Glossario

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KANISHTHA

 
(San.) - Una classe di dei che , secondo gli Indù, si manifesteranno nel quattordicesimo, o ultimo, manvantara del nostro mondo.

KANJUR

 
(Tib.) - Uno dei testi sacri del Buddhismo del Nord (Lamaismo), quasi del tutto sconosciuto agli stranieri. Il termine, letteralmente, significa "il verbo tradotto"; questa scrittura, considerata sacra, contiene la traduzione delle scritture sacre del buddhismo indù. Assieme al Tanjur, che ne rappresenta il commento, esso forma il canone del lamaismo tibetano.

KANNON

 
(Gia.) - La Dea dei pellegrini, una divinità alla quale, in Giappone, sono dedicati molti templi.

KANSA

 
(Ind.) - Ed anche Konso, l'Erode indù. Informato da Vishnu che l'ottavo figlio della sorella Devaki l'avrebbe detronizzato ed ucciso, ordinò una strage di neonati. Ma Devaki riuscì a salvare il figlio Krishna che poi, secondo l'oracolo, portò a compimento la missione. I Cristiani hanno copiato la storia opportunamente cambiando i nomi : Konso è diventato Erode, Devaki è diventata Maria e Krishna è stato chiamato Gesù. Esotericamente la storia ha un significato diverso. I sette innocenti uccisi da Konso prima della nascita di Krishna, sono i sette principi umani che debbono essere detronizzati ed uccisi per accedere al trono, ovvero per diventare Krishna, il Cristo, lo stato di un Givanmukta.

KANT Immanuel

 
(Ger.) - Konigsberg 1724-1804. Filosofo tedesco, massimo rappresentante dell'illuminismo tedesco, autore di una vera e propria rivoluzione filosofica. Egli distrusse la metafisica dogmatica , procedendo ad una critica della ragione che cerca di individuare la condizioni di possibilità ed i limiti di validità delle capacità conoscitive dell'uomo, nei vari rami del sapere. La sua opera costituisce, grandiosa per mole e profondità, fu il banco di prova per quasi tutti gli idealisti che lo seguirono nel tempo, offrendosi anche ad ulteriori sviluppi. Kant nasce da povera famiglia, viene educato severamente in famiglia e si distingue subito negli studi. Frequenta il Collegium Fridericianum, poi l'università Albertina; dopo la morte del padre (1746), Kant si guadagna da vivere facendo il precettore; nel 1755 ottiene il dottorato e pubblica, anonima, quella "Storia universale della natura e teoria del cielo", in cui teorizza l'origine del sistema solare; l'ipotesi prenderà poi il nome di "teoria di Kant-Laplace". Dopo il dottorato, per quindici anni, egli tiene conferenze sulle più disparate materie. Nel 1781 pubblica la Critica della Ragion Pura, la cui edizione definitiva apparirà solo sei anni dopo. In quest'opera Kant contesta la teoria di Leibniz e di Wolff, che vedeva le rappresentazioni intellettuali diverse da quelle sensibili solo per gradi, e non per qualità. Kant individua nella sensibilità e nell'intelletto due fonti specifiche del conoscere , inassimilabili l'una dall'altra. In quest'opera che tratta di Giudizi, Logica, Dialettica, Analitica, è interessante la definizione che Kant dà di Spazio e Tempo. Questi sono antecedenti all'esperienza, ma da parte del soggetto; essi vanno a far parte della costituzione soggettiva, quali forme a priori della sensibilità. Ciò non li priva di validità oggettiva, anche se essa è limitata agli oggetti in rapporto a "noi". Gli "oggetti per noi" rimandano agli "oggetti in sè", ma la conoscenza di questi ultimi è a noi preclusa. Nel 1787 compare la Critica della Ragion Pratica, opera nella quale Kant affronta l'uso della ragione per scopi pratici, mentre nella precedente opera si era soffermato sulla ragione come funzione di conoscenza. Qui si esamina il modo in cui dalla ragione si passa alla volontà ed all'azione. Notevoli le implicazioni morali (idea della libertà, autonomia della volontà, validità della legge), lo sviluppo del concetto di "felicità" e di "virtù", il "sommo bene". La religione è ricondotta alla moralità, e si basa su di essa. Si va contro la morale e la libertà, quando si considerano obbligatorie certe azioni perchè sono volontà di Dio; sono, invece, comandi di Dio le azioni cui siamo moralmente obbligati. La religione, quindi, è conoscenza dei comandi divini, ma non come sanzioni di una volontà esterna. Ne consegue che non possono esistere diverse religioni, ma una sola. È del 1790 la Critica del Giudizio, l'opera che ebbe il maggior successo fra i contemporanei. Kant assegna al giudizio una posizione intermedia fra intelletto e ragione ( o fra natura e libertà), e lo considera come facoltà di pensare un "particolare " contenuto nell'"universale". Il giudizio può essere determinante (dal particolare all'universale) o riflettente (dallo universale al particolare). In quest'opera Kant tratta anche del concetto di "bello" e di "sublime", concependo quest'ultimo come ciò che è grande in modo assoluto. Interessante la trattazione del giudizio teologico, dove Kant distingue la finalità esterna da quella interna, e che egli considera, a vari gradi, alla base di leggi particolari e tassonomiche della natura. La natura è una ed è "come se" fosse stata fatta per un fine che si tenta di cogliere sul piano soggettivo ma che è impossibile conoscere sul piano oggettivo. Molto importante anche la concezione della "storia", che Kant concepisce come progresso culturale dell'umanità, che può essere interrotto, ma non arrestato. Essa può essere studiata tenendo come filo conduttore l'idea della destinazione dell'uomo. Gli uomini operano sulla scena del mondo secondo piani e fini disparati, ma che, comunque, tendono ad un completo svolgimento dell'opera umana. Poiché l'uomo procede per tentativi imperfetti aiutandosi con la ragione, è da ritenere che il cammino dello uomo non va dal bene al male, ma dal peggio al meglio. La molla della civilizzazione risiede nell'antagonismo degli uomini allo interno della società. In tal modo i talenti si dischiudono, gli uomini escono fuori dallo stato di pigrizia animale, si passa dalla barbarie alla cultura, con un processo di socializzazione. Quando l'ordinamento è maturo, la società, da unione patologica coercitiva, tende a diventare un tutto morale. La costituzione civile perfetta è condizione indispensabile affinchè l'umanità possa intraprendere il cammino verso la sua destinazione. Kant lavorò su tutto il pensiero dell'epoca sua e delle precedenti e nel 1794 si guadagnò un rescritto regio che lo diffidava dal proseguire quella critica che veniva giudicata una denigrazione del cristianesimo. Ormai debilitato, Kant spese gli ultimi anni della sua vita nel tentativo di creare una transizione dalla metafisica della scienza della natura alla fisica, ma l'opera rimase incompiuta. Kant non lasciò mai la sua città, dove visse una vita rigorosamente metodica, concentrando tutte le sue energie sullo studio. Non ebbe divagazioni sentimentali, essendo per lui prevalente la ragione. Le sue prime opere sono dedicate alla natura ed al cosmo, alla negazione delle prove tradizionali dell'esistenza divina. La vecchia filosofia era per lui insufficiente e spese tutte le sue energie per trovare vie nuove. Accettò in parte la Chiesa visibile, ma solo come immagine della Chiesa invisibile; in un certo senso accettò anche i dogmi e le istituzioni religiose, ma solo quelli dei quali era riuscito a dare una interpretazione razionale. Nel campo del diritto, ammise l'uso del libero arbitrio del singolo, ma solo nella misura in cui esso possa coesistere con la libertà altrui. Tentò anche uno studio antropologico dal punto di vista pragmatico, ma ormai era alla fine. Diventato quasi cieco e senza memoria, si spense nel 1804 mormorando "è giusto".

KANYA

 
(San.) - Una vergine o una nubile. Kanya Kumari "la vergine" è un appellativo di Durga-Kali adorata dai Thug e dai Tantrika. È anche il nome del segno zodiacale della Vergine, il sesto segno, che in indù si chiama Kanya e rappresenta Shakti o Mahamaya. Kanya-Durga è la vergine che sta sopra un leone che trascina il carro del Sole, ai piedi di un albero, sul quale si trova un Dragone. Più che il ricordo di un fatto astronomico, si tratta di un'allusione alla più antica divinità dell'olimpo indù.

KAPILA

 
(San.) - Un grande saggio indù, vissuto prima del VI secolo a.C., fondatore del sistema filosofico del Samkhya. Intorno a questo nome vi sono molte leggende che esaltano l'origine divina del personaggio, peraltro storicamente ignoto, almeno per gli Occidentali. Questo nome, poi, lo si incontra in altre occasione, riferito ad altri e con la pratica impossibilità, per chi non conosca a menadito le scritture sacre, di poterlo identificare. Il sistema filosofico ideato da questo saggio, infine, in molti passaggi è in contrasto con l'ortodossia vedico-brahmanica. Nella leggenda, Kapila è il grande saggio che incenerì con uno sguardo i 60.000 figli del Re Sagara. Esotericamente, la storiella significa che Kapila (lo Spirito Infinito) fece sparire Giatayu, figlio di Garuda (il Mahakalpa), re della tribù pennuta, che aveva vissuto per 60.000 anni (un intero ciclo all'interno del più grande ciclo di Garuda). E sempre per tale motivo, nei libri esoterici, lo sguardo di Kapila è chiamato Kapilaksha. Nella catena Sewalik, il passo Hardwar è chiamato passo di Kapila perchè, dicono gli asceti, in quel luogo e nella vicina città di Kapilastan, Kapila si fermò molti anni in meditazione. Ma basta leggere i Purana per trovare tanti Kapila da non riuscire più a capire chi sono ed a che cosa si riferiscano.

KAPILAVASTU

 
(San.) - Il luogo di nascita del Signore Buddha, chiamato "la dimora gialla"; la capitale della monarchia sulla quale regnava il padre di Gautama Buddha. Questa città è oggi scomparsa, si trovava nei pressi dell'odierno centro di Paderia, era l'antica capitale del Sakyal (una stirpe principesca), e forse corrisponde alle attuali rovine di Tauliya Kot.

KAR

 
(???) - Inferno.

KARA

 
(San.) - In sanscrito significa "mano", numericamente significa "cinque" (le dita di una mano), geometricamente rappresenta il Pentagono.
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