Rapporti corretti tra prof e genitori

di Egidio Lucchini

Rapporti corretti
Sono stato per oltre quarant’anni, a vari livelli, un uomo di scuola. Il bel mestiere di un’intera vita. E contemporaneamente ho svolto il mestiere di genitore. Il più difficile. Dove forse ho commesso le colpe, soprattutto di omissione, più brucianti. Ma almeno ho sempre rispettato tutti gli insegnanti dei miei figli. Conservo ancora gratitudine per loro e, in non pochi casi, ammirazione.
Penso che anche oggi siano decisamente prevalenti le situazioni di un corretto e proficuo rapporto tra genitori e docenti. Eppure non possono non preoccupare i fenomeni di conflitto, di minacce, di violenze verbali e persino fisiche dai genitori verso gli insegnanti, come attestano le cronache recenti. Massimo Recalcati ha lamentato, ne "La Repubblica" dell’8 aprile scorso, “la solitaria resistenza dei professori”, denunciando le aggressioni oscene delle quali sono sempre più spesso vittime gli insegnanti, sia da parte dei loro alunni, sia dalle famiglie che ne sostengono le ragioni in modo arrogante.
Ovviamente non bisogna generalizzare. Il patto educativo tra famiglie e insegnanti funziona ancora come sistema, ma si scontra con turbamenti culturali e sociali crescenti, denunciati dallo stesso psicanalista: le famiglie appaiono sempre più disgregate e latitanti; trionfa il narcisismo dei genitori contemporanei, che intendono assicurare ai propri figli una vita facile e di successo, rimuovendo ogni ostacolo e ogni esperienza di frustrazione o di ingiustizia. E se un insegnante si mette di traverso, ricordando che ogni percorso di formazione è fatto di prove anche dure e dolorose da superare, viene travolto in modo aggressivo.
Ma se gli insegnanti perdono prestigio sociale e autorità educativa, sono per prime le famiglie a venire private di una collaborazione non altrimenti sostituibile. Non si tratta di ritornare ai tempi che hanno preceduto il ‘68, quando la scuola esercitava, non di rado, un potere eccessivo e persino repressivo nei confronti degli studenti e dei genitori. Oggi la scuola, fatte le debite eccezioni, contribuisce in modo specifico e determinante a “far crescere la capacità critica e l’autonomia del pensiero, che fanno di un individuo un cittadino, rendendolo capace di partecipare alla competizione per il posto di lavoro e alla vita democratica della società italiana”. Così ha puntualizzato il costituzionalista Vladimiro Zagrebelsky ne "La Stampa" pure dell’8 aprile scorso, sotto il titolo assai significativo: “Rispettare i prof aiuta a costruire un Paese migliore”.
I fatti di violenza contro i docenti rappresentano tuttavia la fase esasperata di un clima ostile forse piuttosto diffuso. Non sono pochi i genitori che, alla presenza dei figli, mettono in discussione tutto ciò che un insegnante dice o fa, a cominciare dalla scuola dell’infanzia e dalla scuola primaria. È comprensibile ascoltare i figli, è necessario confrontarsi con gli insegnanti, ma è dannoso e controproducente pretendere di controllare e criticare costantemente i contenuti e le modalità di insegnamento dei docenti.
“Con tali comportamenti si trasmette un modello educativo basato sulla gestione del conflitto attraverso la forza, lo scontro e l’intolleranza”. Lo ha scritto ne L’ Espresso del 18 febbraio scorso Maura Manca, docente di Psicologia del rischio in età evolutiva presso l’università dell’Aquila, la quale non esita ad affermare che il livello di tolleranza del bambino e dell’adolescente dipende soprattutto da come è stato educato (o non educato) in famiglia. “Se viene educato come un piccolo principe, con tanti diritti e pochi doveri, è inevitabile che vivrà i paletti e le regole della convivenza comune, giustamente fissati dalla scuola, come una condizione stressante o addirittura come un abuso”.
Si assiste quindi al paradosso della scuola a rovescio: docenti sviliti e genitori in cattedra. Sicuramente sono una minoranza, ma sono sempre troppi ed eccessivamente protettivi verso i figli. Chiedono alle scuole di adattarsi agli alunni mentre dovrebbe essere il contrario, sia pure con tutte le opportune aperture. Non vorrei dare ragione allo scrittore Antonio Scurati, il quale ha recentemente affermato che stanno progressivamente scomparendo, e non solo in Italia, tutte le istituzioni formative: esercito, scuola, famiglia, i grandi partiti di massa.
“La liquidazione della scuola è solo l’ultima tessera di un domino al termine del quale l’educazione stessa scompare dall’orizzonte della nostra stessa esperienza umana”. A insegnare provvederanno i canali dei mercati e dei loro padroni.

Tratto da “La Gazzetta di Mantova” del 12 aprile 2018.


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