Testi per l’intuizione [XLI]

XLI
Ci sono brani di poesie, di libri, di memoriali, atti a suscitare l’intuizione del lettore. Il loro significato va oltre le parole e le immagini evocate. È così per questo brano tratto da "Il libro di Sogni" di Jorge Luis Borges, (Edizioni Adelphi, pp. 277-278): “Fin dai primi anni di vita, Migyur – era questo il suo nome – aveva sentito che non era dove avrebbe dovuto essere. Si sentiva estraneo nella sua famiglia, estraneo nel suo paese. Quando sognava, vedeva paesaggi che non erano di Ngari: deserti di sabbia, tende circolari di feltro, un monastero sulla montagna; durante la veglia, quelle stesse immagini velavano o appannavano la realtà. A diciannove anni scappò, smanioso di trovare la realtà corrispondente a quelle immagini. Fu vagabondo, mendicante, operaio, a volte ladro. Oggi è giunto in questa locanda, nei pressi della frontiera. Ha visto la casa, la stanca carovana mongolica, i cammelli nell’atrio. Ha varcato il portone e si è trovato di fronte al vecchio monaco che guida la carovana. Si sono riconosciuti: il giovane vagabondo ha visto se stesso come un vecchio lama e ha visto il monaco come era molti anni prima, quando era stato suo discepolo; il monaco ha riconosciuto nel ragazzo il maestro di un tempo, ormai scomparso. Hanno ricordato il pellegrinaggio fatto ai santuari del Tibet, il ritorno al monastero sulla montagna. Hanno parlato, evocato il passato, interrompendosi ogni tanto per intercalare dettagli precisi. Lo scopo del viaggio dei Mongoli era cercare un nuovo capo per il convento. Sono vent’anni che è morto quello antico e che invano aspettavano la sua reincarnazione. Oggi l’hanno trovato. All’alba la carovana ha intrapreso il suo lento viaggio di ritorno. Migyur torna ai deserti di sabbia, alle tende circolari e al monastero della sua precedente incarnazione”.

Articolo tratto dal numero di febbraio 2019 della Rivista Italiana di Teosofia.

(Nella foto: il dipinto, datato 1933, "Tibet. Himalayas" di Nicholas Roerich).