Aung San Suu Kyi ritira il Nobel per la Pace assegnatole nel 1991

Dopo 21 anni dall’assegnazione Aung San Suu Kyi, vera interprete e ambasciatrice dell’“anima birmana”, ha potuto ritirare ad Oslo il Premio Nobel per la Pace assegnatole nel 1991.
Lo ha fatto nel contesto di una cerimonia sobria, di alto contenuto simbolico ed emotivo.
Questa donna rappresenta, ben al di là degli aspetti politici, l'intimo sentire di un popolo che sa coniugare la profondità del pensiero buddhista hinayana con il rispetto per la natura e per le sue energie, il tutto illuminato dal concetto di “Anade”, dalla capacità cioè e dalla volontà di agire per il bene altrui, nel segno della misura e, in ultima analisi, dell’amore.
Chi scrive non può dimenticare ciò che i suoi occhi hanno visto nel 1990, con quel carro armato che sbarrava l’accesso alla strada della residenza di questa mite signora, che ha preferito l’arresto e la prigione piuttosto che cedere sulle questioni importanti e questo senza che mai una parola fosse di offesa a chi restringeva la sua libertà e quella del suo popolo.
Ad Oslo Aung San Suu Kyi ha ribadito di credere nella democrazia “perché istituzioni e pratiche democratiche sono necessarie per il rispetto dei diritti dell’uomo”, aggiungendo che “anche un solo proigioniero di coscienza è uno di troppo” e, in uno dei passaggi più belli del suo discorso, ha parlato della gentilezza, “la lezione più preziosa imparata nelle avversità”. Gentilezza verso gli altri, i rifugiati, gli esuli in ogni parte del mondo, con i quali “non possiamo permetterci stanchezza nella compassione”. “Stringiamo le mani –ha concluso fra gli applausi- per creare un mondo di pace dove ognuno possa dormire sicuro e risvegliarsi felice”.
Per meglio comprendere l’anima birmana utile è la lettura del volume “Birmania - Un Paese da amare”, scritto da un grande amico della Birmania, il teosofo prof. Bernardino del Boca, e presente nel catalogo di Edizioni Teosofiche Italianeall’indirizzo web www.eti-edizioni.it