I luoghi dell’essere e le porte dell’infinito (omaggio ad Adyar)

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Nel fluire dell’esistenza i luoghi rappresentano una sorta di mappa e congiungendo i vari punti del nostro percorso, quotidiano e non, otteniamo una rappresentazione del nostro vivere. Quali sono i luoghi che ci sono più cari? Quali quelli che ricordano un’esperienza indimenticabile? Quali quelli in cui la dimensione dell’essere ha trovato forma, attraverso un pensiero, un gesto, un segno totalmente privi di calcolo e dunque in grado di darci una superiore visione della vita?
I luoghi dell’essere a volte possono essere famosi; vi sono infatti templi, chiese, palazzi o aspetti della natura che condividono con tutta l’umanità la percezione di una vibrazione differente, quasi il sogno di una consapevolezza amorevole.
Ma vi sono anche luoghi dell’essere che appartengono alla percezione del singolo individuo ed alla sua interazione con lo spazio e con il tempo.
Nei luoghi dell’essere vi sono le porte dell’infinito, in grado non solo i mettere in relazione mentalmente il particolare con l’universale, ma anche di metterci in relazione con la dimensione dell’impersonalità, della non identificazione e, in ultima analisi, dell’Amore.
I luoghi dell’essere e le porte dell’infinito possono essere fuori di noi ma qualche volte sono anche entro di noi, quando le barriere fra l’osservatore e l’osservato vengono abbattute, lasciando lo spazio alla meditazione.
Per i teosofi di tutto il mondo il luogo dell’essere per eccellenza è Adyar, che viene ricordato ogni anno il 17 febbraio. Adyar è simbolo ed esperienza, è sospensione del tempo e prospettiva storica. E’ testimonianza dell’eterna infinitezza e dinamica del fare.
Adyar ed i luoghi dell’essere sono come un grande albero, vero e proprio ponte fra la terra e il cielo.
Antonio Girardi