Testi per l’intuizione [XXXVI]

Testi per l’intuizione [XXXVI]
Ci sono brani di poesie, di libri, di memoriali, atti a suscitare l’intuizione del lettore. Il loro significato va oltre le parole e le immagini evocate. è così per questo brano tratto da “Arte e Teosofia, Atti del Seminario di Grado 2012”, Edizioni Teosofiche Italiane, pag. 6/7, articolo Cinema e Teosofia, di Alfredo Covelli: “Per capire il valore contemporaneo della rappresentazione, della messa in scena, vale la pena di risalire al valore originario di quest’ultima, almeno da quando abbiamo gli elementi storici per farlo.
Col teatro greco si è iniziato a creare quel modo di mettere in scena gli spettacoli che conosciamo adesso. Fino al VII secolo a.C. gli spettacoli nell’antica Grecia si limitavano a dei cori, un insieme di esseri umani che cantava le gesta degli dei e degli eroi. L’intento non era semplicemente quello di intrattenere; si trattava di veri e propri riti sacri, spettacoli intesi a glorificare gli dei, uno in particolare. La grande rivoluzione avviene con una figura semi-leggendaria che porta il nome di Tespi (Orazio nell’Arte Poetica ne fissa la data di nascita al 566 a.C. n.d.r.); semi-leggendaria perché non ci sono pervenuti testi delle sue opere, ma abbiamo le reazioni di quella che potremmo definire l’intellighenzia dell’epoca. Tespi era un drammaturgo che si muoveva fra le città della Grecia antica con il suo carro, sopra il quale trasportava la sua compagnia e un palco. Arrivato in una nuova città, montava il palco e iniziava la sua messa in scena. La grande rivoluzione di Tespi qual è? Se fino a quel momento c’era un coro che cantava e declamava le gesta degli eroi e degli dei, Tespi da questo coro isola un essere umano e crea la figura dell’attore. Quindi, mentre il coro canta le gesta degli dei, l’attore diventa l’eroe di quel racconto cantato ed è chiamato a interpretare le gioie e le sofferenze della vicenda del personaggio principale, dell’eroe appunto. Questo fa sì che ci sia uno scarto nella comunicazione emotiva poiché il pubblico, che fino a quel momento era abituato a sentire quelle canzoni, quei racconti e a immaginare la storia, adesso la può vivere, grazie a un attore che interpreta quel ruolo, che finge di provare le emozioni, le gioie e le sofferenze degli eroi. Fra l’attore e il pubblico si stabilisce una corrente di empatia e c’è una vera rivoluzione totale nella messa in scena e nel rapporto fra il pubblico, l’attore, la compagnia, lo spettacolo”.

Articolo tratto dal numero di agosto-settembre 2018 della Rivista Italiana di Teosofia.