtà di un progresso per l’umanità, come espressione di quella Vita Una che tutto comprende.
Se certamente è giusto non ignorare le ombre, è altrettanto doveroso non ignorare la luce, che sempre permea il Tutto, come espressione dell’eterna bontà di tutte le cose.
Infine, una nota conclusiva, atta a riportare tutte le questioni trattate in un ambito più vasto, che tenga conto anche di tutto ciò che va oltre le illusorietà caratterizzate dalle percezioni dei sensi e dalla dimensione del conflitto.
La ricerca spirituale è olistica per definizione e mira all’Unità della Vita. Oltre ai contrasti, oltre alle dinamiche della vita concreta tutti gli uomini di buona volontà, indipendentemente da credo, sesso, razza, colore e censo possono fraternamente ripetere l’antica preghiera sanscrita riportata all’inizio de Ai Piedi del Maestro di Alcyone (Jiddu Krishnamurti):

“Dall’Irreale conducimi al Reale.
Dalla Tenebra conducimi alla Luce.
Dalla Morte conducimi all’Immortalità”.