Vito Mancuso e la teologia dell’amore
(nota del prof. Egidio Lucchini)

Uscito nel mese di settembre scorso, il poderoso saggio di Vito Mancuso Il principio passione (Garzanti, pagine 496) è rimasto per molte settimane nelle classifiche dei libri più venduti in Italia. E’ uscito esattamente a distanza di due anni da Io e Dio. Una guida dei perplessi (Garzanti, settembre 2011, pagine 488), un’opera di teologia fondamentale, mentre quella più recente, che ne rappresenta la continuazione, è un’opera di teologia sistematica. Il suo obiettivo è di riproporre nel contesto contemporaneo il classico trattato che la manualistica teologica denominava De Deo creante (“Sul Dio creatore“) e di farlo alla luce di questa domanda: che relazione c’è tra l’amore, in quanto essenza specifica del Dio che crea, e la struttura concreta di questo mondo? In prospettiva antropologica si tratta di capire se quando si ama e ci si unisce, se quando si agisce per il bene e la giustizia, si riproduce una più ampia logica cosmica tesa all’armonia relazionale.
E’ assai significativo che il lavoro, costruito con una massa sterminata ed ordinata di conoscenze e di riflessioni in campo scientifico, filosofico, teologico, artistico, sia dedicato alla memoria di due personaggi alquanto diversi all’apparenza: il cardinale Carlo Maria Martini (1927-2012), che può essere considerato il maestro e il padre di Mancuso e Lucio Dalla (1943-2012). In fondo, la vasta, profonda ed appassionata ricerca di Vito ha inteso rispondere alla domanda che Lucio poneva in una delle sue canzoni più belle (Le rondini): “Vorrei capire insomma, che cos’è l’amore / Dov’è che si prende, dov’è che si dà”.
Chi scrive ha letto due volte il libro, ne ha sottolineato i passi più suggestivi e più sconvolgenti con la biro rossa, ha trascritto ai margini i punti e i richiami più arditi: insomma ne ha fatto quasi un campo di battaglia, uno stordimento di lampi e di tuoni, un fremere e persino un piangere, dinanzi allo scotimento e al traballamento della vecchia e rasserenante casa (la chiesa, il credo, il catechismo, amati e seguiti felicemente durante tanta parte della vita) e insieme, un gioire nel mettere i piedi ansiosi in un mondo nuovo, avventuroso, inesplorato. Il teologo ribelle, lucido, umile, senza paura, è andato alla ricerca del principio dell’universo, del logos e del caos e del loro intreccio nel pathos-passione. Con indagine a tutto campo, ha pensato la vita e la materia, ha messo a nudo la dottrina cattolica sulla creazione, ha riletto la Bibbia e lo stato caotico del mondo, ha indicato il lato oscuro del divino, ha osservato in modo critico la relazione tra Dio e il mondo, sintetizzandone la formula: Logos + Caos = Pathos. Vale a dire che l’assoluto non è Dio in sé, ma è Dio più mondo. In una creazione-evoluzione continua e in processo orientato, per nulla definito; carico di ottimismo sulla vita in quanto dotata di bellezza e razionalità ma pure esposto ai fallimenti, con un processo drammatico e talora tragico, per sostenere il quale la coscienza entra in quella disposizione nota come passione.
Mancuso cammina ma non cade sul filo dell’evoluzionismo e del panteismo. E dichiara di credere in un Dio che, legandosi al mondo, rimane al contempo sempre al di là del mondo e che, con questo essere al di là, opera come un specie di attrattore cosmico verso cui il mondo si orienta e orientandosi produce evoluzione e verso cui la mente umana (ogni uomo) si orienta e orientandosi produce bene e giustizia, andando a sanare, laddove è possibile, le ingiustizie che scaturiscono dal processo naturale (e dal male prodotto in libertà dagli uomini).
In conclusione, alla domanda di Lucio Dalla sopra riportata, Mancuso risponde che l’amore è la risultanza della logica cosmica tesa all’armonia relazionale, il che avviene mediante il processo per nulla lineare che scaturisce dall’interazione di logos e di caos e che, in chi lo vive, produce pathos-passione. In questa prospettiva, credere in Dio significa attribuire la parola definitiva dell’essere al senso di giustizia e di bene, che trova la più alta realizzazione in quella speciale consacrazione dell’energia libera che chiamiamo amore.

L’autore Vito Mancuso ha così salutato questa recensione del prof. Egidio Lucchini: “Caro Egidio grazie! Hai scritto delle cose molto belle e per me incoraggianti. Un abbraccio affettuoso e riconoscente. Vito”.