Pensiero per Giada

Giada non è più con noi. Si è gettata dal tetto di un edificio dell’Università Federico II di Napoli. Aveva detto a tutti che quel giorno si sarebbe laureata, ma non era vero. Giada aveva cominciato a morire qualche anno prima. Come tutti i giovani inseguiva un sogno, un sogno di normalità: il sostegno della famiglia per gli studi, la condivisione con gli amici, la laurea, il lavoro. Ma Giada soffriva interiormente per non riuscire a studiare. Ma come comunicare il suo disagio e la sua difficoltà a farcela? Meglio allora fingere: fingere di dare gli esami, fingere che tutto andasse bene, fingere una normalità che non c’era.
In un mondo in cui sembra valere più la rappresentazione che la realtà, si può fingere, si può sostenere una parte che non è la propria. Ma prima o dopo viene il momento della verità e la scelta è fra il crollo del proprio mondo fittizio e la fuga. Giada ha scelto, e in una forma tragica, quest’ultima. E lo ha fatto, simbolicamente, davanti a tutti. Certo tutto questo denota una grande fragilità e un profondo disagio interiore.
Ma la vicenda di Giada rappresenta per tutti noi anche le difficoltà che l’essere umano ha ad essere conforme a quegli standard che la società, nelle sue diverse articolazioni, impone. Siamo tutti costretti e ristretti nel nostro curriculum (presente e futuro) e spesso le relazioni avvengono sulla base di quello che facciamo, che abbiamo, che otteniamo e non sulla base di quello che siamo.
La storia di Giada, una solare ragazza del sud, è tragica anche perché tutto attorno a lei –almeno così ci viene riportato- era del tutto “normale”. Non ci sono dunque colpevoli. Ma c’è una vittima e questo non va dimenticato.
La vicenda è già di per se stessa un simbolo, un monito e pure un invito a essere noi stessi, a non temere per i nostri limiti e i nostri fallimenti. Ma è anche un invito a saper ascoltare gli altri, a partire da quelli che ci sono vicini; a essere compassionevoli, ma anche a saper individuare i segnali deboli del disagio e della sofferenza. Il tutto per svelare l’importanza e l’incanto della relazione con l’altro, che, in ultima analisi è una parte di noi.
Non ho dubbi che un Angelo amorevole si stia occupando di Giada all’inizio del suo Grande Viaggio. Giada non è sola, forse lo siamo un po’ di più noi. (Antonio Girardi)



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