Testi per l’intuizione [XXX]

intuizione
Ci sono brani di poesie, di libri, di memoriali, atti a suscitare l’intuizione del lettore. Il loro significato va oltre le parole e le immagini evocate. Ḗ così per questo frammento di Bernardino del Boca, tratto dalla Rivista “Età dell’Acquario”, gennaio/febbraio 1986: “Venere-Afrodite fu convocata davanti al Concilio degli Dei. Che cosa aveva fatto di male la dea dell’amore e della bellezza? L’origine dei miti sta nella fantasia e nella poesia umana. Il processo ebbe origine dalla leggenda di Adone, cioè il mito di Adone fu creato da un antico sacerdote per dare forma e nome a ciò che il suo animo poetico era riuscito a percepire dall’invisibile realtà spirituale. Adone, secondo i diversi popoli, ha paternità diverse. Per i Greci egli era figlio di Fenice e di Alfesibea. La leggenda racconta che Venere inseguiva Alfesibea perché si era rifiutata di onorarla. Per aver avuto un pensiero cattivo, Alfesibea era inseguita anche dal proprio padre, che la voleva uccidere. Gli dei, avuta pietà di lei, la trasformarono in un arbusto di mirra. Dopo nove mesi l’albero aperse i suoi rami e da esso uscì un fanciullo di straordinaria bellezza, Adone. La dea Venere, incantata da tanta bellezza, lo racchiuse in uno scrigno che poi diede a Persefone, la Signora dell’Averno, perché glielo conservasse. La dea infernale, avendo aperto lo scrigno e rimasta affascinata dalla bellezza di Adone, si rifiutò di renderglielo. Per questa contestazione Venere-Afrodite fu chiamata con Persefone davanti al Concilio degli Dei. Questi decisero che Adone ogni anno doveva passare quattro mesi sull’Olimpo e il resto del tempo doveva dividerlo fra le due dee. Adone è l’immagine della primavera concepita come un adolescente di meravigliosa bellezza, caro a Venere-Afrodite, la cui potenza anima tutta la natura vegetativa. Ḗ al ritorno dei bei giorni, nel pieno della fecondità della vita primaverile, che i due amanti consumano la loro unione voluttuosa. Ma Adone, come Attis in Asia, come Lino in Arcadia, avrà una vita effimera: la sua bellezza sarà mietuta dalla morte. Alla fine dell’estate, quando le piante sono bruciate dal calore del sole, seccano e perdono la loro bellezza: il bel giovane, ucciso da un cinghiale (la forza bruta della natura) se ne andrà nel regno invisibile di Persefone, da cui non uscirà che alla primavera seguente. La morte di Adone fa versare tante lacrime, ovunque, e queste lacrime, conservate gelosamente dall’arido terreno, formano gli umori con cui si nutre la vita vegetativa della prossima primavera. La dea Venere-Afrodite è il simbolo della bellezza femminile, una bellezza che non è pura come quella di Adone, perché l’amore che rappresenta è un inganno karmico, un amore che richiede il possesso, mentre l’amore di Adone è spontaneo, nasce dal suo semplice cuore. Questo mito, su piani diversi, è continuamente usato con gli stessi simboli da chi sogna e da chi usa la fantasia in piena libertà. Donne bellissime fanno parlare d’amore passionale gli uomini, ma l’amore puro della primavera che sboccia nell’uomo-fanciullo, nella natura in boccio e nelle tante espressioni della vita, continua a riapparire ovunque”.

Articolo tratto dal numero di febbraio 2018 della Rivista Italiana di Teosofia.